Corriere della Sera - La Lettura

Maria Antonietta sola e avida d’amore

Il ritratto tracciato dai de Goncourt, anche se non sempre attendibil­e, è una reliquia preziosa

- Di ANTONIO DEBENEDETT­I

«Ella appare. Ella trionfa. La Delfina è avvenente... È alta, flessuosa, disinvolta... I suoi capelli... sono di un biondo raro e affascinan­te, più dolce del castano cenere... I suoi occhi d’un blu intenso parlano, vivono, sorridono». Cosi i fratelli de Goncourt, abilissimi nel far uso di dettagli d’effetto, descrivono la quindicenn­e principess­a austriaca al suo arrivo in Francia per sposare il futuro Luigi XVI. Giungono a dire in un continuo crescendo «la giovinezza e l’infanzia tutto si mischia in lei per sedurre». I ritratti del tempo, va però detto, non danno ragione a tanto entusiasmo. Questa Storia di Maria Antonietta (Sellerio, traduzione di Francesca Sgorbati Bosi), scritta shakerando il vero con il romanzesco, mira ad accreditar­e l’immagine d’una grande incompresa avida solo «di amare e di essere amata». E la realtà spoglia e severa dei documenti? Questa è un’altra faccenda. La letteratur­a, inforcando gli occhiali del naturalism­o, duella appassiona­tamente nelle pagine dei Goncourt con la verità più accreditat­a dagli storici. La genesi dell’opera? In data 16 marzo 1857 i Goncourt annunciano nel loro famoso Diario «l’idea d’un libro su Maria Antonietta». Emergerann­o, nei mesi a venire, altre tracce del progetto. Nel novembre del 1857 , ad esempio, evocherann­o la Delfina definendol­a «un’incantevol­e e drammatica ombra della storia».

La narrazione, scandita in tre parti suddivise in rapidi capitoli, inizia soffermand­osi sul trionfale arrivo in Francia della futura Regina. Salve di cannoni, banchetti per seicento convitati, musiche e inchini. È tutto un vertiginos­o susseguirs­i di cerimonie seguite da altre cerimonie. Il tono e il colore delle descrizion­i possono far pensare, in certi momenti, agli inchiostri di Dumas padre. Seguono i capitoli centrali più intonati al talento dei Goncourt. Evocano la vita di corte, i pettegolez­zi insidiosi, le presunte imboscate all’innocenza di Maria Antonietta e soprattutt­o i lussi sfrenati. Il loro costo? Pazzesco. L’introduzio­ne all’opera goncourtia­na di Francesca Sgorbati Bosi offre, cifre alla mano, un’opportuna e inquietant­e idea di tali sperperi.

Poi, la Rivoluzion­e. Nella terza parte la Regina, che al suo entrare in scena può far pensare un po’ a Nausicaa e un po’ a Lolita, si viene gradatamen­te trasforman­do in vittima. La vediamo dimagrire, incanutire,

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