Corriere della Sera - La Lettura
Lotta finale tra luce e buio nel Giudizio di Tiepolo
Il capolavoro del pittore veneziano, modello preparatorio (per la decorazione di un soffitto) custodito alle Gallerie d’Italia di Vicenza, è in prestito all’Hermitage di San Pietroburgo. Un’opera di quasi due metri che appartiene a una misteriosa vicenda artistica
Per Il giudizio finale di Giambattista Tiepolo, le fatali trombe hanno suonato anzitempo. L’affresco del Giudizio con molta probabilità è infatti andato distrutto oppure non fu nemmeno mai realizzato. Per buona sorte, dell’intero ciclo ai posteri sono giunti tre bozzetti preparatori su un totale di quattro. Il primo, centrale e monumentale, di quasi due metri di lunghezza, di proprietà di Intesa Sanpaolo e ora in prestito al museo dell’Hermitage di San Pietroburgo, faceva parte della collezione di Alessandro Poss e fu acquistato nel 1980 dalla Cassa di Risparmio di Vicenza. Il secondo, un’affollata Crocifissione, è oggi presso il museo Boijmans-Van Beuningen di Rotterdam, mentre il terzo, una luminosa, eterea Ascensione, è esposto al Fine Arts Museum di Richmond in Virginia. Manca dunque all’appello un quarto soggetto, una Pentecoste che non disperiamo di veder prima o poi apparire, magari sul mercato antiquario.
Conosciamo quasi tutto di questo ciclo di opere grazie agli affreschi dipinti dal buon pittore luinese Livio Retti. Quest’ultimo, chiamato nel Castello di Ludwigsburg dal duca di Württemberg, ansioso di decorare con fasto la cappella di corte in vista del suo matrimonio con la nipote del re di Prussia, portò a termine gli affreschi nel 1747. Retti adattò gli originali del maestro agli spazi della cappella trasformando in lunette l’Ascensione e la Crocifissione, mentre conservò la composizione del Giudizio inserendola però in un interessante gioco di stucchi asimmetrici. Sappiamo che l’artista lombardo percepì somme ben più modeste di quelle che avrebbe richiesto il suo maestro, forse costretto a rinunciare all’incarico in quanto già oberato di lavoro. Analoga cosa accadde di fatto anche nel 1762 quando Tiepolo lasciò che fosse Francesco Fontebasso a prendere il suo posto per la decorazione del Palazzo d’Inverno di Rastrelli a San Pietroburgo.
Il confronto stilistico tra i bozzetti e l’affresco di Retti è impietoso: pur conservandone la vivacità cromatica, il luinese stenta e incespica nella realizzazione delle figure e soprattutto disperde il perfetto assetto compositivo delle scene. Ciononostante, gli affreschi di Retti, scoperti e studiati alla fine del secolo scorso dalla storica inglese Catherine Whistler, aiutano a sottolineare la grandezza di Tiepolo e hanno consentito di azzardare ipotesi sulla datazione e sulla destinazione del complesso pittorico ideato dal maestro veneziano.
Il maestoso baricentro luminoso del Giudizio si concentra infatti sui contrasti luminosi e cromatici del suo primo periodo, quello ad esempio dei perduti affreschi di Palazzo Archinto, realizzati a Milano tra il 1730 e il 1731 e a noi noti grazie a immagini d’epoca, bozzetti e disegni preparatori. La drammaticità del Giudizio, ben più sen- tita della Crocifissione di Rotterdam, che risulta pervasa da un chiarore uniforme, è giocata sul conflitto tra l’energia riverberante del bene e la negatività, fin quasi tenebra, del male. La figura centrale del Cristo benedicente, che pare cavalcare le nubi e il mondo con lo slancio di un condottiero romano, è rilevata dal telo chiaro che i putti, a guisa di scenario, gli levano alle spalle mentre il solenne concerto panteistico delle trombe circostanti si espande in tutte le direzioni. In particolare, mentre uno squillo desta e scoperchia i sepolcri dei buoni, dove cadaveri in danza macabra sono pronti ad accogliere la chiamata redentrice, un angelo leva al cielo un’anima giusta mentre uno scheletro, che anticipa con la sua esatta presenza Vincenzo Bonomini, perora l’agognata reincarnazione.
Non meno drammatico è il lato degli ingiusti sprofondati agli inferi. La veemenza della rappresentazione, i fumi neri che non vogliono trasformarsi in nubi e il senso d’inesorabile caduta, hanno una spiccata similitudine con l’ambiente in cui precipita il carro fuori controllo di Fetonte del già citato Palazzo Archinto. Mentre le figure scomposte e urlanti sono letteralmente afferrate dai demoni, gli angeli sovrastanti si ostinano a suonare le trombe del giudizio e mostrano quei sacri testi che comminano con fare ineluttabile una condanna già scritta.