Corriere della Sera - La Lettura
Milano, il nuovo Museo del Compasso d’Oro
L’emergenza sanitaria ha rinviato l’inaugurazione ma ormai è tutto pronto: uno spazio emblematico della storia industriale della città è stato trasformato da Comune e Adi per ospitare la collezione del più importante premio di design e celebrare l’eccellenza della creatività e dell’impresa
Il museo che verrà sarà fluido: la collezione permanente (un viaggio nella creatività italiana applicata alla serialità) e gli approfondimenti sui volti artistici del disegno industriale; la galleria, dove sedere a bere un caffè, sfogliare un libro dal bookshop, guardare gli artisti al lavoro e sbucare poi nel cuore di Milano; gli approfondimenti dedicati alle imprese e ai protagonisti del made in Italy. Non avrà biglietteria, sarà gratuito per i ragazzi che abitano a 15 minuti di distanza, avrà un grande spazio all’esterno, in grado di ospitare installazioni ed eventi. Sarà internazionale e di prossimità, non avrà barriere architettoniche e accoglierà i bambini nei suoi laboratori. In realtà questo museo c’è già: gli allestimenti sono quasi pronti, la campagna pubblicitaria è ultimata, la caffetteria progettata da Marco Ferreri completamente in rame — antibatterico — è da vedere. A due passi da Porta Nuova e Chinatown, dalla Pinacoteca di Brera e dalla Biblioteca degli alberi, sorge Adi Design Museum, il Museo del Compasso d’Oro. Un polo divulgativo e di ricerca che aspetta solo di capire quando la curva epidemiologica renderà possibile l’inaugurazione, immaginata in un primo tempo per questo fine settimana. «La Lettura» lo ha visitato in anteprima.
Lo spazio
Il Museo nasce dal recupero di un luogo storico degli anni Trenta, prima deposito di tram a cavallo, poi centrale elettrica (il Comune di Milano ha investito oltre 6 milioni di euro per la ristrutturazione, a cui se ne sono aggiunti oltre 2 dell’Adi, Associazione per il Disegno Industriale, per gli allestimenti, più altri contributi da ministero e Regione Lombardia). Archeologia industriale (spettacolare) in 5.135 metri quadrati: da via Ceresio si entra in piazza Compasso d’Oro, ed è qui che si affaccia l’edificio. Custodisce oltre 2.500 oggetti, documenti, progetti, foto, studi. Fanno tutti parte della Collezione Compasso d’Oro, il premio nato nel 1954 da un’idea di Gio Ponti. E tutti, a partire dai 350 premiati in 65 anni, costituiscono l’asse dell’impianto narrativo del Museo. Le volumetrie sono imponenti; la luce che filtra dall’alto stravolge l’idea di spazio espositivo; mattoni, ferro e quel che resta di un carroponte lasciano immaginare il passato «operaio» del luogo. Dove accanto all’immensa «cattedrale» destinata a ospitare le mostre più o meno permanenti, mai delimitate da porte e senza gerarchie, si apre una galleria-corridoio percorribile anche senza biglietto, affacciata a destra sulla caffetteria e sul bookshop, a sinistra su tre trasformatori della vecchia centrale elettrica e sul piano interrato. In fondo, l’uscita (o un’altra entrata, a scelta) su via Bramante, arteria finora poco valorizzata: dalle finestre del Museo, luminoso e cittadino, si vede passare il tram. Ed è facile immaginare il passeggio/passaggio dei milanesi sotto le volte del Museo. La strada del design.
La collezione permanente
Per neofiti del design e architetti, per studentesche e ricercatori, per famiglie e turisti: il Museo sarà un catalogo tridimensionale di tutto il meglio che l’immaginazione e l’imprenditorialità italiane hanno realizzato dal secondo dopoguerra a oggi. Colpo d’occhio notevole: la mostra permanente Il cucchiaio e la città, curata da Beppe
Finessi (ogni esposizione ha anche un curatore dell’allestimento, che in questo caso si fa in tre: Ico Migliore, Mara Servetto e Italo Lupi), presenta il panorama completo dei Compassi d’Oro, sistemati in grandi nicchie. In quelle grigie, i pezzi premiati in ordine cronologico dal 1954 al 2020 (il premio è biennale); in quelle gialle, un approfondimento scientifico, un documento, un disegno originale, un brevetto, un prototipo, il tutto accompagnato da frasi d’autore, soprattutto di critici, che hanno saputo interpretare la rivoluzione del design italiano, da Giulio Carlo Argan a Gillo Dorfles ad Arturo Carlo Quintavalle. Sono «carotaggi» (così vengono definiti) flessibili, quindi potranno cambiare nel tempo, e necessari per sottolineare la funzione del Museo: non un’esposizione di oggetti ma il racconto «coinvolgente» della creatività italiana. Ma perché andare in un museo (a pagamento) per vedere il Tratto Pen, Compasso d’Oro 1979? Risponde sorridendo Luciano Galimberti, presidente di Adi: «Perché qui viene narrata la sua incredibile storia». E ancora: «Vogliamo offrire un’esperienza costruita attorno al Compasso d’Oro, cioè all’unità di misura della qualità, dando la possibilità di interpretare la genesi, il valore, le scelte che stanno dietro agli oggetti».
