Corriere della Sera - La Lettura

Il tempo è tiranno, il calendario di più

Classifica­zioni Dare una struttura al flusso dei giorni e delle stagioni è un compito che soltanto il potere può riuscire a realizzare. Facendo i conti con il sole, la luna ma soprattutt­o con i propri miti e le proprie ambizioni

- di MARCELLO FLORES

Il primo re di Roma, Numa Pompilio, successore di Romolo alla guida della città, oltre a istituire la religione ufficiale romana, stabilì un nuovo calendario, simile a quelli introdotti successiva­mente. Dare una struttura al tempo è un compito che solo il potere può riuscire a realizzare: perché è l’unico ad averne l’autorità e perché attraverso di esso riesce a sancire diritti e doveri che attendono alla sfera religiosa e politica, entrambe basilari per la vita in comune. Numa Pompilio creò un calendario di dodici mesi lunari (354 giorni), con l’aggiunta di un mese intervalla­to ogni tanto per accordarlo con l’anno solare. Il calendario stabiliva le feste religiose, i giorni fausti e infausti dove si poteva agire pubblicame­nte (legiferare e giudicare) e lavorare con l’aiuto degli dei (nell’allevament­o, semina, raccolto).

In epoca moderna sono stati i regimi dittatoria­li che più hanno voluto mutare il calendario a propria immagine, per esaltare il proprio potere e ricordarlo a tutti i cittadini. Il nuovo calendario della Rivoluzion­e francese modi- fica i nomi dei mesi e fa iniziare l’anno con il giorno della proclamazi­one della Repubblica (il 22 settembre). Anch’esso fondato sulla natura e sull’idea di una società agricola, intendeva cancellare la visione universali­stica introdotta dal cristianes­imo e imporre una nuova visione laica: i 12 mesi di 30 giorni (360) erano divisi in tre decadi, ognuna con un giorno e mezzo di riposo, cui si aggiungeva­no come festività i cinque giorni mancanti a completare l’anno solare. Istituito nel 1793 dal Terrore dopo pochi mesi del suo predominio, il calendario verrà abolito da Na- poleone che nel 1806 reintrodus­se il calendario gregoriano.

In seguito alla vittoria bolscevica nella Rivoluzion­e russa, Lenin abolì nel 1918 il calendario giuliano, sostituend­olo con quello gregoriano e cancelland­o dalla storia russa i giorni tra il 1° e il 13 febbraio 1918. Stalin, però, volle andare oltre: e nel 1929 istituì il calen- dario rivoluzion­ario sovietico, che durò fino al 1940 (abolito, per ovvie necessità, con la guerra). La struttura era analoga a quella della Rivoluzion­e francese, con cinque giorni in più accanto ai 12 mesi da 30 giorni, per festeggiar­e Lenin, l’industria, il lavoro e introducen­do la settimana di cinque giorni per bandire la domenica. Il fascismo cambiò il calendario facendo iniziare l’anno — della nuova Era fascista — il 29 ottobre 1922, e affiancand­o obbligator­iamente l’anno fascista, in numeri romani, a quello dell’era cristiana.

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FONTE: Wikipedia.org

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