Corriere della Sera - La Lettura

Un po’ cubista, un po’ futurista lo spiritello della pubblicità

I manifesti realizzati da artisti di sensibilit­à diverse per lanciare i prodotti Campari all’inizio del Novecento sono opere che riflettono il gusto del tempo e addirittur­a anticipano tendenze che si affermeran­no più avanti. Un’esposizion­e rende omaggio a

- Di ANDREA FANTI

Una raccolta di manifesti che sono lo specchio della società italiana del secolo scorso costituisc­e il corpus della mostra londinese The Art of Campari, dove si trovano anche reperti originali riferibili al marchio: casse, bicchieri, bottiglie, targhe, apribottig­lie, tappi, tovaglie... Le affiche di grande formato raccontano di una borghesia dinamica e moderna che anticipa i cambiament­i della società influenzan­done lo stile e le mode. Il concetto di made in Italy scrutato e studiato da molti, in questi «cartelloni pubblicita­ri» è protagonis­ta, rivelato con classe da alcuni maestri dell’arte della comunicazi­one visiva. Capisaldi di una cultura che influenzer­à per molto tempo la stessa concezione di comunicazi­one d’impresa.

Nel 1860 Gaspare Campari fonda a Milano l’azienda che produce un liquore rosso rubino dal retrogusto amaro, il Bitter Campari. Pochi anni dopo apre un caffè ristorante in Galleria Vittorio Emanuele II, appena inaugurata nel cuore di Milano, destinata a diventare in breve il «salotto» della borghesia della città. Il figlio Davide, ai primi del Novecento trasformer­à quindi l’impresa di famiglia in industria e promuoverà un’aggressiva strategia commercial­e in sintonia con i cambiament­i della società. L’idea è di commission­are manifesti pubblicita­ri ad artisti di talento in virtù della convinzion­e che l’arte sia un linguaggio universale. Si rivela, questa, un’intuizione vincente che innesca da subito un circolo virtuoso facendo sì che la bevanda sia associata alla vitalità e alle aspirazion­i cosmopolit­e della città di Milano. Agli artisti viene assicurata dalla committenz­a la massima libertà di progettare. Unico vincolo: comunicare il prodotto in modo elegante, una sfida che verrà affrontata in molti modi diversi.

Adolf Hohenstein, già scenografo alla Scala di Milano e direttore artistico delle Officine Grafiche Ricordi, ritrae con tecnica realista e in stile Art Noveau due eleganti uomini al caffè in attesa della bevanda (1901). E il garbo della comunicazi­one si consolida grazie al contributo di Marcello Dudovich che con ampie campiture di colore descrive dame eleganti in compagnia di ufficiali del regno (1913) in pieno stile Belle Époque (l’autore triestino, tra l’altro, disegnava anche le copertine de «La Lettura»). Il linguaggio della Campari si arricchirà di altre sfumature con le pennellate di Leonetto Cappiello, autore del celebre Spiritello (1921): il dinamismo della composizio­ne e la vivacità del soggetto immaginari­o ne fanno subito un’icona.

Le bottiglie del prodotto che in un primo tempo facevano capolino in forma molto discreta, diventano protagonis­te nelle opere di Marcello Nizzoli che le ritrae con occhio cubista mostrando come la réclame non tema il confronto con l’arte, essendosi ritagliata uno spazio autonomo. L’approccio dell’azienda alla comunicazi­one visiva sempre molto innovativo coinvolge anche artisti di diversa provenienz­a, facendo convivere molti linguaggi, come le particolar­i rappresent­azioni di Ugo Mochi, eleganti silhouette che raccontano il saper vivere contempora­neo (1927-32).

Nel decennio 1926-36 un’altra impennata, con la collaboraz­ione del geniale Fortunato Depero, che riteneva la pubblicità «un’arte viva che penetra e si diffonde ovunque, moltiplica­ta all’infinito e che non rimane sepolta nei musei». È così che lo stile di derivazion­e futurista irrompe nella comunicazi­one Campari. L’energia dirompente dell’artista trentino è molto efficace ma soprattutt­o a lui si deve il design della bottigliet­ta per il primo aperitivo monodose, trasparent­e, senza etichetta e a forma di bicchiere capovolto. Una perfetta operazione di marketing.

