Corriere della Sera - La Lettura
Il mondo è un’isola Tutti i mari di Procida
Al lavoro Ruggero Cappuccio, scrittore e regista napoletano, anticipa alcuni temi teatrali legati alla Capitale italiana della cultura 2022. «Classici del palcoscenico e della letteratura accanto a committenze contemporanee legate all’insularità»
«Che cos’è un’isola? Non c’è mondo, ci sono solo isole», scrive il filosofo Jacques Derrida. E per la prima volta un’isola, Procida, diventa Capitale italiana della cultura. Succederà nel 2022, dopo il biennio anomalo di Parma 2020-2021 a causa della pandemia, e subito prima dell’omaggio a Bergamo e Brescia, capitali (martoriate dal Covid) nel 2023. «Non solo è la prima volta, da quando è nata la manifestazione nel 2014, che un’isola diventa Capitale della cultura, ma non è mai accaduto prima che lo diventasse una città che non fosse almeno un capoluogo di provincia», sottolinea Ruggero Cappuccio (Torre del Greco, Napoli, 19 gennaio 1964), direttore del Napoli Teatro Festival, che insieme al Giffoni Film Festival, alla Film Commission Campania, alla Società Campana Beni Culturali e ovviamente alla Regione Campania, sostiene il progetto diretto da Agostino Riitano. «La Lettura» ha intervistato il regista e scrittore.
Una piccola isola napoletana assume un grande ruolo nazionale.
«È un luogo piccolo che conta poco più di 10 mila abitanti, che vivono di pesca e di artigianato. Si è salvata da tentazioni commerciali che hanno attanagliato gran parte delle altre isole italiane: è la rivincita della piccolezza, del passo lento su quello veloce... il David dell’intelligenza vince contro il Golia della mercificazione. È anche la rivincita della sensibilità, perché rappresenta un giardino delle emozioni, al quale oltretutto è collegato un isolotto di cui in Italia praticamente si ignora l’esistenza».
Quale isolotto?
«Mi riferisco a Vivara, collegato a Procida da un breve ponte: una morfologia inedita, anche perché l’isolotto è una riserva ecologica dove lavorano archeologi, ornitologi, studiosi di aree marine protette e di fauna marina... praticamente un paradiso terrestre, un Eden che si congiunge a Procida in un’osmosi perfetta. Ma non basta. Che cosa intendiamo quando parliamo di isola? Paradossalmente, nel nostro pianeta tutti i continenti sono grandi e piccole isole circondate dal mare. Non solo: la Terra stessa è un’isola nello spazio, così come la Luna, il Sole... tutti corpi staccati da altri corpi».
Nella motivazione con cui Procida è stata proclamata Capitale italiana della cultura, si legge fra l’altro che «la dimensione patrimoniale e paesaggistica del luogo è straordinaria... e il progetto è capace di trasmettere un messaggio poetico».
«Certo! Non a caso Procida è
L’isola di Arturo di Elsa Morante e a Procida è stato girato il film Il postino dedicato a Pablo Neruda, che non è mai stato in quest’isola, ma pare che sua moglie, Matilde Urrutia, vi abbia vissuto. Però molti altri intellettuali e scrittori ne sono stati stregati: Boccaccio ne parla nella quinta giornata del Decameron; Carlo Collodi la definisce “un’isoletta piccola e carina, dove le donne, nei giorni di festa, vestono in maniera graziosa, con abiti rossi orlati d’oro, e ballano bene la tarantella”; Giuseppe Marotta scrive che vorrebbe “possedere una casetta sul mare di Procida, che ci stessimo senza urtarci, i pochi libri che amo, il mio tabacco, i miei pensieri ed io. Vedrei dibattersi i raggi del sole quando sta per tuffarsi; vedrei i palpiti dell’acqua riflessi sul muro, con il curioso effetto di farlo respirare, ma soprattutto vedrei il tempo e il silenzio come se fossero persone, uomini, amici...”».
Non solo un’isola, dunque: un rifugio dell’anima?
«Assolutamente sì. Procida promuove sentimenti particolari, a cominciare da quello dell’ascolto e dell’invito al silenzio. Chi vive su un territorio di questo genere deve ascoltare la natura, decifrarne i segni».
