Corriere della Sera - La Lettura

Porto le donne sulle orme di Steinbeck

Kristin Hannah rievoca, oltre 80 anni dopo «Furore», le migrazioni interne negli Stati Uniti

- Di MARCO BRUNA

Ambientare un romanzo nel periodo della Grande depression­e significa fare i conti con l’eredità ingombrant­e di John Steinbeck. Fu lui a fissare nella memoria letteraria la marcia degli okies, migliaia di contadini americani costretti a cercare fortuna a Ovest negli anni Trenta del XX secolo a causa della crisi economica e dei danni provocati dalle tempeste di sabbia sui terreni coltivati.

Ottant’anni e passa dopo l’uscita di Furore (1939) un’altra scrittrice bestseller, Kristin Hannah, ha narrato l’avventura di una famiglia che abbandona tutto per la terra promessa california­na. La protagonis­ta del nuovo libro di Hannah, I venti di sabbia (Mondadori), è Elsinore Martinelli, chiamata Elsa, madre di due figli che vive nel piccolo centro rurale di Lonesome Tree, nella regione del Panhandle texano. La scelta sofferta di andarsene dal Texas si fonda su motivi simili a quelli che avevano spinto i Joad di Steinbeck a lasciare l’Oklahoma: la siccità causata dalla Dust Bowl ha reso la vita un inferno, dai terreni aridi non cresce più nulla, gli animali muoiono di stenti e per non respirare la sabbia alzata dal vento bisogna portare maschere antigas. Prima di affrontare il viaggio, Elsa viene lasciata dal marito Rafe, figlio di immigrati italiani, scappato nel cuore della notte per cercare fortuna da solo all’Ovest.

I venti di sabbia è il ventiquatt­resimo romanzo di Kristin Hannah. Tra i suoi libri più fortunati, tutti usciti in Italia da Mondadori, va ricordato L’Usignolo (2015), caso editoriale da quasi 5 milioni di copie che ha al centro il coraggio delle donne durante la Resistenza francese. Netflix ha appena lanciato la serie L’estate in

cui imparammo a volare, tratta dall’omonimo romanzo del 2008 dell’autrice: è la storia di un’amicizia femminile lunga tre decenni. «La Lettura» ha raggiunto al telefono Kristin Hannah in occasione dell’uscita italiana di

I venti di sabbia.

Dopo «L’Usignolo» è tornata a indagare la storia attraverso la prospettiv­a del romanzo. Questa volta ha scelto il periodo della Grande depression­e...

«È stato un momento tragico della storia americana, segnato da avversità e stenti. Erano anni in cui la gente perdeva tutto: la terra e il lavoro. Ho voluto raccontare

queste catastrofi dal punto di vista femminile».

Come si presenta Elsa agli occhi del lettore?

«È uno dei personaggi a cui sono più affezionat­a. All’inizio del romanzo Elsa ha pochissima fiducia in sé stessa, i genitori fanno di tutto per isolarla dal mondo. Nessuno, le dicono, la sposerà. È un personaggi­o incolore, sbiadito, anche a causa delle febbri patite da bambina. L’incontro con Rafe le cambia la vita, Elsa diventa parte di una nuova famiglia, chiude i ponti con la vecchia. Comincia lì il suo viaggio alla ricerca della forza interiore. Dopo avere affrontato la strada che la porta in California, Elsa impara a fare sentire la propria voce, non solo in difesa dei figli ma anche di chi è più debole, di chi una voce non ce l’ha. Amo l’idea di una donna capace di emancipars­i. Elsa diventa una guerriera in un mondo di uomini».

Il rapporto tra Elsa e la primogenit­a Loreda è uno dei temi centrali del libro.

«Questo romanzo è un’indagine sulla maternità. Quando Elsa entra a fare parte della famiglia Martinelli, è la suocera, Rose, a insegnarle che cosa significhi essere madre. Elsa e Loreda si scontrano spesso nel corso del romanzo ma è solo grazie alla madre se Loreda scopre il suo essere donna. L’amore è un dono che viene tramandato di generazion­e in generazion­e».

Ci sono convergenz­e tra il periodo della Grande depression­e e l’America contempora­nea?

«Quando ho cominciato a scrivere il libro, 4 anni fa, non potevo immaginare quanto l’atmosfera della Grande depression­e potesse essere rilevante nel mezzo di una pandemia. Questo romanzo ci ricorda che gli esseri umani possono superare ogni avversità grazie alla loro perseveran­za. Per Elsa e i suoi figli la vita in California non sarà facile e ogni atto di gentilezza ricevuto da sconosciut­i si rivelerà preziosiss­imo. In un mondo segnato dalla tragedia è utile ricordare quanto i piccoli gesti facciano la differenza».

La California era la terra promessa degli anni Trenta, il sogno americano degli americani.

«Gli americani hanno le stesse difficoltà a misurarsi con il “sogno” di qualsiasi altra persona nel mondo. I Martinelli, in quanto immigrati italiani, sono un esempio di come, attraverso il duro lavoro e l’abnegazion­e, si possa mettere le proprie radici in un nuovo Paese. Al tempo stesso sanno bene quale sia il vero prezzo di questo sogno».

Quanto pesa l’eredità di John Steinbeck?

«Furore è uno dei romanzi che amo. Sapevo che scrivere una storia sulla Dust Bowl mi avrebbe portato a misurarmi con quel capolavoro. Il mio obiettivo era offrire al lettore un punto di vista femminile. Qui sta la grande differenza con Steinbeck: lui ha scritto una storia di uomini, la mia riguarda le donne; Steinbeck si è concentrat­o soprattutt­o su ciò che succede in California mentre io ho dedicato metà del libro agli eventi che si verificano prima della partenza per l’Ovest».

In entrambi i romanzi l’appartenen­za alla terra gioca un ruolo cruciale. Ha a che fare con l’identità?

«Senza dubbio. Durante le tempeste di sabbia la maggior parte dei contadini rimase chiusa in casa ad aspettare, solo una piccola percentual­e lasciò i propri beni per una nuova vita sulla costa. Questo ci dice molto del nostro rapporto con la terra».

Perché ha scelto il Panhandle texano?

«Quel luogo in particolar­e offre al lettore un’immagine fedele della vita durante le tempeste di sabbia. Ho evitato l’Oklahoma perché i contadini che provenivan­o da lì erano chiamati spregiativ­amente okies. In realtà ogni migrante veniva marchiato senza distinzion­e con quell’appellativ­o, una volta raggiunta la California. Volevo che i miei personaggi avessero un’identità più marcata, un’identità texana».

Il Texas di ieri e quello di oggi sono segnati da disastri naturali. Ieri la sabbia, oggi gelo e neve...

«Dicono che il passato sia in realtà solo un prologo. Possiamo imparare dalla storia solo se ne applichiam­o la lezione nel presente. La Dust Bowl è stata una catastrofe naturale, in parte provocata dall’uomo e dai suoi metodi di coltivazio­ne. Il nostro rapporto con la terra che ci dà la vita deve essere basato sul rispetto».

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 ??  ?? KRISTIN HANNAH I venti di sabbia Traduzione di Federica Garlaschel­li MONDADORI Pagine 444, € 21 In libreria dal 2 marzo
KRISTIN HANNAH I venti di sabbia Traduzione di Federica Garlaschel­li MONDADORI Pagine 444, € 21 In libreria dal 2 marzo

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