Corriere della Sera - La Lettura

La tomba macedone di Anfipoli conserva intatti tutti i misteri

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Una delle scoperte più spettacola­ri degli ultimi decenni è stata la tomba sulla collina di Kasta ad Anfipoli, circa 100 chilometri a est di Salonicco, il sepolcro più grande mai ritrovato in Grecia. Dopo scavi parziali nel 1964 e nel 1970, nel 2014 gli archeologi sono entrati per la prima volta nella tomba, e ne hanno subito compreso l’importanza. Si tratta di una serie di camere funerarie, probabilme­nte risalenti al 325-300 a. C., interrate in un tumulo circolare della circonfere­nza di 500 metri, le cui dimensioni fanno sembrare piccola la tomba di Filippo II di Macedonia, il padre di Alessandro Magno, sepolto nella vicina Verghina. Sulla sommità, in origine, si doveva trovare la gigantesca statua di un leone seduto, emblema regale, già trovato nel 1912 nel letto del vicino fiume Strimone. L’ingresso della tomba è custodito da due grandi sfingi alate, con la testa di donna e il corpo di leone. Un secondo ingresso è sostenuto da due cariatidi di marmo alte 2,27 metri, in eleganti chitoni e coturni, ciascuna con un braccio alzato, come per fermare gli eventuali intrusi (ma è certo che il sepolcro, purtroppo, fu violato già in tempi antichi). Dalla porta di marmo, trovata in pezzi, si entrava nella camera funeraria, pavimentat­a da un grande mosaico con il rapimento di Persefone sul carro di Ade, alla presenza di un Ermes dal cappello macedone a larghe falde. Lo stesso mito è raffigurat­o nelle tombe regali di Verghina, e potrebbe rappresent­are un motivo di collegamen­to fra il defunto di Anfipoli e la famiglia dei re di Macedonia. Sono state trovate anche ossa umane, in tutto cinque scheletri, fra cui una donna sui 60 anni, due uomini di 35 e 40 anni, un neonato e una quinta persona non meglio identifica­bile, oltre

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