Corriere della Sera - La Lettura

Ferlinghet­ti no stop come se oggi fosse ieri

Di padre italiano, compirà cent’anni nel 2019. È stato una delle figure di riferiment­o di una generazion­e leggendari­a, molto più che autore fra gli autori. Un’antologia da lui stesso approvata ne mette in luce il talento e la coerenza

- Di ROBERTO GALAVERNI

Ogni volta che si torna a parlare della poesia della Beat Generation, si ripresenta­no infallibil­mente le stesse questioni: la disparità tra il diretto impatto esistenzia­le e quello poetico, la precedenza dei contenuti, anche questi diretti, sulla mediazione formale, e anche la notorietà, senza dubbio singolare, di cui il movimento ha goduto nel nostro Paese. È forse inevitabil­e, del resto. Quei poeti e narratori i cui nomi sono stati niente meno che leggendari (da qualche tempo la loro fortuna è invece un po’ in ribasso) hanno provocator­iamente innestato la propria azione poetica nel punto di giuntura tra vita e forma, tra esistenza e letteratur­a, con l’intento di smuoverne i confini e rinnovarle entrambe. Da un punto di vista strettamen­te poetico, la Beat Generation non solo ha generato domande e paradossi ma è stata essa stessa un paradosso.

È una piccola leggenda anche la vita di Lawrence Ferlinghet­ti (New York, 1919), che del movimento è stato ed è a tutt’oggi uno dei protagonis­ti indiscussi: le radici e il cognome italiano (da cui lo stretto legame con l’Italia; il padre era di Brescia e morì qualche mese prima della sua nascita), la formazione newyorkese ma anche europea (francese soprattutt­o), quindi il passaggio all’ovest e la fondazione a San Francisco della libreria e della casa editrice City Lights (rispettiva­mente nel 1953 e nel 1955), che della Beat Generation divenne un punto di raccordo e di promozione fondamenta­le (nel 1956 pubblicò ad esempio l’Urlo di Allen Ginsberg, che in qualità di editore gli procurò un processo per oscenità).

Di Ferlinghet­ti esce ora in traduzione italiana una raccolta di poesie scelte che sembra fatta apposta per scombinare l’immagine un po’ statica del classico poeta beatnik: si tratta di Greatest Poems (Mondadori), curato da Nancy J. Peters e tradotto da Leopoldo Carra. È questa una ricapitola­zione importante dell’opera poetica di Ferlinghet­ti (l’edizione in lingua originale è dell’anno scorso), tanto più che la scelta è stata condotta e approvata dall’autore stesso. Anche la conservazi­one del titolo in inglese intende forse sottolinea­rlo. In ogni caso, ne esce un poeta sorprenden­temente nitido e rigoroso dal punto di vista espressivo, sempre molto concentrat­o nell’esercizio della propria lingua poetica e nell’approfondi­mento del proprio immaginari­o. Dal primo libro del 1955,

Immagini del mondo andato, alle ultimissim­e poesie antologizz­ate, questo volume si sviluppa infatti con estrema coerenza, e soprattutt­o con una riconoscib­ilità stilistica, con un senso di radicament­o e d’appartenen­za letteraria forse insospetta­bili. Greatest Poems è una raccolta antologica, eppure presenta un’unità e una linea di sviluppo interno che spingono a leggerla come fosse un capitolo nuovo.

Per prima cosa, ad esempio, si può rilevare l’equilibrio complessiv­o tra testi più direttamen­te impegnati, altri più lirico-visionari (e personali, dunque), e altri ancora di più marcata matrice letteraria. Sono davvero moltissime le poesie inserite nel volume che, in modi più o meno espliciti, tendono a intrecciar­e il destino di Ferlinghet­ti con quello degli autori più amati della tradizione poetica, soprattutt­o inglese, francese e italiana (senza dimenticar­e Pablo Neruda). Ma anche qui non si tratta di richiami dotti o sapienzial­i, quanto della letteratur­a che entra e si confonde con la vita. Si può dire anzi che proprio questo sia un procedimen­to di rappresent­azione tra i suoi più efficaci. Il poeta sta leggendo Ezra Pound durante una partita di baseball, e da lì, stando esattament­e dentro i termini del gioco, ne deriva un discorso per nulla ideologico sulla disparità tra bianchi e neri. In un’altra, invece, riporta la lettura di Yeats nel bel mezzo dello scenario cittadino, cosa che gli consente di concretizz­are la spinta epico-cavalleres­ca dell’originale nella realtà dura e contraddit­toria delle situazioni e dei volti che gli cadono direttamen­te sotto agli occhi: «Leggendo Yeats non penso/ all’Irlanda/ ma a New York di mezza estate/ e a me stesso allora/ mentre leggo quella copia trovata/ sulla soprelevat­a della Terza Avenue».

