Corriere della Sera - La Lettura
Dimmi come mi guardi Ti dirò chi sei e cosa pensi
La chiamavamo fisiognomica. Guardavamo i visi per leggere l’anima di chi ci stava davanti. Errore: non funziona (ma un po’ lo sapevamo). Contano invece le «prime impressioni», che capovolgono la prospettiva: il nostro sguardo sull’altro svela noi a noi stessi, più che a noi il carattere altrui. È dentro questo rovesciamento che si inoltra Alexander Todorov: insegna psicologia a Princeton e con un saggio in- titolato Face Value, uscito il mese scorso per la Princeton University Press, esamina proprio «l’irresistibile influenza delle prime impressioni».
Spiega a «la Lettura» Todorov che «la scienza moderna delle prime impressioni mostra come noi le formiamo senza sforzo a partire da informazioni minime. Per esempio, guardare un volto per meno di un decimo di secondo fornisce sufficienti informazioni per generare un’impres- sione». Non solo: «Queste impressioni sono consequenziali», vale a dire che è probabile che voteremo un politico che appare competente o risponderemo male a una persona che percepiamo come inaffidabile. «Una delle scoperte più sorprendenti — aggiunge l’autore — è che noi ci troviamo d’accordo sulle prime impressioni. Nell’ultimo decennio, abbiamo sviluppato metodi che possono visualizzare questo consenso o questi “stereotipi
facciali”. Ecco perché nel mio libro ci sono tante immagini: il modo migliore per mostrare gli ingredienti di questi stereotipi è farli proprio vedere».
Professore, lei parla di «prime impressioni» ma il punto di partenza è la fisiognomica, una (pseudo)scienza dalla tradizione antica. Perché è così seducente, la fisiognomica?
«Perché ci illude che si possa conoscere e controllare il nostro mondo sociale, che spesso è popolato da sconosciuti. Non è un caso che le idee sulla fisiognomica divennero estremamente popolari con le prime grandi migrazioni industriali nel Settecento e nell’Ottocento. Tante persone insieme che spesso non avevano in comune neppure la lingua. I teorici della fisiognomica promettevano: guarda bene in faccia un estraneo e potrai conoscerlo». E oggi?
«Ci sono ottimi motivi per relegare la fisiognomica fra le pseudoscienze, ma la verità è che pratichiamo tutti una fisiognomica naif, formando impressioni istantanee degli altri e comportandoci di conseguenza».
Il suo approccio sembra compiere una specie di rivoluzione copernicana in materia: se la fisiognomica del passato puntava a rivelare il carattere o la personalità dell’oggetto, le «prime impressioni» rivelano invece quelli del soggetto.
«Le impressioni e la percezione in generale non sono mai una lettura diretta del mondo esterno ma una rappresentazione mentale di quello che percepiamo. Ovviamente questa rappresentazione risente delle caratteristiche obiettive di quel che vediamo ma anche da altri fattori, come i nostri condizionamenti, le aspettative e le nostre convinzioni sul mondo. I modelli per le prime impressioni visive sono parecchio importanti perché rivelano la base permanente dei nostri stereotipi facciali». Un esempio?
«Ecco: nel caso dell’attendibilità, dell’affidabilità, queste impressioni sono basate sulla somiglianza dei volti a espressioni emozionali e stereotipi di genere. I volti che appaiono degni della nostra fiducia tendono ad avere più espressioni positive e ad apparire più femminili. Va tenuto conto che le espressioni cambiano e nel mio libro discuto molti risultati sperimentali dove immagini differenti della stessa persona possono portare a impressioni completamente divergenti. I segnali emotivi sono in genere molto importanti per comprendere stati momentanei e intenzioni altrui: il problema è che la fisiognomica considera questi stati momentanei indicativi del carattere, qualcosa che dovrebbe essere stabile attraverso il tempo e le situazioni». Per formulare le sue considerazioni lei ha fatto abbondantemente ricorso a test ed esperimenti.
«Gran parte delle conclusioni del libro sono basate su ricerche condotte negli ultimi cent’anni, soprattutto gli ultimi 15, svolte nel campo della psicologia, dell’economia, della scienza politica, dell’informatica e delle neuroscienze. Molti studi sono sperimentali, in particolar modo quelli psicologici, ma molti sono effettuati sul campo
analizzando decisioni reali come ottenere un prestito o verdetti penali».
Capita ancora di sentire parlare di Cesare Lombroso, che metteva in relazione fisiognomica e «mente criminale». Qualcosa del suo lavoro si può salvare?
«Io stesso scrivo delle idee di Lombroso nel libro. Se sposiamo un’interpretazione generosa e larga delle sue teorie, potremmo dire che aveva ragione nel sostenere che il carattere di una persona risente di elementi genetici: la scienza moderna non lo mette in discussione e anzi ci sono studi recenti sugli psicopatici che mostrano come siano effettivamente diversi dalla gran parte delle persone. Ma parliamo di una proporzione molto piccola di persone e non esiste alcuna ricerca che mostri che la loro “natura criminale” sia scritta nei volti o nei corpi. Tra l’altro, gli psicopatici cercano di piacere...». Le specificità culturali hanno un ruolo nel determinare le nostre prime impressioni?
«Assolutamente sì. Praticamente ogni espressione facciale è interpretata in modo diverso dalle differenti culture. Anche il sorriso tende a essere un segnale positivo di vicinanza che può avere diversi significati culturali. In Asia orientale il sorriso è spesso un segnale di sottomissione anziché di avvicinamento. Quello che percepiamo come un volto “tipico” è molto importante per le nostre prime impressioni perché noi siamo portati ad avere fiducia nei volti “tipici” e non ci fidiamo di quelli che non lo sono. Tuttavia la nostra nozione di “tipicità” deriva dalla nostra esperienza con i volti ed è determinata anche dalla nostra cultura».
La globalizzazione sta alterando questo paesaggio, livellando ovunque le differenze nella lettura dei volti altrui? «Possibile, visto il vorticoso aumento di scambi fra le culture».
E la nostra esposizione alla tecnologia e ai social media modifica il modo di elaborare le «prime impressioni»?
«Non credo. Ma quel che cambia è la proliferazione di immagini che possono influenzare le impressioni in modi diversi». Come i risultati delle ricerche in questo campo influenzano i social media e le tecniche di marketing?
«Gli esperti di marketing bravi e gli artisti di talento hanno sempre saputo come manipolare le nostre impressioni per i propri fini. La differenza, oggi, è che gli scienziati possono formalizzare queste intuizioni inespresse». Infine: come possiamo educare noi stessi a leggere le nostre «prime impressioni»?
«Il passo iniziale è essere consapevoli che, per quanto forti, le nostre impressioni possono essere inaccurate. Se devi prendere una decisione importante riguardo un’altra persona, la cosa da fare è raccogliere informazioni significative che ti possano aiutare a prendere la decisione migliore».