Corriere della Sera - La Lettura
La santa di White non crede di esserlo
Due gemelle partono dal Texas per arrivare una in Francia (a fare esperienza dell’aristocrazia europea) e l’altra in Colombia (a fare miracoli). Lo scrittore a «la Lettura»: «Mi direte se come voce narrante femminile funziono»
Aristocrazia, religione, amori saffici, masochismo, ricatti e incesto violento. C’è tutto nel nuovo romanzo di Edmund White. Soprattutto c’è la sua prosa magnifica. Una santa del Texas, appena uscito in Italia per Playground Libri nella traduzione di Martino Adani, è la storia di Yvonne e Yvette, due sorelle gemelle nate alla fine degli anni Trenta in un centro petrolifero del Texas. Il padre è un arricchito cresciuto in estrema povertà che si rifiuta di pagare una domestica. La madre è una donna incolta che trova i nomi delle ragazze su una rivista per adolescenti e li pronuncia «Uaivon» e «Uaivet».
Tutto cambia quando la donna muore per tubercolosi e spossatezza e la nuova consorte costringe le ragazze a pronunciare i propri nomi alla francese. «Scusate», dice loro. «Noi non siamo quel genere di persone».
Yvonne, la narratrice del romanzo, ama sfogliare rotocalchi che parlano di nobiltà e moda parigina. Per essere popolare amoreggia con i ragazzi ma per spassarsela e innamorarsi preferisce le ragazze. Yvette è una secchiona tutta Spinoza e Cartesio che prende in prestito dalla biblioteca un numero di libri inverosimile. Solo in seguito i bibliotecari si rendono conto che la sua brama di lettura giova al tasso di circolazione, «una nota di merito di cui potevano vantarsi con la giunta comunale, riunita nell’edificio dove era stato ritrovato tra i mattoni un rospo centenario ancora vivo».
Della quasi ventina di romanzi di Edmund White, Una santa del Texas è il secondo ad essere narrato al femminile. Il primo è stato Fanny del 2003. «Mi piace scrivere dal punto di vista di una donna», rivela White a «la Lettura», raggiunto per un commento mentre è rinchiuso nel suo appartamento di New York in attesa di ricevere la prima dose di vaccino. «Se ci riesco lo lascio giudicare ai lettori».
White racconta l’ascesa sociale di Yvonne, che ha inizio con il suo debutto in società e passa per l’ammissione nella confraternita di studentesse bionde e bianche Tridelta. La donna si trasferisce poi a Parigi e ottiene il titolo di baronessa, acquisito dopo il matrimonio con l’opportunista Adhéaume de Courcy, rampollo di una famiglia che «risale addirittura alla prima Crociata».
Nato in Ohio e cresciuto a Chicago, Edmund White ha vissuto a San Francisco, Roma e Parigi e soprattutto ha colto nel minimo dettaglio le diverse sfumature antropologiche dei due mondi al punto di poterle raccontare con grande precisione, spesso anche con grande effetto comico.
Ci possiamo meravigliare se il suo idolo letterario è Vladimir Nabokov? Rimasto ormai — e purtroppo — uno dei pochissimi scrittori bianchi statunitensi ad essere anche uomo di lettere, White ha una prosa dotata di grazia continua che rende immediata la comprensione di che cosa significhi districarsi tra i tratti, le debolezze e gli usi di una nazione diversa da quella in cui siamo cresciuti.
«Credo mi sentissi un po’ colpevole di “tradire mio marito, cacciatore di doti e collezionista di amanti”, ma solo per via del retaggio di una certa pruderie tipica di Dallas. Quel che i francesi chiamano il nostro “puritanesimo”, benché non avessero la minima idea di che cosa significasse», racconta senza vergogna Yvonne mentre riflette sui significati culturali e linguistici della città dove i desideri personali sbocciano.
Nel frattempo la sorella Yvette si converte al cattolicesimo e le invia lettere di tensione crescente in cui racconta le sue pulsioni e opere presso un’organizzazione religiosa di Jericó, Colombia, «il luogo in cui i desideri personali si spengono».
White si diverte molto a giocare sui diversi registri. Per farlo usa mille parole francesi e non teme l’uso di epiteti ormai concessi solo a lui pur di rendere vero il linguaggio delle varie età e situazioni sociali. I suoi innumerevoli riferimenti antropologici vengono snocciolati in un romanzo armonico di oltre trecento pagine che nasce come una commedia dolceamara e si conclude in tragedia novecentesca per portare i lettori a riflettere sulla nostra dualità congenita. I tagli più satirici e affilati White li riserva agli anaffettivi, ai razzisti, agli arrivisti, ai violenti e ai bigotti. Dove non usa invece alcuna ironia è nel mondo di Yvette, ritratta con serietà e rispetto per dare vita a una donna che compie miracoli e si sente un’impostora: una creatura dal cuore puro e in cosciente lotta perenne. «Non passa giorno senza che io sia assalita da dubbi. Se ci pensi, tutto quello in cui credono i cattolici è assurdo».
«Ho avuto la fortuna — racconta ancora White — di vivere a Roma e poi a Parigi, dove sono stato parte della cerchia di Bernard Minoret, che ha tenuto l’ultimo grande salotto francese. In francese sono bilingue. In italiano no, però sono spesso in Toscana ospite della baronessa Beatrice Monti von Rezzori. È una grande amica, piena di aneddoti, una perfetta memoria umoristica e molto generosa di spirito». Si fa fatica a non pensare che qualcuna delle battute sulla nobiltà europea non sia ispirata alle conversazioni tra loro.
Durante la quarantena Edmund White ha scritto anche un nuovo romanzo, A Previous Life («Una vita precedente»). Se grazie al ritmo della sua prosa con Una santa del Texas è riuscito a farci calare nelle insidie e nei piaceri di due gemelle che hanno scelto vite opposte — oltre a legare Marcel Proust alla sensibilità camp, un uso deliberato, consapevole e sofisticato del kitsch, e farci suonare l’accostamento naturale — possiamo pregustare un romanzo il cui eroe sarà un aristocratico siciliano che vive a Londra e New York e le cui mogli sono una tedesca e un’americana.