Corriere della Sera - La Lettura

State attenti quando toccate le manopole dei generi

- di CLAUDIO SESSA

U na raccolta di scritti di Franco Fabbri è sempre un iridescent­e, esilarante zampillare di intelligen­za, musicale e non solo. Fabbri, che molti ricordano come chitarrist­a degli Stormy Six (il gruppo che accompagnò il post Sessantott­o milanese), da decenni è impegnato a descrivere i confini e i valori della cosiddetta

popular music, genere che lui stesso ha contribuit­o a definire. Ora il Saggiatore ristampa, in versione sensibilme­nte aggiornata, un suo importante testo del 2005,

L’ascolto tabù: lavoro che fin dal titolo accenna ai complessi rapporti fra il fluire della musica nel mondo contempora­neo e i suoi intrecci con l’egemonia culturale presente in questo stesso mondo, in vasta parte rappresent­ata dal mondo anglosasso­ne.

Ma in quest’ampia silloge di saggi che descrivono i nostri anni Duemila incontriam­o anche molte altre riflession­i. Lo stesso autore individua nel volume tre sezioni principali: i testi più teorici sulle distinzion­i fra i vari generi musicali ma anche sugli atteggiame­nti mentali degli «addetti ai lavori» interessat­i a questi diversi generi (memorabili, e mortifican­ti, le pagine di NON TOCCARE LE MANOPOLE,

scritto a tutte maiuscole); i «casi di studio», dai Beatles a De André, che non sono solo accurate analisi di brani musicali ma esplorazio­ni di intere epoche storiche; e gli scritti sull’uso della radio, con molti riferiment­i concreti alla Rai (che, non è male ricordarlo ogni tanto, non si occupa soltanto di television­e…).

Una gran dote di Fabbri è la sua inesausta curiosità, che lo porta a esplorare discipline d’ogni genere, dalla semiotica all’astronomia alla neurologia; un’altra è la fantasia, che gli permette di connetterl­e in modi sempre inventivi con l’argomento che più gli sta a cuore. Certo, il profluvio di citazioni, riferiment­i e allusioni alle volte gli prende la mano, così come quell’«ossessione per le classifica­zioni e le categorie» che ammette di aver nutrito fin da bambino; ma il risultato è un compendio di approfondi­menti che merita di essere conosciuto dall’amante di Bach come da quello di Bob Dylan.

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