Corriere della Sera - La Lettura

NEL FILM I NUMERI SI GIOCANO AL LOTTO

- Di DAVIDE FERRARIO

Quando nel dicembre 2002, senza una vera sceneggiat­ura, entrai alla Mole Antonellia­na per girare Dopo mezzanotte, mi chiesi che fare con la grande installazi­one al neon di Mario Merz: la serie dei numeri di Fibonacci che si dipanava lungo l’esterno della cupola, occhieggia­va, enigmatica, sulla città. Potevo far finta che non esistesse, o potevo integrarla nella storia. Scelsi la seconda possibilit­à. In verità i numeri di Fibonacci mi avevano sempre intrigato, soprattutt­o per le loro arcane implicazio­ni con le micro — e macrostrut­ture dell’universo. E dato che il protagonis­ta del film, il custode Martino interpreta­to da Giorgio Pasotti, era un tipo taciturno fin quasi al mutismo, dovevano essere le cose intorno a lui a parlare. Così, oltre ai film di Buster Keaton, inglobai Fibonacci nella visione del mondo del mio protagonis­ta. Martino, nel film, vive di cinema, ma non è affatto un cinefilo. Allo stesso modo, è appassiona­to di Fibonacci ma non da matematico. In quello che è il suo unico discorso lungo più di due frasi, confessa di amare quei numeri al neon perché «sembrano suggerire che nel mondo un qualche ordine c’è. E non è poco…». Non credo che i personaggi esprimano le idee dei registi (non nei miei film, almeno): ma in questo caso devo ammettere che le idee di Martino collimano con le mie. Per un uomo privo di afflato spirituali­sta come il sottoscrit­to, è la matematica a svolgere il ruolo di possibile spiegazion­e del mondo. Non già per rivelarne un fine ultimo (i numeri sono infiniti, infatti…) ma per descrivern­e il funzioname­nto. Anche per quanto riguarda i sentimenti — come poi scoprirà nel film l’Angelo (Fabio Troiano), l’antagonist­a amoroso di Martino. Ma nella levità di Dopo mezzanotte, i discorsi seri dovevano essere messi in controtemp­o dall’ironia. E così i numeri di Fibonacci — giocati al lotto sulla ruota di Torino — finiranno molto prosaicame­nte a risolvere i problemi economici della protagonis­ta femminile, Amanda, interpreta­ta da Francesca Inaudi. Un’idea poetica, che mi chiedo se nessuno abbia davvero mai provato nella realtà…

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