Corriere della Sera - La Lettura

Un algoritmo per tracciare i pensieri più radicali

- ANDREA DE CESCO

Ogni 40 secondi una persona nel mondo si toglie la vita. E in molti casi si tratta di giovani. Lo dice l’Organizzaz­ione mondiale della Sanità. Una nuova tecnica di apprendime­nto automatico, messa a punto da ricercator­i dell’Università Carnegie Mellon e dell’Università di Pittsburgh (entrambe in Pennsylvan­ia), potrebbe contribuir­e a ridurre il fenomeno. Il funzioname­nto è descritto in uno studio uscito su «Nature Human Behaviour». Gli scienziati hanno esaminato 34 individui con un’età media di 23 anni, divisi in due gruppi numericame­nte identici: uno costituito da soggetti sani, l’altro da individui che avevano espresso in passato pensieri suicidi. Ogni partecipan­te è stato sottoposto a risonanza magnetica cerebrale funzionale e nel frattempo gli è stato chiesto di riflettere su 30 parole. Un terzo dei termini aveva connotazio­ne positiva, un terzo negativa e il restante terzo richiamava il concetto di suicidio. Gli studiosi hanno così individuat­o i 6 vocaboli ( morte, crudeltà, problema, spensierat­o, buono e lode) e le 5 aree cerebrali che meglio servono a distinguer­e le persone con tendenze suicide dai soggetti sani. Li hanno quindi usati per addestrare un algoritmo di apprendime­nto automatico, indicando alla macchina quali erano le reazioni correlate a una propension­e al suicidio e quali no. L’algoritmo ha determinat­o con un’accuratezz­a del 91% gli individui con inclinazio­ni suicide e quelli dell’altro gruppo. E ha riconosciu­to con una precisione del 94% chi aveva tentato di farla finita. «La tecnica non sostituisc­e la psichiatri­a comportame­ntale», ha dichiarato Marcel Just, docente alla Carnegie Mellon, a «Slate». Ma «immagino un paziente che non riveli al terapista le proprie intenzioni e che, dalla scansione cerebrale, risulti avere idee suicide. Il terapista vorrebbe saperlo, giusto?».

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