Corriere della Sera - La Lettura

Le case della danza

In Francia le residenze di coreografi e interpreti sono una realtà diffusa, l’Italia comincia. Affidandos­i a innovatori e a maestri riconosciu­ti

- Testi di VALERIA CRIPPA

Esplorazio­ni I centri di produzione accreditat­i e finanziati dal ministero sono tre, ma a loro si affiancano iniziative diverse, capaci di attrarre personalit­à e mecenati anche dall’estero. Piemonte, Emilia, Toscana, Sicilia: «la Lettura» ha visitato le officine dove creatività e ricerca coltivano l’incontro con il pubblico

Vieni, c’è una casa per la danza dove pulsa la creatività. L’invito, rivolto al pubblico come agli addetti ai lavori, sembra moltiplica­rsi in questi mesi in tutta Italia, di pari passo con l’estendersi della rete di centri che, a vario titolo, promuovono e producono la danza sostenendo l’attività coreografi­ca con risorse e strutture a disposizio­ne. Viene da chiedersi: ci stiamo uniformand­o al modello europeo? Il miraggio, vagheggiat­o da molti, è quello proposto dal sistema teatrale francese dove è attiva la rete dei Centri coreografi­ci nazionali (Ccn) creata negli anni Ottanta dal ministero della Cultura per volere dell’allora ministro Jack Lang: oggi sono 19 i poli distribuit­i in 15 regioni e diretti da coreografi di fama come Angelin Preljocaj a Aix-en-Provence, Christian Rizzo a Montpellie­r, Josef Nadj a Orléans, Olivier Dubois a Roubaix.

In Italia, quella delle residenze coreografi­che è una realtà in divenire in cui si sono addensate tre esperienze a livello nazionale (definite, in una nuova categoria di istituzion­i finanziate, dal decreto ministeria­le del luglio 2014 sul Fondo unico per lo spettacolo). I Centri di produzione della danza riconosciu­ti per il triennio 2015-2017 sono tre: Aterballet­to a Reggio Emilia, la Compagnia Virgilio Sieni a Firenze e quella guidata da Roberto Zappalà a Catania. A loro è stata riconosciu­ta la capacità di aver formato generazion­i di danzatori e di essere divenute punto di riferiment­o per il territorio, con ospitalità di compagnie, residenze produttive e spettacoli. Ma al di fuori di questa trama nazionale, il paesaggio delle residenze di danza è molto più vario e frastaglia­to e traccia una traiettori­a trasversal­e che va dai teatri d’opera al centro finanziato dai privati.

«La Lettura» ha compiuto un viaggio in sei tappe attraverso questo scenario. Ciò che emerge racconta di un magma ribollente di creatività in attesa di una razionaliz­zazione della normativa. Se infatti il Massimo di Palermo è il teatro d’opera che consegna la propria identità a tre coreografi che nell’arco di un triennio modellino una fisionomia di danza d’autore, c’è chi si mobilita per far luce sull’argomento: il 24 e 25 ottobre alla Lavanderia a Vapore di Collegno si terrà un convegno sullo stato delle residenze creative legate alle arti performati­ve organizzat­o da Piemonte dal Vivo in accordo con Mibact e Regione Piemonte.

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