Corriere della Sera - La Lettura
Demoni del passato e nuovi orrori Il cuore di tenebra è ancora più nero
Un trentenne indaga sui misteri di famiglia nell’opera prima di Filippo De Matteis
C’è non poco del conradiano Cuore di tenebra — tinteggiato qua e là da lacerti montaliani — in Cuori di seppia, opera prima di Filippo De Matte is.Chen arra d’ un protagonista trentenne consumato dall’ansia di conoscere cosa si nasconda dietro il nome di Laure Berdych segnato su un biglietto giunto dal Belgio con la notizia della sua scomparsa vent’anni prima trovato intasca di nonna Vittoria, morta forse proprio in conseguenza di quella notizia. La nonna che ha allevato e accudito quel trentenne, che «aveva perso la famiglia e l’avvenire di figlio quando era appena un neonato. Per una disgrazia, un incidente avvenuto quando lui, miracolo impunito, era altrove», comparso dal nulla in quel paese del Sud, e condotto alla depressione dalla inquietudine interiore del dover convivere col mistero della sua provenienza.
Di qui la necessità di conoscere non solo chi fosse L aure, ma pure il suole game con la nonna, nella convinzione di essere a sua volta egli stesso parte integrante di quel legame, che lo spinge a interrogare persone anziane, sino a imbattersi nell’esistenza anni prima in quei luoghi dell’ospedale psichiatrico di Santa Caterina, struttura all’epoca all’avanguardia, nel quale Laure aveva trascorso diverso tempo insieme a Jerome, celebre psichiatra sia pur anche discusso e contestato per talune teorie innovative da lui sperimentate, soprattutto in prima persona sulla figura della figlia. Esco- prendo non solo chela nonna vi ha prestato «amorevole servizio volontario» ma ha persino ospitato la ragazza a casa sua.
Una Laure il cui «fantasma» lo coinvolge tanto profondamente «da convincerlo che la sua serenità passasse anche dallo scioglimento di quel mistero»; sì da spingersi in Belgio, sino alla dimora dell’architettura« gotico- geroglifica» alla Walpole nella quale vive tuttora un Jerome che «ha quasi cent’anni. È vecchio e malato, ma soprattutto è pazzo», circondato dai «demoni» del suo passato, guardato a vista dalla giovane moglie Vivienne, a sua volta assillata dalla figura di Laure. Tanto più che quella casa custodisce oltre a quello di Laure il mistero della morte della madre, suicidatasi mentre era nuovamente incinta.
Una storia nella quale viene accumulandosi un «insieme grottesco di elementi controversi» che il protagonista scopre ben presto combinarsi «su mille direzioni possibili», realizzando «che non era lui che veniva a quella storia, ma quella storia che veniva a lui, dubbiosa se fidarsi o meno». E dove lo scioglimento è favorito dai quattro «diari di fatti miracolosamente intimi» di Jerome, da lui consegnati in punto di morte alla moglie, che svelano« una componente conturbante potentissima », nonché «una relazione morbosa col padre» di Laure, in un crescendo di «orrore» fisico e psicologico. Pagine che Vivienne e il protagonista leggono fianco a fianco nelle sale della biblioteca, entrando nel buco nero del cuore di Jero-
me e in quello martoriato di Laure, divisa tra tensione alla felicità e deliri maniacali, con approdo finale sorprendente, certo col romanzesco della agnizione, comunque funzionale. Una realtà che nello scorrere delle pagine va facendosi sempre più terribile, tanto più che sono gestite con unost ring entec rescendo di tensione, procedendo per accelerazioni dopo il lento avvio, e intensificandosi quando la narrazione poggia sui contenuti del diario di Jerome.
Un racconto insieme struggentemente delicato e impietosamente duro, che ha quale controcanto un piccolo poema sezionato a mo’ d’epigrafi dei vari capitoli, nei quali si incontra il senso del titolo («Cuori di seppia, Più giù di dove si tocca, Dove non si tocca più, Abbiamo sepolto la nostra casa»), con personaggi ben delineati e offerto con lingua assai ben padroneggiata, anche nel versante tecnico-medico nel suo procedere introspettivo e nel dialogato; a volte sino al vezzo della ricerca della «bella frase» o ad effetto, o di immagini un po’ forzate.