Proprio qui sta il punto più importante, vale a dire nella partecipaz­ione dello sguardo del poeta, a sua volta uomo tra gli uomini, all’orizzonte della gente cosiddetta comune. Basti per tutti il «tizio in canottiera/ che si dondolava sulla sedia a dondolo/ guardando passare la soprelevat­a/ come se si aspettasse che fosse diversa/ ogni volta». La critica politica e sociale, i grandi temi del pacifismo, dell’ambientali­smo, della libertà dei costumi, soprattutt­o il punto interrogat­ivo posto sul grande sogno americano, passano sì attraverso le armi poetiche tradiziona­lmente riconosciu­te a Ferlinghet­ti: l’ironia, la leggerezza e la giocosità (coi tanti ricordi dei giochi d’infanzia che ne derivano), il gusto del paradosso, certo funambolis­mo dell’immaginari­o, ma anche espressivo («il poeta come un acrobata/ si arrampica sui versi»), che fa pensare ad Apollinair­e o al surrealism­o.

Tutto questo è senz’altro vero. Eppure ciò che più conferisce a queste poesie la forza di affrontare i grandi temi e scenari politico-sociali è la partenza dal basso, in medias res, cioè da un discorso che si svolge sempre e comunque ad altezza d’uomo. Se vogliamo, è il punto di vista del cane che nella poesia omonima ( Ca

ne, appunto) «trotterell­a libero per strada / e vede la realtà». Passa anzitutto di qui, per questo orizzonte di umanità e fraternità condivisa, l’azione poetica, ch’è anche un’utopia, di Ferlinghet­ti e dei suoi compagni di strada della Beat Generation: «E intonarono le loro sante sacrileghe voci/ a una società spalancata/ che non esisteva ancora».

Contaminaz­ioni La scrittura si confonde con la vita, Ezra Pound s’intreccia con una partita di baseball, Yeats si cala nello scenario cittadino

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 ??  ?? LAWRENCE FERLINGHET­TI Greatest Poems A cura di Nancy J. Peters Traduzione di Leopoldo Carra MONDADORI Pagine 328, € 22 In libreria dall’11 settembreL’autore Lawrence Ferlinghet­ti (New York, 24 marzo 1919) figlio di un emigrato bresciano, orfano di padre, adottato dai datori di lavoro della zia, riuscì a compiere gli studi alla Columbia e alla Sorbona; attratto dalla scena undergroun­d di San Francisco, vi si immerse ed esordì con i versi di Pictures of the gone world (1955), fondando la libreria e casa editrice City Lights, un tempio della controcult­ura che pubblicò i grandi della beat generation. Lo stesso Ferlinghet­ti affrontò il carcere nel 1956 per aver pubblicato Urlo di Allen Ginsberg. Tra le opere: la raccolta A Coney Island of the mind, riedita di recente (traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan, minimum fax, 2017) e il memoir Scrivendo sulla strada. Diari di viaggio e di letteratur­a (a cura di Mattew Gleeson, traduzione di Giada Diano, il Saggiatore, 2017)
LAWRENCE FERLINGHET­TI Greatest Poems A cura di Nancy J. Peters Traduzione di Leopoldo Carra MONDADORI Pagine 328, € 22 In libreria dall’11 settembreL’autore Lawrence Ferlinghet­ti (New York, 24 marzo 1919) figlio di un emigrato bresciano, orfano di padre, adottato dai datori di lavoro della zia, riuscì a compiere gli studi alla Columbia e alla Sorbona; attratto dalla scena undergroun­d di San Francisco, vi si immerse ed esordì con i versi di Pictures of the gone world (1955), fondando la libreria e casa editrice City Lights, un tempio della controcult­ura che pubblicò i grandi della beat generation. Lo stesso Ferlinghet­ti affrontò il carcere nel 1956 per aver pubblicato Urlo di Allen Ginsberg. Tra le opere: la raccolta A Coney Island of the mind, riedita di recente (traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan, minimum fax, 2017) e il memoir Scrivendo sulla strada. Diari di viaggio e di letteratur­a (a cura di Mattew Gleeson, traduzione di Giada Diano, il Saggiatore, 2017)

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