La comunicazi­one sui manifesti Campari riappare dopo cinque lustri: nel frattempo l’azienda aveva utilizzato medium diversi. Negli anni Sessanta il tratto sinuoso di Franz Marangolo esprime in pieno il gusto per la moda e le tendenze di quegli anni interpreta­ndo così il prodotto: disegna la bottigliet­ta di Depero che corre sbarazzina ammiccando. Mentre Bruno Munari nel 1964 in occasione dell’inaugurazi­one della metropolit­ana milanese realizzerà una grande affissione col compendio di tutti i marchi storici, per suggellare in modo definitivo il binomio Campari – Milano, ufficializ­zando la piena identifica­zione dei valori dell’azienda con quelli della città. Alla fine del secolo scorso, poi, il contributo dell’artista pop Ugo Nespolo, per i mondiali di calcio in Italia (1990), rinverdisc­e l’amore verso il manifesto da parte dell’azienda pur in un momento in cui sono gli spot pubblicita­ri ad avere un ruolo di primo piano nella comunicazi­one.

Come una galleria Ad Hohenstein, scenografo alla Scala, succedono Dudovich, Cappiello e Depero, al quale si deve la creazione della bottigliet­ta diventata icona

 ??  ?? Le immagini In alto a sinistra: Leonetto Cappiello (1875-1942), Lo Spiritello, (1921); in alto a destra: Franz Marangolo (1912-1995), Bitter Campari (1960); sotto: Fortunato Depero (1892-1960),Distrattam­ente mise il Bitter Campari in testa (1928); a fianco: Marcello Nizzoli (1887-1969) Campari l’aperitivo (1926)
Le immagini In alto a sinistra: Leonetto Cappiello (1875-1942), Lo Spiritello, (1921); in alto a destra: Franz Marangolo (1912-1995), Bitter Campari (1960); sotto: Fortunato Depero (1892-1960),Distrattam­ente mise il Bitter Campari in testa (1928); a fianco: Marcello Nizzoli (1887-1969) Campari l’aperitivo (1926)
 ??  ?? La mostra L’esposizion­e The Art of Campari è allestita presso la Estorick Collection di Londra fino a domenica 16 settembre (39A Canonbury Square; orari: dal mercoledì al sabato dalle 11 alle 18, la domenica dalle 12 alle 17). Biglietti: £6.50, ridotto £4.50: include la visita della collezione permanente. Info: estorickco­llection.com. Il catalogo è pubblicato da Silvana Editoriale, a cura di Roberta Cremoncini, in inglese (pp. 96, € 25) L’aziendaNel 1860 il liquorista Gaspare Campari crea l’aperitivo che porta il suo nome e nel 1905 l’azienda apre il suo primo stabilimen­to a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Dieci anni dopo apre a Milano, all’imbocco della galleria Vittorio Emanuele, il locale «Camparino». I pittori che lavorarono alla comunicazi­one dell’azienda nella prima metà del Novecento, ma anche in seguito, erano attivi nel mondo editoriale e artistico
La mostra L’esposizion­e The Art of Campari è allestita presso la Estorick Collection di Londra fino a domenica 16 settembre (39A Canonbury Square; orari: dal mercoledì al sabato dalle 11 alle 18, la domenica dalle 12 alle 17). Biglietti: £6.50, ridotto £4.50: include la visita della collezione permanente. Info: estorickco­llection.com. Il catalogo è pubblicato da Silvana Editoriale, a cura di Roberta Cremoncini, in inglese (pp. 96, € 25) L’aziendaNel 1860 il liquorista Gaspare Campari crea l’aperitivo che porta il suo nome e nel 1905 l’azienda apre il suo primo stabilimen­to a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Dieci anni dopo apre a Milano, all’imbocco della galleria Vittorio Emanuele, il locale «Camparino». I pittori che lavorarono alla comunicazi­one dell’azienda nella prima metà del Novecento, ma anche in seguito, erano attivi nel mondo editoriale e artistico
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