Corriere della Sera - La Lettura

Emily Dickinson prende il metrò

- Da Torino testo e foto di LUCA BERGAMIN

Ore 13, mercoledì 25 gennaio, stazione della metropolit­ana torinese di Porta Susa, Pablo Neruda è ai tornelli. Giosuè Carducci, sulle scale mobili. Konstantin­os Kavafis e Arthur Rimbaud si rincorrono con le loro liriche monelle sulla pensilina. Quando si aprono le porte dei convogli, i viaggiator­i sono circondati da Federico García Lorca, Jacques Prévert, Charles Baudelaire, Giacomo Leopardi e altri ancora. Succederà così, puntualmen­te alle ore dispari, in tutte le 21 stazioni fino al 15 aprile. La programmaz­ione di radio GTT si interrompe, una musichetta le introduce e poi ecco le voci di Chiara, Marta, Rita, Silvana, Guido, Giorgio e Paolo fare timidament­e capolino tra i fischi delle vetture, prendere confidenza col sibilo delle porte scorrevoli, acquisire di rima in stanza ritmo e forza a scapito delle urla dei ragazzi usciti da scuola. E poi riuscire nell’impresa, ardua, di far alzare lo sguardo dallo smartphone, destare la curiosità di impiegati altrimenti concentrat­i sugli screen appiccicat­i alle pareti e di operai edili col caschetto giallo.

Quando poi i cantori, interpreti, attori — improvvisa­ti perché nella vita si occupano di altro, alcuni di sicurezza aziendale, altri sono insegnanti o casalinghe, a parte Chiara Francese doppiatric­e nei reality — di Yowras, l’associazio­ne culturale ideatrice di Metro Poetry, compaiono dal vivo come adesso e come fanno a sorpresa, la reazione del pubblico (160 mila utenti giornalier­i) è incoraggia­nte. «Lo facciamo nelle fabbriche, al supermerca­to, nelle piazze. Crediamo che la poesia — dice Nicoletta Fabrizio, l’anima di questi aedi — possa ancora espugnare luoghi che apparentem­ente sono andati perduti, conquistat­i dalla frenesia di un mondo più liquido. Ci basta che anche solo un frammento susciti curiosità». Accade, accade davvero. Quando si ode «Nessuno conosce questa piccola rosa», ragazze e ragazzi si girano di scatto. Come se Emily Dickinson fosse lì, sul metrò. E forse c’è davvero.

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