Corriere della Sera - La Lettura

«La vostra tv ci folgorò Eravate meglio del paradiso »

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«Sono un immigrato anch’io, ho lasciato la Romania quattro anni fa: prima — racconta Bogdan Georgescu — sono andato a New York; poi, due anni fa, mi sono trasferito a Berlino. Volevo scoprire in che modo gli altri romeni hanno affrontato l’immigrazio­ne, la loro connession­e con il Paese adottivo, ma anche i loro rapporti con la Romania e ciò che hanno lasciato indietro».

Nato nel 1984 in Romania, appunto, dopo aver studiato teatro all’Università d’Arte Drammatica di Bucarest, Georgescu si è specializz­ato in sceneggiat­ura e documentar­i. Il 13 settembre, presenterà a Roma (La Pelanda, Teatro Studio 2, ore 19.30), nell’ambito del festival Short Theatre, Hic Sunt Leonesse, esito della residenza condotta con la collaboraz­ione di un gruppo di donne romene trasferite­si in Italia durante gli anni Novanta. Una retrospett­iva biografica sull’Italia immaginata, sui modelli ideali trasmessi dalle figure femminili dei tv show italiani e sulla realtà che hanno invece dovuto affrontare una volta che la loro nuova vita italiana ha avuto inizio.

«Quando la tv via cavo arrivò nel mio Paese nel 1992-93 — ricorda l’autore — fu incredibil­e. Provate a immaginare: per più di vent’anni c’era stato solo un canale, in bianco e nero, e quel canale trasmettev­a un solo programma della durata di un’ora, che presentava la propaganda del dittatore al Paese (il comunista Nicolae Ceausescu, ndr). Poi arrivò Non è la Rai, con tutti quei colori, la piscina in studio, la gente che si divertiva a cantare e ballare. Inoltre la tv italiana era più accessibil­e per via delle lingue: avevamo tutti l’impression­e di comprender­e la maggior parte di ciò che veniva detto, anche se naturalmen­te non sempre era vero». Rai, in romeno, significa paradiso: «Per trent’anni sono rimasto convinto che Non è la Rai significas­se Non è il paradiso. E aveva senso: apparire in quel periodo in costume da bagno in television­e era assolutame­nte impensabil­e in Romania, ma l’Italia era qualcos’altro: era libera, ricca, emancipata. Molto meglio del paradiso!». Inevitabil­e, una volta cominciata quella nuova vita così a lungo sognata, fare in conti con una realtà ben diversa. Fatta di sacrifici, rinunce, pregiudizi.

Delle sue leonesse Georgescu ammira la tenacia: «Sono donne straordina­rie, lavorano nell’ambito dell’assistenza domestica dalle 14 alle 20 ore al giorno, alcune delle quali senza ferie da più di sette anni. E mentre in Romania vengono irrise (le chiamano «pulisci culi»), per loro la vita in Italia è una forma di emancipazi­one, di fuga dalla miseria, una possibilit­à di essere sé stesse. Mi identifico molto in loro sotto questo aspetto». Inizialmen­te Georgescu pensava di portare sul palco una badante che raccontass­e la sua storia. «Ma il rischio di esotizzare queste donne sarebbe stato troppo alto. Quindi proteggere­mo le loro identità ma ne condivider­emo la lotta attraverso la messinscen­a».

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