Corriere della Sera - La Lettura
De André, principe libero
Dori Ghezzi, compagna nella vita di Fabrizio, racconta il film che Luca Facchini sta girando sul cantautore, interpretato da Luca Marinelli. «Ho dovuto capire che in due ore e mezza non si può mettere tutto: abbiamo rinunciato alla sua infanzia, e anche a
Rivivere i momenti più importanti della propria vita. Questo è capitato a Dori Ghezzi assistendo alle riprese del film in due puntate su Fabrizio De André, regia di Luca Facchini, attori protagonisti Luca Marinelli e Valentina Bellè, produzione Bibi film di Angelo Barbagallo e Rai Fiction. «È stata sul set, ha fatto anche le notti» dice di lei chi ha lavorato alla produzione di Principe libero (data d’uscita ancora da definire). Ora è curiosa di vedere come sarà il risultato finale.
Da chi nasce l’idea del film?
«Da Luca Facchini, il regista, che aveva girato un documentario su Fernanda Pivano, dove mi ha riportato a cantare. Non lo facevo da tanti anni, dieci, undici. Dalla morte di Fabrizio non cantavo più». Cosa ha cantato?
« Il suonatore Jones, canzone di Fabrizio tratta da Spoon River tradotto dalla Pivano». E poi?
«Facchini ha chiamato Francesca Serafini e Giordano Meacci, gli sceneggiatori, senza sapere che avevano co-
nosciuto Fabrizio personalmente». Ovvero?
«Francesca e Giordano, all’epoca universitari, allievi del professor Luca Serianni, nel 1993 scrivono un saggio dove analizzavano i testi delle canzoni di Fabrizio. Fabrizio lo legge e chiede di incontrarli. Loro avevano vent’anni ed erano spaventatissimi». E?
«Fabrizio li mette a loro agio, gli dice che il saggio ha dato anche a lui chiavi di lettura nuove. Alla fine dell’incontro scrive su un pacchetto di sigarette il suo numero di telefono e le parole “a buio”». A buio?
«“Che non mi dovete chiamare di giorno”, spiega ai ragazzi. Si svegliava sempre tardi, lui». Dopo?
«Francesca e Giordano chiedono una postfazione. Tempo dopo Fabrizio detta al telefono lo scritto a Francesca». Cos’era?
«Dopo venticinque anni, Giordano e Francesca mi recapitano la postfazione che in realtà era una lettera d’amore a distanza, di cui io non sapevo neanche l’esi-