Giocattoli, arredi, macchine per cucire, lampade, ser
vizi da tavola, mezzi di trasporto, sperimentazioni tra arte e artigianato. «I progetti scelti — illustra Finessi — mostrano i tanti e significativi territori di azione del design. In questo modo si ha la possibilità di osservare, ancora e meglio, il lavoro dei maestri e quello dei giovani autori, ma anche la produzione delle aziende più conosciute insieme alle nuove avventure imprenditoriali».
Le quattro mostre temporanee
Le nicchie alle pareti. E, in alto, appeso alle travi dell’«abbazia», il catamarano Mattia Esse, progettato da Enrico Contreas e premiato nel 1981. Su uno schermo, il suo omologo Outcut, vincitore però nel 2020. È solo uno degli esempi della mostra temporanea Uno a uno. La
specie degli oggetti (curatore Beppe Finessi, allestimento di Pierluigi Cerri), dedicata agli «accoppiamenti giudiziosi» di oggetti uguali per tipologia ma diversi per forma e anno di nascita. Analisi comparata e immediata: basta guardare la Fiat Nuova 500 nata nel 1957 e Compasso d’Oro nel 1959 — solo 15 esemplari al mondo — con a fianco la 500 di oggi, premiata nel 2011, per capire l’evoluzione delle proporzioni (la prima rispetto alla seconda è piccolissima). O la Abarth Zagato 1000 premiata nel 1960 e la Ferrari Monza SP1 nel 2020 per vedere i cambiamenti dell’auto sportiva.
Le altre tre mostre. Renata Bonfanti: tessere la gioia, a cura di Marco Romanelli (scomparso lo scorso 10 febbraio) presenta i lavori dell’artista vicentina (1929-2018), della serie arts & crafts; poi Giulio Castelli. La cultura imprenditoriale del sistema design, a cura di Federica Sala, pone lo sguardo sul fondatore di Kartell (19202006); Manifesto alla carriera. Omaggio della grafica italiana ai maestri del Compasso d’Oro, a cura di Luca Molinari, è una celebrazione dei grandi del design, 139 Compassi d’Oro alla carriera rivisitati dai protagonisti della grafica contemporanea: i loro manifesti saranno riprodotti in migliaia di copie che i visitatori potranno strappare e portare a casa. Infine, due video installazioni a cura di Ied e Politecnico di Milano.
Progettisti, curatori, appassionati, curiosi: tutti troveranno la loro dimensione in questa che è «la casa del design», afferma Andrea Cancellato, direttore del Museo, che annuncia anche un omaggio a Olivetti («è l’azienda che ha vinto più Compassi d’Oro») in maggio al piano -1, quello dedicato alle aziende, una sala proiezioni in collaborazione con le Teche Rai e, ancora, un laboratorio didattico. «Vogliamo raccontare storie per capire quali cose siamo, come diceva Alessandro Mendini».
La biglietteria, l’agorà, la mobilità
Non c’è biglietteria all’Adi Design Museum. Il biglietto (12 euro; 9 il ridotto; tutte le info in italiano e in inglese; orari: 10.30-20 dal martedì alla domenica) si acquista con l’App. Ticket in vendita anche sul sito del Museo (adidesignmuseum.org) o direttamente sul posto attraverso pagamenti elettronici: carte di credito o prepagate da appoggiare su un colonnino, come per entrare in metrò. Il Museo aderisce inoltre al progetto «città dei 15 minuti» (a piedi o in bici): sconti per chi vive nella zona (verifiche in base al cap) e gratuità per gli under 18 e gli studenti di scuole e atenei che abitano nel raggio indicato. Il progetto è sostenuto da Fondazione Cariplo. Nel segno dell’inclusione e della sostenibilità.
Un’agorà del design. Pronta ad accogliere visitatori o semplici frequentatori dei passaggi comuni. Accade già nello slargo davanti al Museo, panchine al sole in attesa dell’apertura. Qui sorgerà anche l’installazione Sezione
aurea, a cura di Studio Origoni Steiner: uno spazio aperto per capire davvero il senso del compasso. «Non certo, e non solo, uno strumento per disegnare cerchi».