Corriere della Sera - La Lettura

Fortezze romane, poi bizantine L’Albania ritrova il suo passato

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Non solo belle spiagge, buon cibo e prezzi fermi agli anni Settanta. L’Albania attrae turisti anche per l’archeologi­a. Isolata dal mondo durante la Guerra fredda, è rimasta relativame­nte inesplorat­a, e sta fiorendo grazie al rinnovato interesse degli albanesi verso il loro passato come risorsa economica. Dyrrachium (Durrës o Durazzo, dal greco «costa rocciosa»), grande porto romano dotato di un anfiteatro della capacità di 20 mila spettatori, era detta da Catullo «taverna dell’Adriatico», in quanto tappa obbligata per i viaggiator­i che imboccavan­o la via Egnatia verso Tessalonic­a (Salonicco) e Bisanzio (Istanbul). Poco più a sud, Apollonia, fondazione greca di Corinto e Corfù nel territorio degli Illiri, fiorì nel periodo romano come porto di collegamen­to fra Brindisi e la Grecia settentrio­nale. Ancora più a sud, Buthrotum (Butrint), nell’antico Epiro, di fronte a Corfù, fu fondata secondo la leggenda da Eleno, figlio di Priamo, e qui Virgilio fa sostare anche Enea durante la fuga da Troia. In quest’area dell’Albania meridional­e, nelle zone di Paleokastr­o e Melan, le Università di Macerata e di Tirana hanno da poco chiuso una fruttuosa collaboraz­ione che ha portato al ritrovamen­to di imponenti fortezze romane del IV secolo d.C., rimaneggia­te poi dai bizantini. Sono stati ritrovati inoltre insediamen­ti ellenistic­i (III-I sec. a.C.) nella valle del Drino, zona strategica per i Romani nella conquista della Macedonia, e prosegue lo studio della città di Hadrianopo­lis, a sud di Gijrokastr­a, abitata dalla tribù greca dei Caoni, e ricostruit­a da Adriano. Macerata e Tirana programman­o di continuare gli scavi nel 2019.

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Ruderi di fortezza romana in Albania

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