Corriere della Sera - La Lettura

La television­e delle Rane

Teatro Torna a Siracusa dal 29 giugno il capolavoro del commediogr­afo che irrideva i mostri sacri della tragedia e sferzava la polis. Protagonis­ti i comici di «Striscia la notizia»: «Celebriamo l’autoironia di una civiltà» L’antica Atene è un cabaret: Fic

- di MAURIZIO PORRO

Nell’anno in cui il teatro greco di Siracusa celebra i 2.750 anni della fondazione col ciclo di rappresent­azioni classiche prese d’assalto l’ultima stagione da 119 mila spettatori (37.500 gli studenti), su quei gradoni di pietra rovente che hanno sentito infiniti lai, tradimenti, cori, pianti, sacrifici, omicidi, guerre, minacce, entrano quest’anno a passi felpati due attori popolari come i palermitan­i Ficarra e Picone, fino al 28 maggio al comando di Striscia la notizia. Un mese di prove e poi saranno dal 29 giugno Dioniso, Dio del teatro, e il servo Xantia nelle Rane di Aristofane, il Neil Simon degli ateniesi pronti a ridersi addosso, testo in cartellone dal 405 a.C. oggi più attuale di ieri e meno di domani.

La «prima» fu l’anno seguente alla morte di Euripide, inviso ad Aristofane per lo spleen sofistico e lo scetticism­o religioso: infatti alla fine egli riporterà sulla terra Eschilo per redimere gli ateniesi corrotti. «Sognavamo da tanto quel teatro a Siracusa, ci siamo rincorsi nel tempo, era nell’aria, ma ci voleva una spinta altrui e finalmente la tempesta perfetta è arrivata: il direttore Roberto Andò ci ha chiamati e noi non vediamo l’ora» dicono a «la Lettura» i due comici, reduci dal film italiano di più alto incasso della stagione, L’ora legale. «Le divisioni di genere non mi sono mai andate giù, basta ripensare ai due volti di Sordi o di Gassman — taglia corto Salvatore Ficarra — e poi staremo agli ordini di un regista che già ci piace molto, Giorgio Barberio Corsetti, deb a Siracusa. Sappiamo che ci saranno i soliti che grideranno al sacrilegio ma finora l’annuncio è andato bene».

Non è certo la prima volta: Rascel e Walter Chiari hanno finito la carriera insieme in quel Finale di partita di Beckett, più pessimista di Garinei e Giovannini, senza dire di Godot che l’hanno aspettato tutti, da Gaber ai Maggio ai co- mici dell’avanspetta­colo. «La cosa meraviglio­sa — aggiunge Valentino Picone — è che rileggendo Aristofane l’abbiamo proprio riscoperto come un re della commedia, uno che aveva il pubblico dalla sua parte e lo teneva agganciato anche con trovate scurrili, di pancia, ammiccando, divertendo e citando pezzi dei tragici allora notissimi». Come citare strofe delle canzoni di Sanremo? «Più o meno. Del resto Aristofane avrebbe fatto benissimo sia il cinema sia la television­e in diretta ma allora il teatro comprendev­a tutto ciò e lui non aveva alcun pregiudizi­o verso l’arte della commedia, sia volgare sia raffinata».

Trattasi di un viaggio nel regno dei Morti, ognuno ha la sua Commedia più o meno divina: non ci sono Dante e Virgilio, non c’è Orfeo che cerca Euridice, ma ci sono un Dioniso fanfarone e pressato da continui bisogni corporali e il suo servo Xantia, furbo, devoto e bifronte, re di tutti i servi del teatro, arlecchini e leporelli. I due vanno a cercare nell’Ade i grandi tragici al seguito di Plutone; c’è Caronte che fa attraversa­re il fiume infernale con un coretto quasi disneyano e gracchiant­e di rane, quelle che siedono, come si dice, sul titolo. Il tutto accompa-

«L’autore aveva il pubblico dalla sua parte e lo teneva agganciato pure con trovate scurrili e citando brani dei drammi allora notissimi» Regista è Giorgio Barberio Corsetti, in scena un accompagna­mento musicale che mescola classica, contempora­nea, jazz e rock

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