Corriere della Sera - La Lettura
L’Europa seppia di Ugrešic
Un continente color seppia, come i vecchi dagherrotipi. Stinto, opaco, passato. Un museo di rovine, però, in cui trionfano disordine e degrado e non c’è più spazio per la bellezza. Una Europa che ha perso i colori e le speranze quella che emerge dalle istantanee di Dubravka Ugrešic ( Europa in seppia, traduzione di Olja Perišic Arsic e Silvia Minetti, Nottetempo, pp. 349, € 18.50), scrittrice croata che dopo il crollo della ex Jugoslavia vive fra Olanda e Usa ma non disdegna i ritorni nei luoghi d’origine e nei Paesi nati dallo sgretolamento dei blocchi sovietico e titino. Scatti inclementi e impietosi, realizzati fra il 2010 e il 2013, tenuti insieme dal filo di un’ironia disincantata, che lenisce solo in parte il peso di uno sguardo cupo, lasciando in bocca al lettore un perdurante retrogusto d’amaro. E non c’è solo la vecchia Europa — unico «megamercato» in cui «il denaro è misura di tutte le cose» e le colpe di quel che non va ricadono sempre sugli altri, gli «stranieri» — nel mirino di Ugrešic. Il suo obiettivo vira in seppia anche il variopinto mondo del web e dell’informazione pervasiva del terzo millennio, «più letale delle radiazioni» con il suo straripante flusso di cattive notizie che come tanti «angeli vuoti» messaggeri del nulla contribuiamo tutti a far girare. Mentre le teste coronate inglesi si accingono a lasciare la barca che affonda, a regnare è ormai «la nudità spirituale»: «Google è Dio e non c’è altro Dio al di fuori di lui. Perdonami, Signore, per aver dubitato anche un solo attimo. Sono la tua serva. Mi piego a tutto, fa’ solo che non ci sia mai un’interruzione di corrente».