Corriere della Sera - La Lettura
Il trono di spade all’epoca dei Medici
Navi cariche di ingenti ricchezze (rarissime perle pescate in mari sorvegliati da creature mostruose) salpano da Famagosta per Venezia e scompaiono misteriosamente. Libri proibiti per la portata devastante delle loro rivelazioni e firmati da Ermete Trismegisto in persona viaggiano di contrabbando scortati da monaci guerrieri. Ladri gentiluomini, operanti secoli prima di Arsenio Lupin, giacciono (lasciate ogni paranza, voi ch’entrate) nelle prigioni delle Stinche, al cui confronto l’attuale regime del 41-bis è da suite al grand hotel. Banchieri accoppati non sotto un ponte londinese, ma nella cripta di un convento. Eredi di quei banchieri non all’altezza (o, più che altro, alla bassezza) della tradizione di famiglia preda di mercanti turlupinatori. Gentildonne che pure saprebbero il fatto loro in materia manageriale, ma le pari opportunità sono ancora lontane da venire, sessualmente barattate per chiudere loschi affari. Una escort d’epoca (favorita dal Principe per i lunghi capelli biondi e la benda da corsaro a coprire l’occhio sinistro perduto nella sua epopea di malvissuta) rivelatasi, sotto mentite spoglie e spogliarelli, la Bond girl che nemmeno nella più erotica delle sue fantasie Fleming immaginò. È la Firenze del 1459, quella dei Medici (Cosimo leader), tra squali della finanza e frati sodomiti, alla quale la questione morale denunciata da Dante (alla Berlinguer?) è entrata da un orecchio e uscita dall’altra come l’ultimo motivo sanremese (a parte Gabbani?). La Firenze degli appuntamenti fatali («Lo saprai domani notte, all’insegna del Passero») per cui si tiene sempre a portata di mano (legittima difesa h24) la cinquedea dalla lama a lingua di bue. Marcello Simoni ha dato il la a un’altra saga, più italiana e avvincente che mai. A volte sembra Il trono di spade, a volte 1993. Non c’è niente di nuovo sotto ’o sole nostro che continua a splendere sugli intrighi nazionali. Il voto è 8 come l’altra volta.