Corriere della Sera - La Lettura
La proprietà è uno dei nomi della libertà
Lo studioso Lorenzo Sabbadini invita a guardare al Seicento e all’attualità dei suoi valori
Qual è il nesso tra proprietà privata e libertà? È la prima una pre-condizione della seconda? E quali sono le conseguenze in termini di diseguaglianze e intervento dello Stato? Sono questioni tuttora al centro del dibattito: ma che trovano la loro origine nel pensiero e nell’esperienza storica dell’Inghilterra del Seicento. Ora il libro di un ricercatore italiano traccia la genealogia di questo confronto intellettuale: Property, Liberty and
Self-Ownership in Seventeenth-Century England ,di Lorenzo Sabbadini, esplora il pensiero politico maturato negli anni tra la Guerra Civile inglese e la Gloriosa Rivoluzione. Sabbadini è un ricercatore che si è formato tra Oxford e Cambridge e che adesso lavora al ministero del Tesoro britannico: e qui discute con «la Lettura» del suo testo.
Come nasce questo libro?
«Ero interessato al concetto di commonwealth, inteso sia come res publica che come ricchezza comune: un gioco che si ritrova nel pensiero inglese del Cinque-Seicento. Ma poi mi sono interessato sempre più a un altro concetto, che è quello di self-ownership, che potremmo tradurre con “proprietà di sé” e che nasce nel pensiero politico dei Levellers, il gruppo radicale che emerge durante la Guerra Civile».
Che cosa contraddistingue questa idea?
«Io la collego a un concetto di libertà cosiddetto repubblicano,
neo-romano: perché nasce dal concetto legale romano di libertà, secondo cui tutti gli uomini sono o schiavi o liberi, e la libertà viene concepita come la condizione di non essere schiavo. Schiavo è chi è sotto il dominio di qualcun altro. È un concetto molto interessante, in contrasto con il concetto di libertà dominante al momento, quello liberale, inteso come assenza di interferenze: perché potresti trovare una situazione in cui uno schiavo ha un padrone benevolo che non interferisce molto ma ciononostante lo schiavo per definizione non è libero. L’altro modo di guardare alla questione è che ci può essere interferenza con il liber
homo, per esempio da parte dello Stato, senza che questo tolga la libertà».
È una distinzione particolarmente rilevante oggi,