Corriere della Sera - La Lettura
Merkel è un po’ Cleopatra (ma manca un Cesare)
Biografie/2 Una regina che ha segnato l’immaginario del Novecento almeno quanto ha segnato la storia politica del I secolo a.C. Christian Jacq dedica a Cleopatra il nuovo libro: qui dialoga con Livia Capponi, papirologa e storica dell’Egitto romano. In qu
Esce in Italia il romanzo dell’autore francese sulla regina d’Egitto. Deformata dalla propaganda romana e dalle fonti di età imperiale, che la associarono all’immoralità e alla barbarie, la sovrana era in realtà molto colta. I ritratti sulle monete, dove volle la sua immagine, la mostrano inoltre meno bella di come cinema e teatro l’hanno rappresentata
LIVIA CAPPONI — Il suo nuovo libro abbandona i grandi faraoni come Ramses e Tutankhamon per porre al centro un personaggio femminile, Cleopatra. Il romanzo precedente è dedicato a Nefertiti. Un cambio di rotta all’insegna dell’esplorazione dell’universo femminile?
CHRISTIAN JACQ — Guardi che Cleopatra, come Nefertiti, era un vero e proprio faraone, anzi fu l’ultimo faraone d’Egitto, destinata a governare come un uomo. Nell’Egitto faraonico troviamo esempi di sovrane con pieni poteri, e pure le regine della dinastia tolemaica ebbero un ruolo importante. Cleopatra pose il suo ritratto, da sola, sulle monete, prerogativa che i Tolemei avevano derivato da Alessandro Magno. Fra i Romani, Giulio Cesare per primo recepì l’usanza ponendo la sua effigie sulle monete, straordinario veicolo di propaganda.
LIVIA CAPPONI — Il suo romanzo corregge in qualche modo il ritratto negativo di Cleopatra che ci è giunto dalle fonti romane? Orazio, corifeo dell’ideologia augustea, l’aveva definita monstrum fatale, Properzio considerava l’Egitto un tristissimum periculum. Questo ritratto deformato, che associava la regina alla barbarie, all’immoralità, all’ubriachezza, ha influenzato anche tutte le rappresentazioni successive in teatro e al cinema, che spesso, con mentalità poco diversa da quella antica, hanno ridotto la regina a una vamp (termine che peraltro fu coniato nell’ambito dei film del primo Novecento con l’attrice statunitense Theda Bara, a suo agio nei panni di Cleopatra).
CHRISTIAN JACQ — Certamente l’immagine di Cleopatra è stata deformata dalla propaganda romana e dalle fonti di età imperiale. I ritratti che ci sono pervenuti sulle monete mostrano che non era bella, ma le fonti greche concordano che fosse straordinariamente col- ta. Ultima discendente della dinastia fondata da Tolemeo I, allievo di Aristotele e, forse, fratellastro di Alessandro Magno, era stata educata nella famosa biblioteca di Alessandria. La città, fondata da Alessandro come porto commerciale sul Mediterraneo, era eminentemente greca: non per niente era chiamata Alexandria ad Aegyptum, cioè Alessandria presso l’Egitto. Era la città più importante del Mediterraneo, con 500 mila abitanti e la più grande comunità ebraica fuori dalla Giudea. Nonostante l’identità greca, Cleopatra aveva scelto di riavvicinarsi alla popolazione egizia, imparando, prima di tutta la sua dinastia, l’egiziano, accanto a una ventina di lingue, fra cui l’ebraico, il partico e i dialetti africani. Per risollevare il regno dalla crisi in cui era sprofondato, aveva riformato l’economia, e aveva cercato di rilanciare anche la religione nazionale, presentandosi come l’incarnazione di Iside, dea della rinascita, e assumendo un più fermo controllo di templi e sacerdoti. LIVIA CAPPONI — Dunque la regina, pur appartenendo all’antica nobiltà greca che aveva a suo tempo strappato l’Egitto ai Persiani, aveva cercato di riavvicinarsi alla cultura dei suoi sudditi, stabilendo un doppio registro di comunicazione, greco ed egizio, che troviamo riflesso anche nella duplice immagine, ellenistica o tradizionale, nella statuaria e nei templi. Ma qual era l’«ultimo sogno» di Cleopatra cui si riferisce il titolo originale ( Le dernier rêve de Cléopâtre) del suo libro? Riportare l’Egitto ai fasti dei primi Tolemei, quando Alessandria era al centro di un impero che includeva anche la Palestina, o assicurarsi opportunisticamente il supporto di Roma? Nel Vicino Oriente c’erano altri re «alleati e amici del popolo romano», come Erode di Giudea, che si adattavano alle
oscillazioni della politica nell’epoca delle guerre civili, spostando il loro appoggio ora all’uno ora all’altro leader, da Pompeo a Cesare, da Antonio a Ottaviano.
CHRISTIAN JACQ — Il figlio nato dalla liaison fra Giulio Cesare e Cleopatra, Tolemeo Cesare detto Cesarione («Cesaretto»), e soprattutto il viaggio ufficiale a Roma in occasione del trionfo di Cesare del 46 a.C., mostrano chiaramente che Cleopatra aveva obiettivi molto chiari: un trattato Roma-Egitto e un protettorato in cui la regina avesse un ruolo di spicco in Oriente. Se, d’altra parte, Cesare aveva accettato di ospitare Cleopatra a Roma, cosa molto invisa all’opinione pubblica, aveva i suoi motivi. Roma era una superpotenza militare, ma Cleopatra aveva immense ricchezze, e l’Egitto rappresentava una gigantesca fonte di grano e di rendite, oltre che un’apertura verso Oriente, e una protezione contro i Parti. Molti uomini d’affari romani aprirono traffici o proto-industrie in Egitto in questo periodo. Perciò, dopo Azio, Ottaviano stabilì un’occupazione molto dura, inviando prefetti scelti personalmente, e proibendo a chiunque, senatore o cavaliere, di entrare in Egitto senza il suo permesso. Sapeva che chi avesse acquisito il controllo dell’economia egizia avrebbe potuto affossare Roma.
LIVIA CAPPONI — Sia Ottaviano, come figlio adottivo di Giulio Cesare, sia Cleopatra, come madre di Cesarione, si contendevano l’eredità politica del dittatore. È passata alla storia la frase con cui, storpiando un verso dell’Iliade, Ario di Alessandria, maestro di Ottaviano, gli consigliò di uccidere Cesarione: «Non è bene che ci siano troppi Cesari». Augusto completò o cercò di completare alcuni dei disegni di conquista cesariani, suo indiscutibile modello, lanciando spedizioni militari o commerciali