Corriere della Sera - La Lettura
C’è troppo sale in questi quadri
L’Olanda esibisce le tavole imbandite dell’aristocrazia e della borghesia fiamminghe del secolo d’oro (e non solo). Ne abbiamo parlato con Andrea Ghiselli, esperto di alimenti e nutrizione
Cosa è meglio per visitare Slow Food: Stillevens uit de Gouden Eeuw al Mauritshuis de L’Aia, il museo che può contare in collezione la Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer e la Lezione di anatomia di Rembrandt (per non parlare dei vari Bruegel, Hals, Holbein il giovane, Rubens)? Un buon dizionario olandese-italiano, il catalogo della mostra che le Scuderie del Quirinale avevano dedicato nel 2013 proprio al Secolo d’oro della pittura fiamminga o Il cardellino, bestseller firmato nel 2013 da Donna Tartt (in Italia era uscito da Rizzoli) che vede al centro della vicenda un altro dei tesori del Mauritshuis, Het puttertje ovvero Il cardellino (1654) di Carel Fabritius? Niente di tutto questo, forse: perché i curatori dell’esposizione si propongono di raccontare, e celebrare, essenzialmente il cibo o meglio la natura morta alimentare. E i suoi maestri: Osias Beert, Floris van Schooten, Nicolaes Gillis, Pieter Claesz, Willem Heda, Clara Peeters. A lei si deve, tra l’altro, l’occasione della mostra: l’acquisizione da parte del museo della sua Natura morta con formaggi, mandorle e pretzel datata 1615.
Pane, burro, ostriche, mandorle, noci, salumi e (tanti, tantissimi) formaggi di ogni gene- re riempiono le tavole riccamente imbandite (porcellane dipinte, bicchieri dall’aspetto imponente, brocche dorate, tovaglie ricamate) che, secondo questi quadri (per la massima parte di «piccole dimensioni», max una quarantina di centimetri) accompagnavano regolarmente i pasti dell’aristocrazia. E della più abbiente borghesia, una borghesia in massima parte mercantile e commerciale, che sembrava così voler comunicare in primo luogo il proprio benessere economico.
Ma secondo Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca del Crea alimenti e nutrizione di Roma (il principale ente italiano dedicato all’agroalimentare), raccontano anche dell’altro. Al pari della Natura morta con formaggio di Pablo Picasso del 1944, degli still-life con cibo di Bernardo Strozzi, di Francesco Bassano e di Vincenzo Campi e dell’installazione realizzata dall’artista italiana Norma Jeane ( Potlatch 6.1 / The Happy Surrender, 2001-2004) addirittura con il latte della madre. «Prima di tutto — dice Ghiselli — uno standard alimentare fin troppo ricco di proteine animali, formaggi, salumi e sale, quel sale utilizzato all’epoca per conservare formaggi e salumi, dove anche il vino sembra essere fin troppo presente». Per Ghiselli è «un modo di mangiare antico, sim- bolo di un’epoca in cui non c’erano frigoriferi e surgelatori». Nessuno dei pittori (e soprattutto nessuno dei loro mecenati) sembrava preoccuparsi, ad esempio, del colesterolo («Ma non è il fattore più pericoloso in quelle nature morte, perché noi ne assumiamo solo una piccola parte con il cibo e il resto lo produciamo da soli, con il nostro organismo»).
Nella sequenza di opere (una trentina in tutto quelle scelte dal curatore Quentin Buvelot) il desiderio di esibizione di ricchezza è certo essenziale, anche perché quei dipinti avrebbero fatto da cornice ai pranzi di rappresentanza degli stessi committenti. «Se noi dovessimo immaginare oggi una serie di nuove nature morte che raccontassero il gusto alimentare contemporaneo — dice Ghiselli —, non metteremmo salumi e formaggi, ormai diventati alimenti “di piacere” e non più “di sopravvivenza”; avremmo invece dipinto frutta, verdura e magari legumi, che invece nel Seicento fiammingo sono del tutto assenti». Non a caso, nel photo-contest legato alla mostra in cui i visitatori sono invitati a fotografare le loro tavole preferite, si ritrovano in primo piano limoni, mele, pomodori rossi e tante foglie verdi. I formaggi e i salumi? Sullo sfondo.