Corriere della Sera - La Lettura
Liz Taylor e Pavarotti siamo noi
La leggenda secondo cui ognuno di noi avrebbe sette sosia nel mondo viene smentita nel 2015 da Teghan Lucas, ricercatrice australiana, che partendo da una domanda (se un innocente possa essere accusato al posto di un colpevole, causa somiglianza) analizza quattromila volti umani. Lo fa attraverso un software che studia le misure principali, come la distanza tra occhi e orecchie. Conclusione: l’eventualità di condividere quelle misure con qualcun altro sono una su un trilione. Ovvero, per un software di riconoscimento facciale l’ipotesi che ciascuno abbia un sosia sono prossime allo zero. E allora: chi sono i sosia? Chi sono quelle persone che trasformano in lavoro la somiglianza con un personaggio famoso? E siccome le copie perfette non esistono, è bene parlare di immaginazione, desiderio, fuga dalla realtà, senso di rivalsa.
Ma se negli anni Novanta-Duemila fare il sosia era un mestiere, oggi è poco più che un hobby, a maggior ragione in epoca di distanziamento obbligatorio e di assembramenti vietati.
Allargata la cerchia dei volti noti con reality e social, nessuno vuole più le copie, avendo a disposizione una moltitudine di originali (a vari gradi di fama). Ai grandi sosia degli anni Novanta subentrano le nuove leve che non riescono a ottenere il bollino di «ufficiale».
Così Giorgio Perchiazzi, 26 anni, barese, sosia non ufficiale di Michael Jackson, ha raccontato a «Barinedita»: «Molti bambini increduli mi chiedono se sono davvero Michael. Ho collaborato per agenzie di moda e spettacolo, partecipato a sfilate e sagre».
E così una Lady Gaga senza nome, tolta la parrucca bionda al termine di un’esibizione di piazza, viene fatta allontanare dal retro palco: «Riservato gli artisti».
Eppure ci sono stati anni nei quali i sosia erano star. Prendiamo due di loro, i più celebri, e vediamo che fine hanno fatto: un uomo e una donna a cui, a un certo punto, qualcuno ha detto: «Grazie di tutto». Perché in mancanza degli originali valeva anche il riverbero. Prendiamo dunque il riverbero di Luciano Pavarotti, e di Liz Taylor.
Da quarant’anni Luciano Pavarotti
«Per fare il sosia serve sacrificio», dice Gigi Nardini, 69 anni, da quaranta sosia ufficiale di Luciano Pavarotti. «Noi sosia non molliamo mai», aggiunge. Ai bei tempi si presentavano in gruppo ai festival — Venezia, Sanremo... I giornali titolavano: «Gigi Nardini sarà nella città dei fiori con Vasco Rossi, Celentano, Mina, Patty Pravo e Frank Sinatra».
Residente a Cividale del Friuli, provincia di Udine, Nardini è apicoltore; a lui si deve la nascita della prima Casa del Miele quassù («anche il Maestro amava la natura, i cavalli», ricorda), gestita dai figli negli anni di maggiore successo come sosia. Gli anni Novanta-Duemila, gli anni in cui i sosia venivano invitati ovunque. E se al
l’inizio la popolarità di Nardini rimane a livello locale, con il battesimo televisivo si espande, esplode. 1994,
per una notte, programma televisivo condotto da Gigi Sabani e Giancarlo Magalli: Nardini nelle vesti di Pavarotti è protagonista di uno sketch del comico Mandi Mandi (Marco Milano). Da quel momento comincia la vera carriera di sosia e la dedizione completa per essere la copia perfetta del Maestro: trucco (sopracciglia scurite e ingrandite), frac su misura, imbottitura per la pancia, poiché con il Maestro passano trenta-quaranta chili di differenza (negli anni la forbice si allarga, il Maestro ingrassa, e Nardini fa rinforzare l’imbottitura).
Come sosia ufficiale Nardini si presenta all’Ariston, staziona fuori dal teatro per l’intera settimana del Festival, viene intervistato, applaudito. «Capita ancora oggi che intoni un Vincerò. E per strada cala il silenzio».
Indimenticabile l’edizione di Sanremo condotta da Fabio Fazio affiancato da Pavarotti. Antonio Ricci vuole Nardini a Striscia la notizia per una parodia. Il fatto che quell’anno il Maestro si trovi davvero a Sanremo, genera equivoci. Nardini entra in un ristorante, sguardi su di lui, Alfonso Signorini scatta in piedi: «Maestro, posso stringerle la mano?».
«Essere scambiato per il Pavarotti vero da Signorini, raffinato melomane, è stato un riconoscimento», ricorda Nardini.
Nessuno vede la differenza, se non da vicinissimo, il tempo per lui, Nardini, di provare il brivido insieme all’orgoglio. Perché quando lo credono Pavarotti avverte qualcosa che non è facile da spiegare, qualcosa che lo ha aiutato a superare la depressione, «forse ci si deprime se senti di non essere nessuno». Essere il sosia ufficiale di Pavarotti ha significato portare per l’Italia una parte dell’originale che per lavoro stava molto all’estero, e la sua Italia lo reclamava.
Poi, un giorno, sulla Panoramica Pesaro-Gabicce mare i due Pavarotti si ritrovano uno di fronte all’altro. È il 2003, anno della nascita di Alice, la figlia di Pavarotti e di Nicoletta Mantovani. A lei il Maestro dedica la canzone
Ti adoro. Le riprese del videoclip sono l’occasione dell’incontro storico, come lo definisce Nardini. Pavarotti fissa l’altro Pavarotti, e per un istante Nardini pensa che si arrabbi, lo cacci, gli neghi la possibilità di essere lui. Invece il Pavarotti vero sorride, riconosce la somiglianza. Lo benedice: «Non avere paura di farlo, fallo».
