Corriere della Sera - La Lettura

«Portate a Casa Manzoni le reliquie della peste»

- Di E. PACCAGNINI e G. SANTUCCI

L’appello Ci sono due oggetti che a Milano custodisco­no il messaggio di «Storia della colonna infame»: la lapide che celebra l’esecuzione degli untori Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza, accusati di aver propagato la peste nel 1630, e la «Madonna dei tencitt», un ex voto affrescato che si sta deterioran­do su un muro della città. Angelo Stella, presidente del Centro nazionale studi manzoniani, chiede di ricollocar­li nella casa-museo dello scrittore: «È il loro posto, qui sarebbero al centro della memoria»

«Qui dentro mancano due cose…», dice il professor Angelo Stella, e su quest’ affermazio­ne il suo parlare s’ interrompe, trattenuto in un sorriso affabile, da gentiluomo che tiene in sospeso l’interlocut­ore prima di svelare il suo pensiero.

Chi l’ha ascoltato fino a quel momento alza allora lo sguardo sulla stanza spoglia, un tempo riservata alla servitù «nobile» o agli ospiti, e poi spazia col pensiero negli altri ambienti del palazzetto, la camera da letto ancora austera, la splendida biblioteca, i dipinti con le vedute ottocentes­che. E alla fine resta lì a chiedersi che cosa mai possa mancare qui, in Casa Manzoni, palazzo al civico 1 di via Morone a Milano, acquistato dallo scrittore nel 1813 e sua dimora fino alla morte, tempio da poco restaurato della cultura italiana a mezza strada tra Palazzo Marino e le vetrine di via Monte Napoleone.

Sembra non esserci risposta al piccolo mistero suggerito dal sorriso del professor Stella, presidente del consiglio direttivo del Centro nazionale studi manzoniani. «E invece no — riprende lui — qui mancano due oggetti che incarnano nella maniera più potente e profonda l’eredità manzonia- na. Sono entrambi a Milano». Simboli di memoria dispersa.

Il primo è la lapide della «colonna infame», iscrizione nel marmo ordinata dai giudici dopo che vennero giustiziat­i gli «untori» Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza, nell’anno della peste 1630. Non esiste probabilme­nte nella cultura europea un altro capolavoro della letteratur­a, come la Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni, collegato a un reperto storico ancora intatto e che tanto intensamen­te lo rappresent­a.

Oggi quella lapide si trova in un cortile del Castello Sforzesco. Al riparo e ben conservata, questo è fuor di dubbio. «Ma qui sarebbe il centro — argomenta il professor Stella, che riferisce l’orientamen­to dell’intero consiglio che presiede — di una rilettura dello scrittore e della storia di Milano in senso non accademico. Cambierebb­e il volto di Casa Manzoni: perché questo è il luogo dove va letta. Qui sarebbe come la Pietà Rondanini». Per dirla in altri termini: «Se non esistesse Casa Manzoni, allora d’accordo, la lapide potrebbe essere conservata altrove. Ma non è “orfana”, ha un suo luogo naturale di dimora, e dunque qui andrebbe spostata, dove potrebbe assolvere davvero la sua semplice e inestima-

bile missione attuale. Far capire Manzoni». E la peste, il male, il terrore, la tortura, l’ingiustizi­a che sono raccontati nella Storia.

Uscendo dal cortile del Castello, bisogna a questo punto camminare una ventina di minuti, ripassare da Casa Manzoni e spingersi oltre nel cuore di Milano, fino ad arrivare in via Laghetto: qui, facendo attenzione, si scopre il secondo oggetto «disperso», un affresco conosciuto come Madon

na dei tencitt, i carbonai, ex voto degli anni della peste, che ora — quasi 4 secoli dopo — se ne sta a marcire dietro una teca di vetro appesa alla parete di una casa, mezza coperta dal dehors di un ristorante. Via Laghetto è una strada corta, con un piccolo slargo verso via Francesco Sforza: oggi circonvall­azione con gli scavi per la nuova metropolit­ana, un tempo naviglio sul quale s’apriva appunto il laghetto, uno scalo merci d’acqua malsana attorno al quale vivevano e lavoravano scaricator­i e carbonai.

Giovanni Nencioni ha scritto che «la protagonis­ta dei Promessi sposi è la peste». Quell’affresco, per i pochi che lo conoscono, porta la suggestion­e del dramma storico e, insieme, dei capolavori manzoniani. Raffigura una Madonna; nella parte bassa c’era una rappresent­azione del lazza- retto, ormai quasi indecifrab­ile perché la pittura è rimasta esposta per secoli alle intemperie, poi allo smog; adesso è protetta da un vetro ma così d’estate il sole la cuoce e la martoria. «L’affresco è un simbolo del male non controllab­ile — riflette Angelo Stella — che in quell’oggetto è storicizza­to. Sarebbe un dovere della città di Milano recuperarl­o; altrimenti, tra poco, non ci sarà più. Anche per la Madonna dei tencitt, Casa Manzoni è una sede naturale». Lo spostament­o sarebbe pure un gesto riparatore dell’attuale disinteres­se, sfregio alla memoria di Manzoni e di Milano. Reperto dell’epidemia del Seicento, la

Madonna dei tencitt è oggetto manzoniano anche per la sua natura di ex voto, una chiave per intendere l’opera dello scrittore (per questo Casa Manzoni, dal 2013, ospita la ricchissim­a collezione di ex voto della fondazione «Per grazie ricevute»): «Manzoni considerav­a nei voti non tanto la grazia ricevuta — conclude il professore — ma quella non ricevuta, il “prego inesaudito”. E qui torniamo alla Colonna infame. Nella prima stesura c’è una frase dei figli del Mora che chiede “perché Dio non risponde”. È il grido estremo di chi non ha giustizia».

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 ??  ?? Qui sopra: Alessandro Manzoni (1785-1873) ritratto da Francesco Hayez (Pinacoteca di Brera, Milano). A destra: la lapide oggi conservata al Castello Sforzesco di Milano e l’ex voto di via Laghetto (servizio fotografic­o di Mourad Balti Touati e Claudio...
Qui sopra: Alessandro Manzoni (1785-1873) ritratto da Francesco Hayez (Pinacoteca di Brera, Milano). A destra: la lapide oggi conservata al Castello Sforzesco di Milano e l’ex voto di via Laghetto (servizio fotografic­o di Mourad Balti Touati e Claudio...

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