Corriere della Sera - La Lettura
La Puglia di Giordano è una terra desolata
Quasi tutto ambientato in Puglia questo nuovo romanzo di Paolo Giordano, Divorare il cielo. Ma non la Puglia à la page delle masserie da sogno predilette dalle popstar. È una Puglia desolata, come il titolo del capolavoro di Eliot, dove si aggirano personaggi dostoevskijani (di complemento), giovani demoni. Campagne infestate dal punteruolo rosso e altri parassiti. E parassiti sono anche i protagonisti che si dilaniano a vicenda in nome di amori inconfessati, figli di un odio generico (come si dice delle medicine), senza un’origine precisa se non il fatto di essere vivi. È un romanzo che non lascia scampo e lo dimostra la bibliografia che sigilla l’ultima pagina: la Sacra Bibbia; Origene, Omelie su Ezechiele; Max Stirner, L’unico e la sua proprietà; Masanobu Fukuoka, La rivoluzione del filo di paglia. Un’introduzione all’agricoltura naturale. Ho sempre diffidato dei romanzi che esibiscono una bibliografia, sono quasi peggio di quelli che sfoggiano una discografia, la compilation che ha accompagnato l’autore mentre scriveva e che (Dio ce ne liberi!) dovrebbe accompagnare il lettore mentre legge. La bibliografia è la morte di un romanzo. I libri letti dall’autore devono sparire, diventare spray al momento di scrivere. Gli eroi di Giordano non ridono mai (solo giunto alla penultima pagina, la 429, ho sottolineato la frase: «Abbiamo riso», e lì per lì ho pensato che ci si riferisse a questioni di dispensa), per il resto del tempo hanno il cuore a pezzi, la voce strozzata in gola, le lacrime agli occhi, la nausea allo stomaco e vomitano appena possono. Ha uno scrittore il diritto di riversare sui lettori tanto malessere? Non lo penso (e lo dico stravedendo per un imperatore del malessere come Céline). Per riprendermi e a indennizzo dei lettori segnalo due esordi che raccontano il male di vivere, ma con levità e senza disgusto: Oreste Lo Pomo, Malanni di stagione, Cairo; Mirko Sabatino, L’estate muore giovane, Nottetempo. Allegria!, come diceva il vecchio Mike.