Corriere della Sera - La Lettura
Lo scienziato ebreo che organizzò corsi clandestini
Guido Castelnuovo, matematico, fu il primo senatore a vita della Repubblica
Nell’ottobre del 1912 si tiene a Genova il III Congresso Nazionale di Mathesis, società fondata nel 1895 per valorizzare le scienze nella scuola. Nella relazione introduttiva Guido Castelnuovo, che sarà molti anni dopo il primo senatore a vita della Repubblica, pronuncia parole controcorrente: «L’insegnamento astratto della matematica porta a diffidare dell’approssimazione, che è realtà, per adorare l’idolo della perfezione, che è illusoria. Occorre accostare a ogni passo la teoria all’esperienza, la scienza alle applicazioni. Si eviterà così di perdere quel senso del reale che è tanto necessario nella vita e nella scienza».
Dieci anni più tardi, con la riforma Gentile, viene ridotto il numero di ore dedicato all’insegnamento della matematica a favore delle discipline letterarie e filosofiche. Poco o nulla può fa- re Castelnuovo. Quando però, nel 1938, le leggi razziali escludono gli ebrei dalla scuola pubblica, si adopera per consentire ai ragazzi di proseguire gli studi. Nel 1941 apprende che l’Institut Technique Supérieur di Friburgo accetta iscrizioni al primo anno, anche senza obbligo di frequenza, e dopo una fitta corrispondenza con l’ateneo svizzero Castelnuovo crea a Roma, sotto il nome discreto di «Corsi integrativi di cultura matematica», una sorta di succursale di quel Politecnico, con corsi identici a quelli tenuti in Italia per il primo biennio di Ingegneria e di Matematica. Per due anni, l’università clandestina di Castelnuovo funziona a pieno ritmo, con gli esami sostenuti dagli studenti convalidati dal Politecnico di Friburgo. L’occupazione tedesca del settembre 1943 costringe alla chiusura, ma alla liberazione di Roma i corsi tenuti fino ad allora in clandestinità vengono legalizzati, e nell’autunno del 1944 Castelnuovo presenta i propri allievi al corpo accademico dell’Istituto che, un anno dopo la morte, porterà il suo nome.
Castelnuovo nasce nel 1865 a Venezia (il padre Enrico è un apprezzato autore di romanzi e novelle), dove frequenta il liceo Foscarini. Qui ha come professore di matematica Aureliano Faifofer, noto per le sue straordinarie capacità didattiche e autore di celebri manuali, tradotti anche all’estero. Castelnuovo rivede gli esercizi di uno di essi, e Faifofer, regalandogliene una copia, gliela dedica scrivendo: «Al più bravo dei miei mille scolari».
Si laurea a Padova nel 1886 con Giuseppe Veronese, ed è alle ricerche di geometria degli spazi multidimensionali del grande matematico di Chioggia che sono ispirati i suoi primi lavori. Vince una delle poche borse di per-
fezionamento disponibili in Italia — molto meno numerose, oggi come allora, rispetto a quelle all’estero — e parte per Roma. Nell’autunno del 1887, grazie a Corrado Segre, ottiene un posto di assistente all’Università di Torino: tra i due si avvia un’importante collaborazione scientifica su tematiche legate alla geometria delle curve algebriche. Nel corso di quotidiane conversazioni sotto i portici di via Po, Segre gli suggerisce letture, lo stimola a nuove ricerche, ne rilegge i lavori e lo mette in contatto con altri matematici.
Nell’autunno del 1891 Castelnuovo vince la cattedra di Geometria analitica e proiettiva all’Università di Roma. Qui rimarrà fino alla pensione, nel 1935, quando la Scuola di Matematica passa dalla sede storica, presso la chiesa di San Pietro in Vincoli (dove era stata fondata nel 1873), alla nuova città universitaria. Non è un caso se in piedi davanti alla classe, con la lunga barba e le mani tranquille, al suo allievo Oscar Zariski Castelnuovo ricorderà l’austero Mosè di Michelangelo — con «un dolce sorriso», tuttavia, «che improvvisamente trasformava il suo volto».
Il trasferimento a Roma coincide con l’avvio delle ricerche nell’ambito della teoria delle superfici algebriche, tema che appassiona anche un altro giovane matematico, Federigo Enriques, di cui nel 1896 Castelnuovo sposerà la sorella Elbina. Insieme, nel corso di «interminabili passeggiate per le vie di Roma» (come lui stesso rammenterà molto tempo dopo), pongono le basi della teoria dei sistemi lineari di curve di una superficie algebrica, secondo l’indirizzo italiano.
Con la scomparsa, a distanza di pochi anni, di Eugenio Beltrami e di Luigi Cremona, prende corpo l’idea di co- stituire a Roma una grande scuola di matematica: al posto di Beltrami verrà chiamato da Pisa Vito Volterra, e con gli anni a lui e a Castelnuovo si affiancheranno Enriques, Giuseppe Lauricella, Orso Mario Corbino, Tullio LeviCivita, Francesco Severi e Giuseppe Bagnera. La matematica italiana — e più tardi la fisica — si guadagna in quegli anni un posto di primo piano nel panorama internazionale.
Nel 1905 la classificazione di tali superfici è sostanzialmente compiuta e Castelnuovo volge altrove i propri interessi, forse convinto che nuovi approcci — da quello più decisamente algebrico del francese Émile Picard, a quello topologico inaugurato da Henri Poincaré e sviluppato da Solomon Lefschetz — stessero facendosi strada. Dedica molte energie anche alla formazione degli insegnanti e all’aggiornamento dei percorsi di studio al- l’Università di Roma: l’obiettivo, come ha scritto Pietro Nastasi, è quello «di completare il progetto risorgimentale di rendere la capitale il centro della vita scientifica nazionale».
Con le leggi razziali del 1938 Castelnuovo decade dall’Accademia dei Lincei, dove era stato ammesso fin dal 1901, e avvia un periodo di forte impegno civile. Durante i mesi dell’occupazione nazifascista di Roma vive sotto falso nome. Dopo la Liberazione, è nominato commissario straordinario del Cnr e membro della Commissione per la ricostituzione dell’Accademia dei Lincei secondo le regole precedenti il 1935 (data della fascistizzazione degli Istituti di Cultura). Nel 1946 è eletto presidente dell’Accademia, e nel 1949 Luigi Einaudi lo nomina senatore a vita: conserverà anche la prima carica fino alla morte, nel 1952.