Corriere della Sera - La Lettura
Un algoritmo per tracciare i pensieri più radicali
Ogni 40 secondi una persona nel mondo si toglie la vita. E in molti casi si tratta di giovani. Lo dice l’Organizzazione mondiale della Sanità. Una nuova tecnica di apprendimento automatico, messa a punto da ricercatori dell’Università Carnegie Mellon e dell’Università di Pittsburgh (entrambe in Pennsylvania), potrebbe contribuire a ridurre il fenomeno. Il funzionamento è descritto in uno studio uscito su «Nature Human Behaviour». Gli scienziati hanno esaminato 34 individui con un’età media di 23 anni, divisi in due gruppi numericamente identici: uno costituito da soggetti sani, l’altro da individui che avevano espresso in passato pensieri suicidi. Ogni partecipante è stato sottoposto a risonanza magnetica cerebrale funzionale e nel frattempo gli è stato chiesto di riflettere su 30 parole. Un terzo dei termini aveva connotazione positiva, un terzo negativa e il restante terzo richiamava il concetto di suicidio. Gli studiosi hanno così individuato i 6 vocaboli ( morte, crudeltà, problema, spensierato, buono e lode) e le 5 aree cerebrali che meglio servono a distinguere le persone con tendenze suicide dai soggetti sani. Li hanno quindi usati per addestrare un algoritmo di apprendimento automatico, indicando alla macchina quali erano le reazioni correlate a una propensione al suicidio e quali no. L’algoritmo ha determinato con un’accuratezza del 91% gli individui con inclinazioni suicide e quelli dell’altro gruppo. E ha riconosciuto con una precisione del 94% chi aveva tentato di farla finita. «La tecnica non sostituisce la psichiatria comportamentale», ha dichiarato Marcel Just, docente alla Carnegie Mellon, a «Slate». Ma «immagino un paziente che non riveli al terapista le proprie intenzioni e che, dalla scansione cerebrale, risulti avere idee suicide. Il terapista vorrebbe saperlo, giusto?».