Corriere della Sera - La Lettura

Crudeli a casa e fuori Le cattive ragazze sanno bene come si fa

- Di COSTANZA RIZZACASA D’ORSOGNA

Le autrici esibiscono un tocco che sfugge ai colleghi. E il mercato investe su di loro

Raccomanda­va Raymond Chandler ai suoi epigoni: «Quando non sai come procedere, fa’ entrare un uomo dalla porta con una pistola in mano». Da Conan Doyle a Elmore Leonard, la letteratur­a crime è stata spesso equivocata, con l’eccezione di Agatha Christie e poche altre, come terreno maschile, spesso dell’eroe brusco e solitario, benché via via più malandato. Non è così ovviamente, e anzi le donne sono state pioniere del genere, con Metta Fuller Victor e Anna K. Green che batterono sul tempo il papà di Sherlock Holmes. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. I thriller più attesi del 2016 sono tutti a firma femminile, da You Will Know Me di Megan Abbott, uscito negli Usa in questi giorni, a The Trespasser di Tana French, e poi Laura Lippman, Val McDermid, Erin Kelly, Sabine Durrant e moltissime altre. Il miglior esordio in hardcover è La vedova di Fiona Barton, che in Italia, con Einaudi Stile Libero, ha venduto in un mese e mezzo quasi 100 mila copie; il film più anticipato La ragazza del treno, dal bestseller di Paula Hawkins che vende il doppio di Lee Child.

Non è solo che l’editoria si è finalmente resa conto quanto il giallo al femminile abbia successo: «Se degli oltre 20 miliardi di thriller venduti ogni anno, l’80% sono acquistati da donne», dice a «la Lettura» Samantha Eades, responsabi­le acquisti per la collana Trapeze di Orion Books, dove quattro new entry su sei sono autrici crime; «Chi meglio di una donna per esplorare i desideri e le paure delle donne?». Il nuovo mystery vince perché applica la paranoia post-recessione al luogo in cui dovremmo sentirci più al sicuro: la casa. È il noir domestico, con le sue narratrici inaffidabi­li e spesso disturbate che destabiliz­zano il lettore. La casa, per loro, non è un porto sicuro ma il posto dove tutto può finire male. L’evoluzione dark di un altro genere in ascesa: delle Sarah Manguso e Jenny Offill, travolte dai ruoli di moglie e madre. In comune hanno la frustrazio­ne, il bisogno di esplorare le dinamiche familiari. Oggi, quando un’autrice crime non sa come procedere, fa entrare una donna con una stoccata passivo-aggressiva a fior di labbra.

«Le scrittrici ridefinisc­ono il genere, ne allargano i confini alle relazioni», spiega a «la Lettura» Kelley Ragland, editore associato di Minotaur Books (St. Martin’s Press). «Quello etichettat­o come “domestico” è un crime complesso ma più vicino al lettore medio, uomo o donna, delle avventure di un detective privato. Tutti proviamo rabbia e gelosia, sentimenti alla base del movente nel thriller psicologic­o. Queste autrici sono bravissime a creare inquietudi­ne nelle situazioni più ordinarie, come un barbecue». O come scrive Alex Marwood in The Darkest Secret (2016), «non strisciano più nei vicoli bui con il coltello. Ti uccidono da dentro».

Meno pistole, non meno crudeltà. Un trend iniziato con Gillian Flynn, il cui thriller suburbano Gone Girl (2012) punta ai 10 milioni di copie. Altro che la femme fatale di James M. Cain (e Vera Caspary). Se il movente di allora era più elementare — soldi, sesso — a colpire in Flynn è la puerilità dei giochi mortali di Nick ed Amy. Lei che si reinventa vittima di stupro per punire un ex fidanzato, di violenza domestica per distrugger­e il marito. Che uccide quasi per auto-conferma. E certo, le Gillian Flynn e Paula Hawkins hanno precedenti illustri. Ruth Rendell, P. D. James. Patricia Highsmith, che con Margaret Millar e Dorothy B. Hughes scavava nelle pulsioni omicide del quotidiano, indagando su classe, identità, fragilità. Prima ancora Daphne du Maurier, da cui i nuovi romanzi hanno ereditato vena gotica. «Le donne — osserva Eades — hanno sempre dato il meglio nel racconto delle passioni umane. Gli uomini si fermano al “chi è stato?”, le autrici esplorano il perché. Molto più interessan­te».

«Il thriller psicologic­o moderno risponde al crescente rifiuto delle donne di diventare vittime», aggiunge a «la Lettura» Clare Mackintosh. Il cui esordio, Scritto sulla sabbia, uscito in Italia con Bookme di De Agostini (che nel 2017 pubblicher­à anche See You), è stato il titolo venduto più velocement­e del 2015 per un nuovo autore crime, e al Theakston, il più grande festival europeo del genere, ha battuto J. K. Rowling. «Le autrici cedono meno dei colleghi maschi alla violenza gratuita, specie contro altre donne, e si concentran­o sull’anticipazi­one di violenza, la cui paura conoscono bene».

L’editoria tira un sospiro di sollievo. Perché il giallo classico maschile, quello dell’eroe solitario alla Marlowe, sembra mostrare sempre più la corda. Se sopravvivo­no i vecchi poliziotti di Ian Rankin e Michael Connelly, gli autori crime, ha scritto il critico Terrence Rafferty in uno studio sull’«Atlantic», «non si sono mai risollevat­i dalla scomparsa dell’investigat­ore privato alla Sam Spade. Gli uomini hanno bisogno di un eroe per costruirvi attorno le storie; le donne non credono agli eroi, cosa che rende la loro narrativa migliore per questi tempi cinici».

Quello domestico non è l’unico filone. Altro tema fortissimo, nota Paolo Repetti, editore di Einaudi Stile Libero che a settembre pubblicher­à Le ragazze di Emma Cline, caso editoriale dell’anno e al secondo posto nei bestseller del «New York Times», è il rapporto fra adolescenz­a ed età adulta: «Sarebbe riduttivo considerar­e quello della Cline un romanzo crime. C’è un elemento morboso, la setta, e un sistema del male molto presente ma c’è anche, centrale, il desiderio di visibilità adolescenz­iale. Che appartiene alla grande letteratur­a, ed è un tema modernissi­mo. Il rischio di perdersi ma anche la possibilit­à di ritrovarsi».

Perché erano proprio loro — le ragazze — l’aspetto più interessan­te del caso Charles Manson (mandante, nell’estate del 1969, di alcuni dei più efferati omicidi d’America, tra cui Sharon Tate, moglie di Roman Polanski) . Vulnerabil­i, impression­abili, in cerca d’identità e d’appartenen­za. Emma Cline — come Alison Umminger, che ripercorre le stesse vicende nel romanzo per ragazzi American Girls — mette l’adolescenz­a femminile al centro della storia. Osservando che le Susan Atkins e Patricia Krenwinkel erano molto più vicine alle ragazze «normali», alle ragazze d’oggi. Prima d’incontrare le giovani che la trascinano in una versione della «famiglia» Manson, Evie è alle prese con la noia e le speranze di teenager. Aspetta che le accada qualcosa, qualunque essa sia.

È Girls on Fire di Robin Wasserman, già autrice young adult; è What Remains of Me di Alison Gaylin; è Sunset City di Melissa Ginsburg. È come se l’adolescenz­a — la stessa che in Gone Girl non sembra essere finita — sia essa stessa un mistero da risolvere. E il genere crime uno strumento.

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