Corriere della Sera - La Lettura
Dante, Darwin, Kant... Le svolte dell’umanità
«Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un insetto». La metafora di Kafka si può applicare a coloro che un giorno si sono risvegliati, se non come insetti, almeno come «analfabeti digitali». Ulrich Beck la utilizza per spiegare l’idea di metamorfosi sociale, cui ha dedicato il saggio La metamorfosi del mon
do (Laterza), uscito postumo. Elisabeth Beck-Gernsheim, sua moglie e collega, che ha curato la pubblicazione, lo definisce «libro incompiuto»: ma in realtà esso ha una compiutezza sostanziale e si colloca agevolmente lungo la linea intellettuale di Beck, ampliandone la visione. Piuttosto è testimonianza di un percorso interrotto da un infarto fulminante, che a capodanno del 2015 ha bruscamente impedito a uno dei pensatori sociali più innovativi di proseguire la sua ricerca.
L’idea di metamorfosi si presenta come un approccio teorico per superare le difficoltà di comprensione del presente, l’assenza di punti in comune con le esperienze passate e la sensazione spiacevole di trovarci di fronte a un mondo sconosciuto. Nell’analisi Beck preferisce usare «metamorfosi» e non mutamento o crisi, perché descrive un vero e proprio «cambiamento della forma», come suggerisce l’etimo del termine. «Siamo profondamente confusi — rileva — perché la metamorfosi del mondo rende possibile e reale ciò che fino a ieri era impensabile».
Il divario tecnologico, prima di tutto: gli «analfabeti digitali» sono gli uomini di Neanderthal, arretrati e indifesi, che hanno difficoltà a comprendere l’Homo
cosmopoliticus, poiché non vi è stata un’evoluzione, un passaggio graduale tra una generazione e l’altra, ma una frattura netta. Il sapere e l’esperienza dei Neanderthal si dimostrano inutili per i giovani; muta e s’inverte il rapporto genitori/ figli e docenti/allievi, si annullano le regole, le competenze e i valori del passato.
Beck, a sostegno della sua tesi, indica la nuova condizione genitoriale. Per millenni è invalsa una certa immagine della maternità e della paternità, ma la tecnologia ha rivoluzionato questo campo: la procreazione assistita, nata per aiutare le coppie che non potevano avere figli, ha portato a trasformazioni etiche e comportamentali. «Un atto considerato intimo e quasi “sacro” è diventato, per metamorfosi, un campo di attività cosmopolitizzate globali». Non solo la «fabbrica dell’uomo» non è più legata all’incontro fisico tra maschio e femmina, sostituito dalle molteplici opportunità offerte dalla tecnologia (inseminazione in vitro, maternità surrogata), ma è stata sperimentata la possibilità di creare la vita artificialmente, attraverso la clonazione. Una metamorfosi che, nelle parole di Beck, può ben definirsi «giocare a essere Dio».
Ciò che finora era riferito alle leggi dello Stato, con cui l’etica si confrontava e doveva fare i conti, adesso ha ripercussioni a livello più ampio. Supera i confini e si fa pratica generalizzata. Cambia il punto di vista degli agenti sociali, perché è questo che determina la metamorfosi: l’estensione a livello planetario di cambiamenti radicali, l’uscita dal loro ambito nazionale. Ora è come la svolta di Galileo: la perduta centralità nazionale ci costringe a prendere atto che sono le nazioni a girare attorno al mondo, e non più il mondo a essere calato nella realtà locale.
Il potere accumulato in appena un secolo è davvero globale e totale, poiché comprende la possibilità di dare la vita o, per contro, di sterminare l’umanità per effetto di armi letali. Questo superamento dei limiti non deve portare i giovani a rinunciare al compito di resettare il saperee riformulare la visione del mondo, anche se l’ utopia non è più un legante sociale e le nuove generazioni restano isolate. La loro affinità si definisce nel magma della rete, dove è depositatala memoria collettiva, senza utopie, ideali comuni o progettualità progressiste.
Tuttavia Beck rileva come le nuove generazioni mirino a un’uguaglianza globale che è un aspetto essenziale della metamorfosi: vi è in nuce un’idea di uguaglianza che si va modificando, come già accaduto in passato. «Le disuguaglianze sociali non generano conflitto se i ricchi diventano più ricchi e i poveri diventano più poveri, ma solo se si diffondono delle norme e aspettative sociali consolidate in fatto di uguaglianza, e soprattutto di diritti umani».
Dopo il concetto generico di parità fra gli uomini, proprio del pensiero illuminista, e quello ottocentesco di uguaglianza sociale, mutuato dall’esperienza americana, la nuova frontiera che si prospetta in futuro è un’uguaglianza globale dei diritti e della condivisione dei rischi. Prevede per tutti, indistintamente, l’insicurezza e la libertà di movimento, l’inquinamento e la comunicazione, l’utilizzo dei servizi pubblici, l’istruzione, la sanità, i trasporti, ma anche forme di degrado. Lascia sostanzialmente inevasa l’uguaglianza economica: quasi l’ammissione implicita di un fatto che nessuna metamorfosi è in grado di cancellare.
Tecnologie, diritti, procreazione: si moltiplicano le sensazioni spiacevoli di trovarci di fronte a un mondo ignoto, mutato (come Gregor Samsa in un insetto), senza punti in comune con il passato. Ecco l’ultima lezione di Ulrich Beck. Quattro studiosi individuano le linee di frattura delle loro discipline