Ovvero?
«Per esempio, in certi giorni non si può viaggiare, non si può prendere il traghetto per raggiungere la terraferma, a causa delle condizioni marine, e ciò crea una situazione di profonda fragilità. E poi il sentimento della partenza, del ritorno e dell’approdo: l’attraversamento di uno specchio d’acqua comporta sempre uno stato di insicurezza, di pericolo, a volte di autentica paura perché non conosci la profondità marina, non vedi da cosa è popolata e quanto possa essere un pericolo. Insomma, arrivare in una capitale della cultura non per terra ma per mare è un dato rilevante, che promuove un collegamento interiore con l’universo».
Curiosamente, un’altra isola, Capri, si era candidata Capitale per il 2024, quando già si sapeva della candidatura di Procida.
«Sì e i procidani si erano giustamente preoccupati, perché era impensabile che diventassero capitali l’una di seguito all’altra. Non hanno nulla da invidiarsi reciprocamente, semmai rappresentano la recondita armonia di bellezze diverse e mi auguro che, invece, collaborino per la felice riuscita del 2022».
Il programma culturale previsto è suddiviso in cinque sezioni: «Procida inventa», «Procida ispira», «Procida include», «Procida innova», «Procida impara». Qual è la sezione da voi scelta?
«Ci stiamo preparando per la sezione Procida inventa. Il Napoli Teatro Festival sta lavorando a due iniziative. La scena del mare è dedicata alla messinscena teatrale e avrà due componenti: la prima è legata alla committenza ad autori contemporanei, scelti attraverso un bando pubblico, di storie inerenti al tema del mare e dell’insularità; la seconda è dedicata ai classici della drammaturgia e della letteratura, inerenti al medesimo argomento: tra questi, oltre ovviamente all’Eneide, all’Odissea, mi affascina parecchio il rapporto con il mare che avevano Byron, John Keats, Hemingway... Pure Raffaele La Capria si è dedicato intensamente al mare. In altri termini, si tratta di un dialogo tra contemporaneità e classicità. L’altra iniziativa, già rodata in precedenti edizioni del festival, si intitola Adotta un filosofo: consiste nel fare incontrare filosofi viventi con gli allievi degli istituti superiori della Campania. I grandi pensatori, infatti, restano spesso lontano dai giovani, al contrario riteniamo che il confronto con le nuove generazioni, e con le loro esigenze, possa rinnovare e vivificare il pensiero filosofico».
Quali sono le incognite e i possibili problemi per la realizzazione, in un luogo così piccolo e concentrato, di un progetto tanto ambizioso e ampio?
«Quando si proclama una Capitale della cultura in Italia si teme sempre la sovraesposizione di quel luogo, che comporta un imponente flusso di visitatori, quindi la necessità di servizi adeguati ad accoglierli: ad esempio, si fa il calcolo dei posti letto... Una preoccupazione che, in passato, c’è stata anche per Matera. Ma sono ottimista e, a mio avviso, sono problemi che a Procida saranno superati dalla polifonia morfologica in cui è collocata».
Che cosa intende dire?
«Il visitatore potrà dormire non solo sull’isola, ma anche a Napoli, a Ischia, a Capri... le distanze sono risibili. E comunque questi processi sono necessari, perché invitano questi luoghi a migliorarsi, a crescere sotto il profilo imprenditoriale. Il Sud, negli ultimi cinquant’anni, ha perso troppe occasioni di crescita culturale ed economica, inseguendo sirene che non avevano nulla a che fare con la sua vocazione artistica: vogliamo vivere o sopravvivere? Insomma, si getta una pietra nello stagno e già ho notato nei procidani una grande energia, un movimento passionale molto attivo e creativo... ci regaleranno molte piacevoli sorprese, ne sono convinto. Non solo: nel gioco di specchi, tutto il comprensorio flegreo è in fibrillazione, perché la ricaduta turistica è interessantissima per il Sud e sono certo che produrrà rimbalzi virtuosi... ci troviamo davanti alla possibilità di un grande risveglio».