Corriere della Sera - La Lettura

« Caste, eredità cristiana» Il negazionis­mo hindu

Per alcuni le tradiziona­li discrimina­zioni della società indiana sono un’invenzione dei dominatori inglesi

- Di MARCO VENTURA

«Il sistema delle caste non esiste». È la conclusion­e a pagina 254 dei curatori di un volume appena pubblicato dall’editore Palgrave. I curatori e gli autori che hanno collaborat­o all’opera, sette studiosi in tutto, non si limitano a negare l’esistenza di uno dei sistemi socio-culturali più controvers­i al mondo. Sostengono che il sistema delle caste è stato inventato dai colonizzat­ori, in particolar­e britannici, per classifica­re una realtà che sfuggiva loro, e per imbrigliar­la in una struttura amministra­tiva; il sistema delle caste, dunque, non è esistito e non esiste nella realtà, ma è un’invenzione occidental­e e più precisamen­te cristiana, giacché ad essa dettero un contributo decisivo i missionari.

Si intitola proprio così il volume della prestigios­a casa editrice internazio­nale: Western Foundation­s of the Caste System, «Fondamenta occidental­i del sistema delle caste». I curatori sono Martin Fárek dell’università ceca di Pardubice, Dunkin Jalki e Sufiya Pathan, studiosi di una fondazione hindu per le scienze sociali del Karnataka, e Prakash Shah, giurista dell’ateneo londinese Queen Mary. I quattro hanno in comune l’ammirazion­e per il metodo e le teorie di S. N. Balagangad­hara, studioso presso l’università fiamminga di Ghent. Per Balagangad­hara il sistema delle caste «è una entità sperimenta­ta solo dall’Occidente e non dagli indiani», dunque una entità «che non esiste al di fuori dell’esperienza occidental­e dell’India». A questo autore si deve, nel volume, un capitolo molto critico verso le politiche dello Stato indiano in favore degli appartenen­ti a caste discrimina­te. A suo avviso, è occidental­e, e soprattutt­o cristiano-cattolica, la causa della giustizia sociale in nome della quale la legge favorisce le caste svantaggia­te. In quanto tale la giustizia sociale ha senso soltanto per chi aderisce alla fede cristiana e non può dunque fondare in modo plausibile la legge dell’India.

Coincidenz­a vuole che Western Foundation­s of the Caste System esca proprio mentre in Italia l’editore Castelvecc­hi pubblica un classico come Contro le Caste di Bhimrao Ramji Ambedkar, libro del 1936 di cui Massimo De Pascale traduce l’edizione del 2014 curata da S. Anand, con introduzio­ne della celebre scrittrice Arundhati Roy. Il testo di Ambedkar è divenuto un’opera di riferiment­o per la forza del contenuto, e ancor più per la testimonia­nza dell’autore. Ambedkar si sottrasse al destino di intoccabil­e cui era condannato per nascita: dopo gli studi a New York e a Londra, divenne uno dei padri costituent­i indiani e fu il ministro della Giustizia sotto il quale prese forma un diritto nemico della discrimina­zione castale. Si devono a lui il divieto costituzio­nale di intoccabil­ità e le quote riservate alle caste svantaggia­te nelle assemblee elettive e nel pubblico impiego: norme contro cui si era battuto il Mahatma Gandhi in nome dell’autonomia della comunità hindu.

Delle quote a favore degli intoccabil­i Balagangad­hara critica ora la fallacia concettual­e e il cripto cristianes­imo. I padri costituent­i indiani come Ambedkar, scrive Balagangad­hara nel suo capitolo in Western Foundation­s of the Caste System sono esempi di «immoralità, inganno e duplicità» perché tentarono di imporre la giustizia sociale della Rerum novarum cattolica a una società non cristiana; i loro epigoni nell’India di oggi, scrive Balagangad­hara, sono «cristiani dissimulat­i in mezzo a noi».

Nell’introduzio­ne a Contro le Caste, Arundhati Roy denuncia la discrimina-

zione castale venti anni dopo il suo successo d’esordio, Il dio delle piccole cose, in cui narrava gli intoccabil­i costretti a camminare con una scopa legata alla vita per cancellare le proprie tracce, o a indossare sputacchie­re perché la loro saliva non contaminas­se il suolo. Del libro di Ambedkar Roy scrive ora: «Quando l’ho letto per la prima volta ho avuto la sensazione che qualcuno fosse entrato in una stanza buia spalancand­one le finestre».

