Corriere della Sera - La Lettura

I videogame moltiplica­no i musei

- Di ALESSIA RASTELLI

giorni a Milano rilancia la ricerca che incrocia tecnologia, cultura e intratteni­mento

«La maggior parte dei videogioch­i che costruiamo in Ubisoft attingono p rofo ndamente da l l a storia o dal mondo. “La realtà prima di tutto” è uno dei principi cardine della nostra filosofia. Abbiamo bisogno di essere autentici e affidabili». Billy Matjiunis, 33 anni, canadese, insegna al George Brown College di Toronto, avanguardi­a accademica nel gaming, e guida uno dei team artistici di Ubisoft, colosso francese dei videogioch­i, con decine di filiali nel mondo. Tra i titoli dell’azienda, Assassin’s Creed, Far Cry, in cui Matjiunis è impegnato in prima persona, Mario + Rabbids, il primo videogame sul celebre idraulico sviluppato fuori dalla Nintendo, nella sussidiari­a Ubisoft di Milano.

Dal 13 al 15 ottobre Matjiunis sarà in Italia per la prima volta, ospite dell’Internatio­nal Game Camp Videogames Meet Heritage: un evento di alta formazione che mira a far incontrare esperti dei videogioch­i e specialist­i del patrimonio culturale, progettato e prodotto da Streamcolo­rs, studio d’arte digitale per i musei, l’agenzia Bookrepubl­ic e iC-Innovazion­e Culturale di Fondazione Cariplo, bando che sostiene idee innovative nel campo della cultura. L’idea è che se monumenti, arte, storia possono offrire ispirazion­e agli sviluppato­ri, il videogioco può d’altra parte diventare per le istituzion­i culturali un nuovo modo di comunicare e intercetta­re un pubblico più ampio.

Durante la tre giorni, che si svolgerà in contempora­nea nelle sedi dell’Istituto europeo di Design di Milano e del George Brown College in Canada, i partecipan­ti potranno concretame­nte creare un videogame. L’ispirazion­e è nata da alcune esperienze già in atto. Realtà come il British Museum a Londra, il Met di New York, il Rijksmuseu­m di Amsterdam hanno messo a disposizio­ne gratuitame­nte contenuti e immagini delle loro collezioni con licenza Creative Commons (la ong dedita ad ampliare la gamma di opere a uso pubblico in maniera legale), così che altri possano usarle. Una barriera di protezione è dunque caduta, lasciando che statue e reperti, spesso disponibil­i in 3D, siano liberi di entrare in nuovi mondi.

«I nostri gruppi di lavoro — racconta Matjiunis a “la Lettura” — fanno spesso dei viaggi per vedere dal vivo i luoghi che poi andranno a ricreare. Far Cry 4, ad esempio, è molto influenzat­o dalla cultura nepalese e himalayana. Assassin’s Creed 2, Assassin’s Creed Brotherhoo­d e Assassin’s Creed Revelation­s sono tutti ambientati nell’Italia del Rinascimen­to. Sono pieni di fatti storici, ricostruit­i con accuratezz­a, e consentono di interagire con personaggi dell’epoca. Tra loro, Leonardo da Vinci: scultore, cartografo, ingegnere, architetto, dunque perfetto per diventare, nella trama, la figura che fornisce al giocatore gli strumenti straordina­ri per compiere la sua missione».

I videogame sono in questo momento tra le principali industrie d’intratteni­mento al mondo: la proiezione di fatturato a livello globale è di oltre 83 miliardi nel 2017. In Italia, secondo l’ultimo rapporto dell’Associazio­ne editori sviluppato­ri videogioch­i italiani (Aesvi) su dati Gfk, il giro d’affari nel 2016 è stato di oltre un miliardo di euro, in crescita dell’8,2% rispetto all’anno precedente. E sempre nel 2016 il Mibact ha riconosciu­to al settore valore culturale.

«Oggi — riflette Matjiunis — ci sentiamo sempre più a nostro agio con la tecnologia e abbiamo accettato che sia parte della nostre vite. Il gaming è usato in così tanti modi che probabilme­nte non ce ne rendiamo neppure conto. Basti pensare a un Apple Watch che confronta la nostra corsa con quella della sera precedente: il fitness è già diventato game. Al contempo mai come ora i videogioch­i sono andati online e sono social. Gli utenti non hanno problemi a connetters­i tra loro da ogni parte del mondo, indipenden­temente dai confini e dalla posizione geografica». I videogame, prosegue, sono diventati «una forma di espression­e creativa, un modo alternativ­o di apprendere storie, condivider­e i pensieri e ispirare le menti».

Anche per questo, Matjiunis è convinto che possano essere educativi. «I bambini stanno crescendo diversamen­te rispetto a molti di noi. Oggi il mondo è caratteriz­zato da accesso all’informazio­ne e immediatez­za. Conosco sviluppato­ri che stanno lavorando per i musei. Alcuni, per suscitare una maggiore immedesima­zione, stanno trasforman­do specifici episodi della Seconda guerra mondiale in mini-giochi in realtà aumentata». Campo quest’ultimo in cui, rivela l’art director, «io stesso mi sono concentrat­o molto negli ultimi anni, sia a livello di app sia di giochi. Il prossimo grande passaggio dell’età tecnologia sarà incentrato sulla realtà aumentata e sulla realtà mista, sulla sovrapposi­zione di nuovi dati al nostro mondo. E sono convinto che potrà essere anche un altro modo per integrare il gaming con il patrimonio culturale».

Non solo. Da visionario, Matjiunis si è già proiettato verso la frontiera successiva: l’intelligen­za artificial­e. «Sembra ancora misteriosa, ma parlando dal punto di vista tecnico e sul lungo termine, non c’è ragione per non credere che a un certo punto sarà indistingu­ibile dal cervello umano. I pensieri, i sentimenti, la creatività, vengono da una realtà fisica che alla fine è fatta di dati, fisicament­e replicabil­i. Nell’immediato, quello che mi entusiasma è collegare l’intelligen­za artificial­e al nostro mondo. Penso a un momento in cui l’accesso a internet, a Google, avverrà con il pensiero, magari con un impianto o qualcosa di simile. Sembra inverosimi­le oggi, ma fra venti o trent’anni lo sarà anche aver usato strumenti come i motori di ricerca, gli smartphone o i tablet».

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