Corriere della Sera - La Lettura
L’idraulica di Eliasson & C. L’acqua diventa una statua
Tendenze Il danese Olafur Eliasson ha allestito a Versailles tre opere in cui il liquido più diffuso al mondo è protagonista in tre stati diversi, dal gassoso al solido. La fascinazione per l’idraulica contagia la fantasia degli artisti. Che alla Biennale
Liquida, naturalmente: una gigantesca fontana (40 metri o giù di lì) che sembra scaturire dal nulla nel mezzo del Grand Canal, proprio come (a quanto pare) l’aveva immaginata André Le Nôtre. Ma anche gassosa, sotto forma di una nebbiolina sottile che avvolge il Bosquet de l’Étoile. E, poi, solida grazie all’installazione che riempie con uno strato di sedimenti della Groenlandia (la terra dell’acqua ghiacciata, appunto) lo spazio circolare del Bosquet de la Colonnade, al centro del quale si alza la scultura di Plutone che rapisce Persefone, dea della fertilità. Le forme dell’acqua sembrano essere infinite e soprattutto inimmaginabili secondo Olafur Eliasson, l’artista danese a cui quest’anno è stata affidata l’estate della Reggia e dei Giardini di Versailles. Prima di lui c’erano stati Takashi Murakami, Joana Vasconcelos, Anish Kapoor. E, tanto per rimanere in ambito artistico-acquatico, qualcosa di molto simile va in scena fino ai primi di ottobre in un’altra reggia d’Eu- ropa, quella della Venaria, alle porte di Torino: dove, nella Corte d’onore, la Fontana del Cervo si anima dal martedì alla domenica con 100 getti d’acqua alti fino a 9 metri, seguendo di volta in volta il ritmo di musiche antiche o contemporanee.
Sculture d’acqua, dunque, per rinnovare e attualizzare una passione lontana che parte dall’antica Roma e che (ad esempio) già si celebra nella fontana delle 99 cannelle de L’Aquila (datata attorno al 1272 e disegnata, mascheroni compresi, da Tancredi da Pentima). O nei giardini di Villa Lante a Bagnaia (Viterbo), con i giochi d’acqua della Fontana del Quadrato, progettati e realizzati nel giro di un decennio (1571-1581) da Tommaso Ghinucci da Siena, architetto e ingegnere idraulico. O, ancora, nel Viale delle Cento Fontane disegnate nel XVI secolo da Pirro Ligorio nella Villa d’Este di Tivoli, alle porte di Roma.
Ma la passione idraulica non si ferma al passato. Nell’edizione 2015, la cinquantaseiesima, della Biennale di
Venezia il microscopico arcipelago di Tuvalu, due metri di altezza media sul mare, aveva presentato un’installazione di Vincent J. F. Huang dal titolo Crossing the Tide che costringeva il visitatore ad attraversare lo spazio camminando lungo ponti pedonali semisommersi dall’acqua, proprio come accade a Tuvalu: strutture realizzate con materiali resistenti ed elastici, gli stessi usati in laguna per costruire le passerelle sopraelevate da utilizzare durante l’acqua alta.
L’acqua non ha forma, tanto per evocare la prima storia gialla (1994) di Andrea Camilleri e del commissario Montalbano. E forse proprio per questo sembra continuare ad affascinare gli artisti. Eliasson, ad esempio, ha realizzato per il Giardino di Versailles tre opere sicuramente d’effetto ( Waterfall, la fontana; Fog assembly, la nuvola di nebbia; Glacial Rock Flour Garden, la versione solida). Ma, ricordiamo, aveva già installato cascate gigantesche nel 2008 a New York. Mentre il suo predecessore a Versailles, Anish Kapoor, sempre nella reggia aveva proposto l’installazione Descension (2014): una sorta di cratere con al suo interno «un movimento centrifugo di acque che lo riempiono, mettendo in crisi la nostra percezione della terra come superficie stabile e rassicurante». C’è così chi, come Jeppe Hein, ha inventato nel 2004 Appearing
Rooms: un labirinto di schizzi d’acqua alti quasi 3 metri che di fatto ridisegnano lo spazio (e che Hein ha portato in tutto il mondo, da Villa Manin di Codroipo al ponte di Brooklyn). C’è chi, come Oliver Voss, ha messo una sirena gigante nel bel mezzo del porto di Amburgo ( Mermaid, 2011). E poi c’è chi, come Gordon Halloran, ha iniziato a cimentarsi dal 2006 con le sculture di ghiaccio ( Ice Gates) passando nel 2011 alla realizzazione di Lotus in Mo
tion. The Watercolor Project, in pratica una messa in scena « water-specific » delle Ninfee di Monet.
L’estate (calda) potrebbe quasi far pensare che quelle sculture d’acqua fossero solo un espediente per chi volesse in realtà cercare più refrigerio che piacere estetico. L’«acqua d’artista» è però capace di ben altro. Basterebbe pensare agli Sleepers (1992) di Bill Viola: sette fusti di metallo con schermi televisivi immersi nell’acqua che trasmettono l’immagine di persone addormentate. E alle due variazioni in stile giapponese: Nelo Akamatsu con la sua pluripremiata installazione Chijikinkutsu (2015) ha giocato con il suono delle gocce (e con l’acqua contenuta in un’infinità di bicchieri) e Shinichi Maruyama con Ku
sho (2006) ha cercato di fermare l’attimo in cui acqua e inchiostro si uniscono. Non sulla carta ma a mezz’aria, per una performance di gocce nere.