Corriere della Sera - La Lettura

Gli aquiloni abbattono i muri

Modelli Francesco Clemente è stato invitato a realizzare (e qui lo anticipa a «la Lettura») il manifesto per la nuova edizione del «Ravello festival Danza» che si inaugura il 2 luglio. L’artista sarà presente alla serata inaugurale (dove dipingerà «un gia

- Di STEFANO BUCCI

L’artista, simbolo di una storica Transavang­uardia contaminat­a dalla filosofia e dall’estetica orientali, non ha mai avuto paura di confronti spinosi come quello, ad esempio, con il Premio Nobel Derek Walcott e con il suo poema epico Omero sa cui il napoletano­newyorkese e un po’ indiano Francesco Clemente si era ispirato nel 2016 per una serie di 41 acquerelli dedicati al tema del viaggio e agli eroi cattivi e difficili come Odisseo.

Viaggiare vuol dire anche abbattere i muri e i muri che fanno da filo conduttore per la seconda edizione del «Ravello festival Danza» diretto da Laura Valente (2-29 luglio) e che Clemente, con un gesto molto pop degno della Factory di Warhol che negli anni Sessanta aveva a lungo frequentat­o, sembra aver già abbattuto con il suo manifesto (che «la Lettura» presenta qui in anteprima) creato per il Festival: perché oltre al muro, grigio e dimesso, svettano già il cielo azzurro striato e quattro coloratiss­imi aquiloni. «Quest’anno il tema del Festival saranno i muri, le divisioni dei popoli, le separazion­i dei mondi — spiega Clemente in questa intervista a “la Lettura” — ma sono convinto che la danza, così nobilmente effimera, questi muri li abbia già abbondante­mente oltrepassa­ti. La danza è per me il mezzo più esatto per ricordare quanto vani siano i muri e quanto lungimiran­te sia scegliere la gioia e non la paura, la gioia del cielo e degli aquiloni colorati del manifesto».

Il rapporto di Clemente con la danza? «Sono da sempre appassiona­to della danza a New York. Da Balanchine a Merce Cunningham. Giovanissi­mo guardavo Simone Forti e Steve Paxton. Karole Armitage, mia coetanea, è a sua volta da sempre legata alla pittura di New York». Sembra una felice coincidenz­a allora che nella serata inaugurale del Festival Clemente sarà in scena (ancora tornano le suggestion­i americane dell’Action Painting e della Factory) proprio con Karole Armitage e con i suoi ballerini per una delle novità realizzata dal Festival, The Wall, spettacolo di danza (Armitage) con arte (Clemente), poesia (i versi di Kavafis recitati dalla moglie Alba Clemente che firmerà anche i costumi), musica (i Pink Floyd di The Wall appunto). Non ballerà Clemente: ma dipingerà dal vivo «un giardino idilliaco dove si può abitare e anche devastare con i conflitti».

Ancora una volta, come sua abitudine, Clemente si confronta dunque con le ragioni dell’attualità, in questo caso l’attualità dei conflitti che devastano il «nostro giardino», trasforman­do gli abitanti di una casa in migranti sotto una tenda. E la tenda è la chiave per l’altro intervento dell’artista per il Festival di Ravello, la mostra Standing with truth for Ravello 2017 (dal 2 luglio al 30 settembre a Villa Ruffolo: con un’installazi­one site-specific ispirata alle tende dei nomadi dell’Asia, ma con interni dipinti dall’artista e all’esterno ricami indiani. «Ho realizzato la prima tenda nel 2011, in leggero anticipo sulla crisi dei rifugiati — spiega —. La mia iconografi­a è ispirata da conflitti e armonie interiori. Vuole offrire una narrativa di piacere e speranza, in contrasto con lo scandaloso spettacolo al quale purtroppo assistiamo. Avrà i colori dell’India, dove è stata realizzata: giallo ocra e molti rosa. L’ispirazion­e è da un poema di Kabir che dice: veglio con la verità, dormo con la verità, cammino con la verità».

E in che cosa sarà diversa dalle altre sue tende precedenti? «Come tutti i miei lavori, anche le tende accompagna­no la narrativa delle mie esperienze. Come succede a tutti, la mia vita si espande e si contrae. Questa tenda è legata a un momento di espansione, di spaziosità, di speranza».

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