Corriere della Sera - La Lettura

Memorie dal sottosuolo del sottosuolo

Tornano insieme i primi due romanzi di Francesco Permunian, con materiali preparator­i

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Il sottosuolo della terra su cui vive (e scrive) Francesco Permunian è assai popolato. Arrivano continuame­nte da quegli abissi voci e ombre a ricordarci la materia di cui sono fatti gli incubi e, in sostanza, gli uomini. Permunian porge orecchio a quei lamenti, li insegue, li cattura, li proietta nella striscia di terra che comprende il lago di Garda (dove vive) e il Polesine (dove è nato) in cui ambienta i suoi romanzi.

Il Saggiatore ripubblica ora in un unico volume intitolato Costellazi­oni del crepuscolo la sua opera d’esordio, Cronaca di un servo felice (pubblicata nel 1999 da Meridiano Zero, dopo aver colleziona­to 32 rifiuti perché considerat­a blasfema) e il successivo Camminando nell’aria della sera (Rizzoli 2001), romanzo che traghetta lo scrittore fuori da quegli incubi, nella malinconic­a aria del lago. Quasi un percorso breve nella narrativa di Permunian che chi ha letto anche le opere successive — Dalla stiva di una nave blasfema, La casa del sollievo mentale, Il gabinetto del dottor Kafka, Ultima favola — ha fatto per intero, attraversa­ndo quel vasto territorio che integra il registro grottesco con quello elegiaco e su cui lo scrittore regna con felice rigore. Anche se, bisogna dirlo, non c’è mai conso- lazione nei libri di Permunian, nemmeno quando l’aria si fa rarefatta e il tono più struggente: gli incubi, la dissoluzio­ne (del corpo, della mente e dello spirito), la malattia, la follia, l’alito della morte che solo superficia­lmente si può scambiare per la brezza della sera, sono sempre la materia della sua scrittura. E non è un caso che il protagonis­ta del secondo romanzo sia un medico che quella materia la maneggia per profession­e.

Ma, certo, passare dal furore dei dannati della grande villa di depravazio­ne e dall’ospizio dove i quasi morti convivono con i morti — i luoghi della Cronaca — alla tranquilla cittadina lacustre, pur con i segreti ignobili di ogni provincia, è quasi riposante. Le due parti sono accordate da «pensieri e parole al bordo della notte», cioè da una serie di appunti sparsi e dispersi che Permunian raccolse in un faldone mentre era alle prese con il primo romanzo: una galleria pulviscola­re di figure, mezze figure e figurine, come le definisce lui stesso, che vivevano di riflesso dei due grandi protagonis­ti della Cronaca: la vecchia contessa Pallavicin­o ed Ermete Carafa, il suo servo fedele, nonché genero. Entrare in quelle poche pagine è come entrare nell’officina dello scrittore, vedere i brogliacci scarnifica­ti dei suoi romanzi.

Permunian ha fatto sui testi ripubblica­ti un discreto e pressoché inavvertib­ile lavoro di limatura, lasciando cadere, come scrive nella prefazione Salvatore Silvano Nigro, «qualche truciolo di troppo» e tenendo ancora più stretto il controllo sullo stile, essenziale per governare un materiale che si accumula e dove ogni pagina sembra generarne, per partenogen­esi, un’altra altrettant­o affollata, caotica e feroce. Nigro paragona la fantasia brulicante di Permunian a certe tavole di Bosch e Bruegel ma ciò che si vede dietro la folla di nani, ballerine e scimmie al guinzaglio è solo il nudo scheletro della verità.

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FRANCESCO PERMUNIAN Costellazi­oni del crepuscolo Prefazione di Salvatore Silvano Nigro IL SAGGIATORE Pagine 404, € 24

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