Corriere della Sera - La Lettura
Indagini intorno alla malinconia
La nuova avventura di Penelope Poirot firmata da Becky Sharp, ovvero Silvia Arzola
Arrivate alla seconda avventura, Penelope Poirot, nipote del mitico Hercule di Agatha Christie, e la sua segretaria Vera Hamilton si confermano come un’ottima coppia per indagini intarsiate di equivoci, atmosfere d’altri tempi, echi letterari non invadenti, umorismo ben distribuito. Becky Sharp, pseudonimo preso da La fiera delle vanità di William M. Thackeray dall’autrice italiana Silvia Arzola, le riporta sulla pagina in Penelope Poirot e il male inglese ed è un piacere ritrovarle. La formosa Penelope, sarcastica e snob, ormai «firma» del giornalismo e vista dalla proletaria e anarchica Vera come «un bombolone. Ripieno di fiele», è impegnata in un reportage che ripercorre le tappe del Grand Tour ottocentesco, quando in spiaggia, nel golfo del Tigullio, incrocia una vecchia conoscenza, il giornalista Pepe Pestacozzi. È ospite con la sua compagna, racconta Pepe, di villa Travers a Portofino, luogo che da 10 anni era chiuso per la scomparsa tragica di un membro della famiglia: Samuel, amico e antico amore di Penelope.
Lo scatto d’ira per non essere stata invitata nella villa riaperta è immediato e fa partire la vicenda perché, con due telefonate, le protagoniste sono accolte dai Travers e sistemate nella camera verde che Penelope usava da giovane, sistemazione «molto romantica; se il romanticismo include muffa e umidità». Entrate in un gruppo chiuso, dove spiccano Lea, bella e sfacciata vedova di Samuel, e i figli di quest’ultimo, Andrew e Margherita, la mente indagatrice di Penelope si accende seguendo la pista del cold case legato a Samuel e alla prima moglie, Fiammetta, morta dal dentista.
Una pista felicemente sbagliata, perché a scombinare le carte arriva una nuova vittima: dopo un party decadente in piscina tra sangria e sauté, la mattina seguente Lea viene trovata morta. Alle indagini della polizia, si af- fiancano in parallelo quelle della coppia che toccano sia le vicende che un sentimento su cui si continuano a interrogare: la malinconia, detta altrimenti come nel titolo «il male inglese», che trova corpo in una misteriosa e bianca statua di un angelo abbandonata in giardino.
Chi l’ha messa e cosa simboleggi non sarà facile da chiarire né lo sarà scoprire che ruolo hanno fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, romanzo amato dal giovane e indolente Andrew che «da quando era nato, la tragedia gli alitava sul collo». Si arriva a una soluzione, con ritmo ben tenuto, e Becky Sharp, dopo Pene-
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