Corriere della Sera - La Lettura
Il rinascimento pugliese
In Puglia la bellezza ha una curiosa natura corpuscolare: è come se gli atomi di una stessa materia luminosa si irradiassero dal porto Vecchio di Bari e riaffiorassero nel romanico della cattedrale di Trani o nel medievale Castel Del Monte, per poi sparire in mare e riemergere in forma di pesce — uno di quelli da mangiare sfilacciati, alla maniera giapponese. Forse anche a causa del grave incidente ferroviario avvenuto tra Andria e Corato il 12 luglio, l’Italia ha guardato con occhi nuovi questo lembo terracqueo, dotato di una natura panteistica incarnata di volta in volta nel cibo, nei castelli, nelle masserie e che il barese Ferdinando Pinto, uomo di teatro e organizzatore culturale, racchiude in una metafora: «Come piccoli geyser, i luoghi qui restituiscono lo stesso messaggio anche se geograficamente distanti».
Da dove viene questa sensazione di «bellezza diffusa», omogenea pur nella sua molteplicità di stili, storie, linguaggi? A dicembre, Pinto e i suoi collaboratori proveranno a raccontarlo in una «Expo della Bellezza», come definisce Il Settimo Senso, la settimana che dal 5 all’11 trasformerà il centro storico di Lecce in un palcoscenico multiforme, con percorsi di danza, musica, cinema, arte, politica. «Abbiamo scelto questo nome — spiega — perché certi posti, come la Puglia, bisogna sentirli attraverso una percezione non scontata: il settimo senso è quell’insieme di indole e memoria che spinge verso qualcosa». E il progetto, fortemente voluto dal Comune di Lecce, farà parlare i luoghi prima che gli ospiti (politologi, critici d’arte, scrittori...): «Il centro storico di Lecce — dice Pinto — è stato restaurato mediante una operazione profonda e intelligente. I palazzi storici, dal Vernazza al Carafa, le chiese e i musei saranno i veri protagonisti, raccontati, cantati, illuminati da performance digitali e reali». Sarà a dicembre, sì, ma qui al massimo si scende a 10 o 15 gradi.
Ma forse è proprio da questa destagionalizzazione dell’offerta culturale che si delinea l’identità della Puglia: le iniziative qui sono così tante che ci si può permette- re di spostarle in inverno. Anzi, uno degli obiettivi è di «catturare» una differente domanda turistica. E ci si concede anche di inventare progetti come «Puglia Sounds», un format che, dal 2010, ha costruito una rete musicale nel mondo, promuovendo centinaia di concerti. La Puglia in queste cose ci mette fantasia.
Come quando, negli anni Novanta, recuperò la pizzica, danza frenetica nata da un rituale arcaico. Certo, anche a Napoli i 99 Posse all’epoca riabilitavano la tradizione, ma la differenza è che la Puglia ne ha fatto un sistema: il festival «La Notte della Taranta», solo con il concertone di Melpignano, l’anno scorso ha richiamato 200 mila persone. L’arte, a volte, porta soldi. E anche critiche, come è ovvio: per esempio gli accordi sottoscritti dalla Regione con compagnie aeree low cost (per diversificare i flussi turistici) sono stati pesantemente attaccati.
Pinto parla di «massa critica nel promuovere la cultura» quando definisce il percorso che ha portato la regione del Sud a ricoprire uno dei primi posti nazionali per ricavi economici dalla cultura. Nel Rapporto 2016 sui consumi culturali redatto da Fondazione Symbola e Unioncamere, è quarta per crescita del numero degli occupati nell’industria creativa, registrando un +0,31%, dopo Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Emilia-Romagna (e prima della Lombardia). Ma è un percorso lento. Gianfranco Viesti, docente di Economia all’Università di Bari, parte «dagli anni Settanta: è stato allora che la regione ha preso ad affrancarsi dall’influenza di Napoli, creando uno dei poli economici e culturali alternativi del Mezzogiorno».
Poi, l’8 agosto 1991, accadde qualcosa: la nave albanese Vlora, con 20 mila migranti a bordo, raggiunse il porto di Bari. Uno sbarco in massa senza precedenti che ebbe un’influenza notevole sullo spirito pugliese, come ricorda Viesti: «La regione si scoprì un punto di riferimento internazionale: non più solo una porzione del Mezzogiorno d’Italia, ma un anello di collegamento con il mondo. Una vocazione, questa, che ha riacceso nei pugliesi la passione per la propria cultura. È stato da allora che abbiamo ricominciato a staccarci da un’idea sbagliata di modernizzazione, da quel cliché che vive di cemento e fredda funzionalità, per riscoprire trulli e masserie. È stato da allora, con un processo, ripeto, lentissimo, che abbiamo recuperato anche la tradizione gastronomica». A cascata, poi, sono arrivati il cinema (con la spinta della Apulia Film Commission, che appoggia film e serie ambientati sul posto, volano di marketing turistico), la letteratura e la musica. Che non indulgono sulla nostalgia ma hanno la freschezza di chi racconta il presente — sì, anche con le battute di Checco Zalone. Pinto, nel «Settimo Senso», punta su questo aspetto cronachistico: «Ci saranno i bambini, con ruoli di primo piano. E ospiti che parleranno della cultura politica, perché oggi ce n’è bisogno. E percorsi dedicati all’accoglienza dei migranti e alla solidarietà».
Ma come funziona la macchina amministrativa di una regione che (come altre, beninteso) si sforza di «mangiare con la cultura»? L’assessore allo Sviluppo economico e all’Industria turistica e culturale della Regione, Loredana Capone, parla di una strategia che esula dall’appartenenza politica, interamente declinata sul territorio: «Una concertazione con i sindaci, progetti che non si limitino al restauro ma che garantiscano la fruizione di un bene. E poi l’uso dei fondi europei: per esempio abbiamo varato un investimento di 226 milioni per gli interventi su beni culturali e promozione del patrimonio» nel Programma Operativo Regionale 2014-2020.
Non basta ottenere il sostegno, ci vuole anche un piano per mettere a frutto gli aiuti. E nell’aprile scorso l’ufficio studi della Cgia di Mestre sottolineava che in Puglia «della dotazione totale, l’incidenza percentuale della spesa certificata al 31 dicembre 2015 ha toccato quota 93». Tradotto: le spese sono state certificate fino alla quasi totalità, più del Veneto (a quota 92,9%). Da queste politiche di recupero e di valorizzazione sono arrivati, per esempio (oltre al Puglia Sounds di cui si parlava, evento finanziato attraverso i fondi dell’Unione Europea Fers - Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), la Digital Library, un progetto per raccogliere e conservare il patrimonio culturale collettivo della regione, il nuovo Marta - Museo Nazionale Archeologico di Taranto, il sistema museale di Vaste-Poggiardo e, appunto, il centro storico di Lecce, che ci riporta al «Settimo Senso». Silvio Suppa, politologo di Bari, commenta il Rinascimento pugliese: «La “bellezza diffusa” nasce anche dall’integrazione di ricerca e arte. Un esempio: a Grottaglie, famosa per le ceramiche, c’è anche uno dei più rilevanti centri produttivi di tecnologie per aerei». Un mondo da incontrare con il settimo senso, sperando che le stesse politiche di uso dei fondi si estendano alle infrastrutture, in modo da evitare tragedie come quella del «binario unico», avvenuta anche perché i ritardi accumulati hanno ostacolato il progetto di ammodernamento.
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