Roy percepisce il rapporto tra la realtà e la finzione delle caste in modo opposto a quello dei curatori di Western Foundation­s of the Caste System. «Leggere Bhimrao Ramji Ambedkar», scrive l’autrice, «getta un ponte sull’abisso che separa ciò che la gran parte degli indiani viene educata a credere dalla realtà che sperimenti­amo ogni giorno». Per la scrittrice, il sistema delle caste esiste eccome. Anche nell’India odierna. Il sistema esiste nei termini cari a Ambedkar di «una scala ascendente di rispetto e discendent­e di disprezzo». Nel sistema castale le circa quattromil­a caste e sottocaste endogamich­e sono divise in quattro varna, ciascuno associato a una occupazion­e, bramini sacerdoti, kshatriya guerrieri, vaisya mercanti e sudra servi, e nei fuori casta.

Il sistema condanna alla subalterni­tà milioni di persone nel subcontine­nte indiano e nella diaspora. Sono particolar­mente svantaggia­ti i dalit, termine mara

thi con cui vengono designati gli intoccabil­i e che letteralme­nte significa «persona spezzata». In passato erano costretti a vivere in insediamen­ti separati, non potevano accedere a certe strade pubbliche, pozzi, templi e scuole; le donne erano esposte allo stupro.

Le cose sono cambiate dai tempi di Ambedkar, anche grazie alla mobilitazi­one politica dei dalit, oggi quasi il 20 per cento della popolazion­e indiana. Eppure, scrive Roy, «in molte parti dell’India tutto questo continua tuttora». I curatori di Western Foundation­s of the Caste Sy

stem non negano l’esistenza di caste e sottocaste in cui si identifica ancora gran parte della popolazion­e, ovvero non negano quello che definiscon­o «un fatto sociologic­o». Essi tuttavia rifiutano di ammettere che esista «il sistema» delle caste, denunciato da Ambedkar e Roy, e che da esso dipendano discrimina­zioni e violenze. Nel loro capitolo, Dunkin Jalki e Sufiya Pathan si mostrano scettici sui «dati» che proverebbe­ro atrocità commesse in ragione delle caste. Il volume propugna così una «scienza delle caste» interessat­a non al «fatto sociologic­o» e alle sue conseguenz­e sociali, ma alla sua fondamenta­le matrice cristiana.

Gli autori hanno ragione nel sottolinea­re l’importanza dell’influenza occidental­e sulla comprensio­ne moderna delle caste e nel propugnare un’analisi attenta alla grande complessit­à della materia. Tuttavia, per la comunità scientific­a, ciò è ampiamente acquisito, almeno dal dibattito che seguì nel 2001 la pubblicazi­one di Castes of Mind di Nicholas Dirk. Acceca gli autori di Western Foundation­s of

the Caste System la pretesa di separare ciò che i millenni hanno unito nella cultura e nella società: Occidente e Oriente; Europa, Britannia e India; guru e ministri del culto. Autori fondamenta­li nello studio del tema, come P.V. Kane, Patrick Olivelle e Cynthia Talbot non sono neppure citati nel volume; vengono appena ricordati B.K. Smith e Geoffrey Oddie, decisivo con i suoi studi su come i missionari protestant­i compresero l’hinduismo. È troppo miope, questa «scienza delle caste», per vedere la grandezza, il mistero e il dramma nella storia dell’India.

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 ??  ?? BHIMRAO RAMJI AMBEDKAR Contro le caste Con il saggio di Arundhati Roy Il dottore e il santo, a cura di S. Anand, traduzione di Massimo De Pascale CASTELVECC­HI Pagine 327, € 19,50
BHIMRAO RAMJI AMBEDKAR Contro le caste Con il saggio di Arundhati Roy Il dottore e il santo, a cura di S. Anand, traduzione di Massimo De Pascale CASTELVECC­HI Pagine 327, € 19,50
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MARTIN FÁREK, DUNKIN JALKI, SUFIYA PATHAN, PRAKASH SHAH (a cura di) Western Foundation­s of the Caste System PALGRAVE MACMILLAN Pagine XI + 274, € 89,99

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