Corriere della Sera - La Lettura
Anche l’antidoto allo stalking fa paura
Istinti e psicologie tortuose al centro dell’esordio di Vito Franchini
Se osservassimo con attenzione l’attività sotterranea che muove i comportamenti sociali degli uomini, forse vedremmo quel che resta della scimmia che è in noi. Perché, come scimmie nude con uno smartphone in mano, siamo ancora manipolati da impulsi ancestrali e spesso predominanti quando si tratta della sfera sessuale e sentimentale.
Ne Il predatore di anime (Giunti) l’esordiente Vito Franchini, ufficiale dei Carabinieri, racconta in un thriller di seducente impalcatura psicologica e antropologica, una delle tragiche piaghe della nostra società: il reato di atti persecutori. E lo fa collegando le torture fisiche e psicologiche degli aguzzini, perpetuate nei confronti delle vittime di stalking, ad atavici istinti.
La poliziotta Sabina Mondello, a capo del commissariato Parioli, indaga su un omicidiosuicidio che inizialmente sembra un caso da chiudere il prima possibile nell’afa agostana di Roma. Protagonisti dell’orribile morte sono i coniugi Brugli: la scena del crimine fa intuire un movente passionale, tanto più che emerge una vecchia denuncia per stalking mossa al marito. A pratica quasi archiviata, si apre però una pista che porta a un uomo, l’unico ad aver visto le due vittime il giorno della loro morte. Si chiama Nardo Baggio e da lì a pochi mesi sconvolgerà la vita di Sabina.
Nardo è un uomo carismatico, avvolto da un’aura di fascino che si unisce a una personalità penetrante; non bello, trasuda però una sensualità percepibile negli occhi da animale notturno, «lo sguardo di un predatore di anime». La personalità di Nardo buca la pagina, s’impossessa della storia e della mente di Sabina, quasi a manipolarla. Ufficialmente massaggiatore shiatsu, l’uomo svolge in realtà un’attività segreta e illecita agli occhi della giustizia: aiuta, con metodi poco ortodossi, le vittime di stalking a liberarsi dai loro amanti-persecutori, agendo al posto della legge, spesso deficitaria per le falle di un sistema che a volte riconsegna le vittime ai loro carnefici.
Ed è lo stesso motivo per cui Sabina gli chiede aiuto. Animali morti, oggetti incendiati, torture telefoniche: la sua relazione col pm Roberto Placido, sposato e con famiglia, è finita bruscamente e lei teme sia l’ex amante a perseguitarla in quel modo. Nardo, personaggio al confine estremo tra bene e male, addestra Sabina al suo modo di pensare, basato su studi antropologici che raccordano l’amore («inventato» a un certo punto della nostra evoluzione) con gli istinti che ancora ci dominano e che possono sfociare, quando veniamo respinti, in egoismo, possesso. Perché ognuno di noi coltiva l’ambizione di dimostrare di essere unico, imprescindibile. Comportamenti che, studiati, diventano prevedibili in condizioni di violenza estrema: così Nardo domina la mente di perseguitati e persecutori. E più Sabina diventa complice di questo supereroe che agisce contro la violenza domestica, più sotto i suoi piedi la razionalità inizia a venir meno... Forse non siamo che scimmie nude che travestono con la parola «amore» i loro istinti più remoti.