Corriere della Sera - La Lettura
Il Sessantotto fu «progressive» (non ribelle)
Un anno chiave: nacquero gruppi spesso effimeri, uno solo femminile. In Italia? Il Banco
Aciascuno il proprio 1968. E per una volta ci piace pensarlo in musica. Facendo cadere magari anche qualche luogo comune. Sì, perché andando un poco a fondo rispetto all’immaginario di musica e protesta scopriamo, per esempio, che la maggioranza dei gruppi fondati ufficialmente (e non) nell’anno della contestazione non sono gruppi di protesta, di quella protesta, come invece si potrebbe pensare. Si tratta invece di band legate soprattutto al progressive
rock, un genere nato come evoluzione del rock psichedelico, alla fine degli anni Sessanta in Inghilterra, con l’intenzione di valorizzare ulteriormente una musica che stava cercando di ritrovare se stessa e di darsi un significato nuovo.
Ecco allora che nel rock progressivo molti testi cantati vengono sostituiti da lunghe suite strumentali, con l’aggiunta di qualche citazione contrappuntistica che richiama la nobiltà di Bach; con l’utilizzo di sintetizzatori in grado di espandere e di gonfiare il suono, rendendolo «orchestrale»; infine — per allargare gli orizzonti di ascolto e di pubblico — la ricetta pro
gressive prevedeva qua e là, a piccole dosi, anche qualche «speziatura» etnica, esotica e terzomondista, alle quali il jazz però era arrivato già anni prima, e con motivazioni ben diverse e più profonde.
Il «progressive» al comando
L’elenco delle band inglesi di pro
gressive fondate in quel mitico 1968 è lungo, e va dalla «a» degli Argent alla — ci manca la «z» — «y» degli Yes. Molti gruppi sono soltanto meteore dai nomi strampalati che non hanno visto nemmeno il sorgere del sole nel- l’anno successivo. Altri invece hanno fatto la storia. Come i canadesi Rush, fra i massimi e più longevi esponenti di questo genere, i Colosseum di Jon Hiseman, i King Crimson di Robert Fripp, e poi Steve Howe che, prima di unirsi agli Yes, aveva creato quello stesso anno un altro gruppo progres
sive, i Bodast, noto anche con il nome Canto.
In Italia questo genere è stato nobilmente rappresentato dal Banco del Mutuo Soccorso con l’inconfondibile voce di Francesco Di Giacomo. Per il resto i gruppi italiani fondati nel 1968 furono legati al beat (i riminesi G. Men, i milanesi I gatti rossi, i vicentini Giuliano e i Notturni), al canto popolare degli anconetani La Macina, al rhythm’ n’ blues degli Showmen (nei quali muoveva i suoi primi passi un giovane James Senese) e al pop degli Alunni del Sole. Caso curioso e — ge-
ograficamente parlando — isolato, di
progressive è quello rappresentato dai greci Aphrodite’s Child, formati da Loukas Sideras, Demis Roussos (sì, proprio lui, il Barry White greco, sempre che Barry White non fosse il Demis Roussos afroamericano...) e Vangelis (pseudonimo di Evangelos Odysseas Papathanassiou), autore di colonne sonore di successo internazionale ( Momenti di gloria, Blade Runner).
Le estremità dell’hard rock
Il secondo disco dei Colosseum apre le porte ad un altro genere che si affermò in quegli anni: l’heavy metal. Il loro Valentyne Suite fu infatti pubblicato dalla Vertigo Records, che è stata anche la prima etichetta dei Black Sabbath, storica band di Birmingham fondata nel 1968. Pestavano duro però anche i tedeschi Accept di Udo Dirkschneider, gli americani Dust di Richie Wise e i londinesi Free (nati sotto l’ala protettiva di Alexis Korner). Ma il 1968 è anche l’anno dei Led Zeppelin e dei Deep Purple, i punti opposti di un genere, l’hard rock, dalle mille sfaccettature, tra l’assolo memorabile di Jimmy Page sull’altrettanto memorabile Stairway to Heaven (siamo già nel 1971) e quei vocalizzi animaleschi, di potenza tellurica che Ian Gillan emetteva in Child in Time (incisa l’anno prima). Non alla stessa altezza la risposta scozzese sessantottina all’hard rock del 1968 con i Nazareth, che avrebbero raggiunto il successo mondiale (1975) con la ballad Love
Hurts cantata da Dan McCafferty. In Germania si sviluppa un altro caso curioso, il cosiddetto Krautrock (termine usato in maniera denigratoria dalla rivista «Melody Maker»), un genere figlio del progressive e del- l’avanguardia elettronica (sì, anche quella di Karlheinz Stockhausen), che trova nei Can (gruppo di Colonia) e negli Organisation (il primo nucleo dei futuri Kraftwerk), la loro prima espressione compiuta. Nel 1968 i Beatles erano nel pieno del loro successo ( Blackbird, Lady Madonna, Revolution, Julia sono tutte di quell’anno) ma John Lennon fonda con Yoko Ono il gruppo Plastic Ono Band e prende parte ai The Dirty Mac con Eric Clapton e Keith Richards (un’unica esibizione al The Rolling Stones Rock and Roll Circus del dicembre 1968).
Il suono delle chitarre acustiche
L’evoluzione del rock verso forme e modi dell’avanguardia, nel 1968, avviene all’Università di Cambridge con la fondazione del gruppo Henry Cow da parte di Fred Frith (tuttora attivo) e Tim Hodgkinson. Sonorità sperimen- tali da una, e ritorno al folk, alla purezza della musica acustica dall’altra, con i Pe n t a g l e d i B e r t J a n s c h e J o h n Renbourn (entrambi sopraffini chitarristi acustici). Tutto accade ancora una volta nel Regno Unito. Le chitarre acustiche (memorabile il suono dello loro Martin) pulsano però con prepotenza anche negli States, quando nel 1968 cominciano a fare musica insieme Crosby, Stills e Nash. Successivamente si sarebbe unito a loro Neil Young. Capolavori assoluti sono i loro dischi Déjà Vu, Four Way Street, fra le più belle incisioni di stile West Coast della storia. Allargando lo sguardo ad altri generi, ricordiamo (nel 1968) il reggae dei giamaicani The Upsetters e Inner Circles, la rumba dei congolesi Orchestre Stukas e la salsa dei Fania All-Stars di Johnny Pacheco.
Il 19 maggio 1968 (giorno del compleanno di Malcolm X, morto nel ’65) a New York nascono i Last Poets, che hanno influenzato con forza l’hiphop. L’unico gruppo tutto al femminile è quello americano di The Shaggs, composto dalle sorelle Wiggin, Dorothy «Dot», Betty ed Helen, con un unico disco (naif) a loro carico, The
Philosophy of the World, apprezzato da Frank Zappa (pare abbia detto, a modo suo: «Meglio dei Beatles») . L’anno dopo sarebbe stato quello del Festival di Woodstock, il 1970 quello della morte di Jimi Hendrix e di Janis Joplin. Nel 1971 si sarebbe spento anche il nichilismo di Jim Morrison.
La visualizzazione di questa settimana è a cura di Davide Mancino (1983), information designer. Il suo profilo Twitter è @davidemancino1