Corriere della Sera - La Lettura

Il viaggio di Degas è (in)finito

Comprato da collezioni­sti, sparito nelle razzie naziste, ricomprato da industrial­i Il «Paesaggio con ciminiere» attraversa il Novecento. Finché un giorno...

- di ROBERTA SCORRANESE

Il 27 settembre 1917 moriva il pittore francese. Una serie di mostre in tutto il mondo ha già cominciato a celebrarlo. «La Lettura» ha ricostruit­o la storia di una sua opera molto particolar­e. Grazie all’Art-Law Centre di Ginevra, specializz­ato in controvers­ie legali, che ha appena compiuto 25 anni

Parigi, 1917. Edgar Degas muore nel suo studio, circondato da piccole ballerine flessuose di cera e da una tristezza che non lo ha più abbandonat­o sin da quando, cinque anni prima, è stato costretto a traslocare dal suo storico atelier di rue Victor Massé. Ma la Grande Guerra ha diluito quella speciale luce parigina che qualche mese prima aveva accolto in città Pablo Picasso, illuminand­olo nel preciso istante in cui Jean Cocteau si era innamorato di lui.

In quelle stesse ore, centinaia di chilometri a Nord, il trentunenn­e banchiere tedesco Friedrich Gutmann, pur residente nel Surrey, era stato internato sull’isola di Man dopo la rigida applicazio­ne delle leggi contro gli stranieri (soprattutt­o i tedeschi) sul territorio britannico. Fritz, come lo chiamano in famiglia, è vicedirett­ore della filiale londinese della potente Dresdner Bank, l’istituto di Dresda guidato dal padre Eugen. I Gutmann, di origini ebraiche ma convertiti­si al cristianes­imo, possiedono anche una ricca collezione d’arte con dipinti del Rinascimen­to, Primitivi italiani e ori di pregio.

Però Friedrich è un uomo moderno, segue l’evoluzione degli impression­isti, specie quel burbero di Degas, già rivale di Manet e ora agonizzant­e nel suo atelier parigino. E così, quando l’anno dopo rie- sce a emigrare in Olanda, insieme alla moglie Louise von Landau (anche lei battezzata) Fritz trasforma la sua tenuta di Bosbeek, vicino all’Aia, in un santuario dei cosiddetti Old Masters, pittori della caratura di Botticelli.

Con alcune eccezioni «moderne». C’è un Renoir, per esempio. E poi un paesaggio fatto di colline verdi sotto cieli incerti e punteggiat­i da cupolette di fumo, che nel 1932 entra nella raccolta, accanto agli antichi. È Paesaggio con ciminiere di Degas, una delle vedute del pittore famoso per le ballerine e per le femmes au bain. Certo non è il pezzo più pregiato in quel museo privato, però quest’opera, realizzata «a pastello» (pigmenti tenuti insieme da un collante), tecnica in cui Degas è stato un maestro, custodisce in sé qualcosa. Come se avesse assorbito gli umori del suo autore. Come se, in quei mesi tristi del 1917, tra l’artista di origini italiane e Friedrich si fosse creato un legame speciale (peraltro anche Degas era figlio di un banchiere), nonostante le frequenti esternazio­ni antisemite del pittore.

Forse, più sempliceme­nte, quella luce minacciata dal nero delle ciminiere ricorda a Fritz il suo precario presente: siamo ora alla fine degli anni Trenta, il governo tedesco ha da tempo messo al bando le aziende degli ebrei e li ha emarginati dalle profession­i. Friedrich e Louise non sono più al sicuro e non lo è nemmeno la collezione: così ne spediscono una parte in Francia («Affinché fosse custodita con cura», ha sempre ripetuto la famiglia) e tengono il resto a casa. Tra le opere che, nel 1939, viaggiano verso Parigi, destinate al mercante Paul Graupe al numero 16 di Place Vendôme, c’è anche il Paesaggio di Degas. L’anno dopo Hitler invade i Paesi Bassi. La coppia fugge. «Siamo battezzati, non ci arresteran­no», tranquilli­zzano così la figlia Lili, che si trova a Firenze (dove ha sposato Franco Bosi, discendent­e di un’antica famiglia italiana, e dove la signora vive tuttora, a 97 anni) e che li aspetta alla stazione di Santa Maria Novella. No. Verranno prelevati da casa con l’inganno e con la promessa che, dopo un breve passaggio a Berlino, avrebbero potuto proseguire verso Sud, come ricorda il nipote della coppia, Simon, nel libro L’orologio di Orfeo (Electa). Ma nel maggio del 1943, durante il viaggio, poco a est di Dresda, Friedrich e Louise vengono arrestati. Un anno dopo moriranno in due campi di concentram­ento differenti: lui a Theresiens­tadt, lei ad Auschwitz.

«Nel caos che accompagnò la fine della Seconda guerra mondiale si sono perse le tracce di innumerevo­li opere d’arte, in Europa, tra quelle sequestrat­e dai nazisti e quelle finite nelle mani di mercanti», dice Marc-André Renold, docente di Diritto dell’arte all’Università di Ginevra. In Svizzera Renold guida l’Art-Law Centre, un gruppo di ricerca specializz­ato nelle controvers­ie internazio­nali sul possesso di beni culturali che ha appena compiuto 25 anni. Il professore ha seguito da vicino le vicende della collezione Gutmann e oggi, dice, «quello che riguarda il Paesaggio di Degas è uno dei casi che cito più spesso».

Già, il dipinto. Che fine ha fatto? Lo ritroviamo a Parigi, alla fine della guerra. A due passi dal Louvre c’è la Galleria Nazionale del Jeu de Paume, dove i nazisti avevano raccolto le opere d’arte sequestrat­e agli ebrei che avrebbero dovuto confluire nel Führermuse­um, il famoso museo che Hitler progettava di fondare a Linz e, per fortuna, mai realizzato. Secondo Howard J. Trienens, avvocato e (come vedremo) parte importante di questa vicenda, «è in questo caos che il Paesaggio si è smarrito, finendo nelle mani di Hans Wendland». Ma chi è questo segaligno mercante tedesco, il cui nome ricorre spesso negli archivi dei documenti sull’arte sparita? Secondo storici come Hector Felicia-

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy