Corriere della Sera - La Lettura
Il mondo è un archivio di memorie in cui puoi sentirti rosa o pernice
Il bulgaro Georgi Gospodinov lavora da poeta, con tempi da poeta: 8 anni per l’esordio, Romanzo naturale; 12 per il successivo Fisica della malinconia, uscito per Voland nel 2013. Un libro che, insieme alla trilogia Abbacinante del romeno Cartarescu, suggerisce che il romanzo abbia trovato un fronte d’avanguardia nei Balcani. Se aprire con due pagine di epigrafi, tra Eliot, Borges e Pessoa, può apparire presuntuoso, leggendo si comprende che è solo consapevolezza del fatto che il romanzo, oggi, è un prisma e un connettore, un dispositivo che viene a offrire letture della realtà sapendo di non essere monade né mero frutto individuale. La vicenda attacca del resto con un «io siamo» che è una dichiarazione d’intenti: la ricerca di una possibile verità passa dall’atomizzazione, dalla polifonia; anche la definizione di una coscienza è possibile solo tramite l’apertura alle coscienze altre. «Ricordo di esser nato come rovo di rosa canina, pernice, ginkgo biloba, nuvola di giugno (il ricordo è assai breve), fiore autunnale turchino di croco intorno a Halensee», scrive Gospodinov, e arriva a essere a un tempo se stesso, suo nonno e il lumacone che il nonno ingoia per combattere l’ulcera. Il dispositivo utilizzato per giustificare tutto ciò è un’affezione del protagonista, la «sindrome ossessiva empatico-somatica», ma l’autore vuole dirci che il mondo è un archivio infinito di percezioni, memorie e narrazioni: perciò Fisica della
malinconia, per quanto scelga il minotauro tra le figure chiave del suo teatro di ombre, più che a un labirinto assomiglia a un frattale o a un panorama a realtà aumentata, pieno di nodi in sovrimpressione pronti a srotolare una vertigine di mondi e storie potenziali.