Nel video Nardini è la controfigura del Maestro per le scene complicate, come quella in cui guida una Seicento multipla dove il Maestro non sarebbe entrato; o come la scena del teatro, a stappare lo champagne in piedi sulla botola che, al peso del Pavarotti vero, non avrebbe retto. Tra i due Pavarotti non c’è solo lo scarto di peso, anche di altezza: cinque-sei centimetri in meno della copia rispetto all’originale.
Invitato al Pavarotti & Friends, Nardini presenzia per l’intera durata dell’evento. Vede Lady Diana, Michael Jackson («impossibile parlarci, andavano sempre di fretta»)... E personaggi minori come Marta Marzotto («solare»), Maria Pia Fanfani («odiosa»), il meraviglioso Giorgio Armani a differenza di Gianfranco Ferré: antipatico («Mi spiace dirlo», riconosce Nardini).
Il Pavarotti & Friends è di gran lunga l’apice della sua carriera di sosia. Il momento in cui arriva al concerto, e si siede in mezzo alle celebrità che arrossiscono, ammutoliscono, credendolo quello vero, tranne poi nell’istante in cui quello vero compare sul palco, capire.
Ecco dunque Nardini seduto nelle prime file. Eccolo, soddisfatto, sicuro di sé («quello era il mio posto»). Eppure ogni sera, a ogni concerto, attorniato dalla gente famosa, il dubbio. Un dubbio atroce: sono veri?
Il dubbio che siano tutti sosia come lui.
Proprio in occasione del Pavarotti & Friends, Nardini conosce Fernando, il padre del Maestro. «Uomo straordinario», ricorda. «Come me aveva una voce fine, apprezzata più di quella del figlio. Ma come me era troppo emotivo per affrontare il pubblico».
Gli anni Novanta e Duemila sono impegnativi: Nardini è invitato in televisione, ingaggiato per le feste. I sosia in generale hanno molto lavoro. Lui e Liz Taylor (Miranda Giuffrè) sono i trascinatori del gruppo, i veterani, al punto che la Giuffrè fonda il primo sosia fan club nazionale che conta oltre mille sosia: numerose Laura Pausini; si moltiplicano Elvis Presley, Zucchero, Lady Gaga; tantissimi Celentano. E poi: due Liz Taylor. E questo è un problema. Se a Marina Castelnuovo (Liz Taylor) chiedi di Miranda Giuffrè (Liz Taylor), lei ribatte: «Chi sarebbe?». E se alla Giuffrè nomini la Castelnuovo, lei risponde: «Preferisco non parlarne». Pur essendo amico di Miranda, Nardini non si sbilancia. Di Marina Castelnuovo dice: «È una star, non ha niente a che fare con noi» — noi inteso come sosia dell’agenzia, come gruppo di amici che si frequenta e collabora.
Ma torniamo al Maestro.
Nel 2006 il Pavarotti vero si ammala (morirà il 6 settembre 2007 a 71 anni). Operato d’urgenza a New York, è poi costretto su una sedia a rotelle (discusse le foto rubate fuori dall’ospedale), intanto in Italia Nardini inaugura centri commerciali, partecipa a cerimonie, va al Festival di Venezia («in quei mesi mi sentivo le gambe del Maestro»). Di quel periodo ricorda il giorno in cui sulla spiaggia di Venezia viene avvicinato da una donna: le figlie vorrebbero una foto con lui — spiega. E Nardini, disponibile, si mette in posa con le bambine. Una foto che tutt’oggi conserva. Famiglia Pavarotti — Venezia, 2006, scriverà sul retro. La donna, che si presenta solo alla fine, è la figlia del Maestro, Cristina, e le bambine le nipoti, le quali, vedendolo da lontano hanno detto: «Mamma, c’è nonno che cammina». Per Nardini quella foto significa avere donato un sorriso alle nipoti del Maestro.
Certo, essere sosia non comporta solo vantaggi — ci tiene a precisare. Anni fa, Pavarotti ancora in vita, è stato vittima di un brutto episodio. Lignano Sabbiadoro, notte — Nardini, rientrando nel suo miniappartamento, sente qualcosa di appuntito sulla schiena e una voce che gli intima di dare tutti i soldi. Rimane calmo, consegna quello che ha: ottanta euro. Il ladro — fuggendo in moto — urla: «Grazie Pavarotti». Qualcuno che lo ha scambiato per il Maestro e ha così pensato di derubarlo. Sì lo spavento, la rabbia, eppure quel «grazie Pavarotti» lo ha
Oggi fare il sosia è soprattutto un
hobby (a maggior ragione al tempo del Covid, quando il distanziamento obbligatorio e gli assembramenti vietati impediscono le occasioni pubbliche); ma è stato un lavoro, anche un lavoro impegnativo (quando si poteva essere invitati a feste, party, sagre, persino a Hollywood o alla Casa Bianca; e c’erano agenti e procuratori); per molti è la vita, perché assomigliare a qualcuno ti consente un’altra vita, un’altra possibilità, un altro sogno.
Così, alla vigilia del decimo anniversario della scomparsa di Liz Taylor, attrice assoluta, siamo andati a vedere che cosa fa la sua più grande interprete, Marina Castelnuovo da Busto Arsizio, di casa a Campione, a Cannes, a Los Angeles, a Washington (invitata da Bill Clinton per avere reso preziosa testimonianza nel corso del Sexgate). Ma prima di lei abbiamo incontrato il sosia del grande tenore, Gigi Nardini,
apicoltore, una storia — manco a dirlo — con Mina, che di Marina Castelnuovo-Liz Taylor dice: è una star