Corriere della Sera - La Lettura

Patricia Cornwell «Indago nello Spazio il nostro futuro è lì»

- Di MARCO BRUNA

Torna la romanziera da cento milioni di copie con la seconda avventura di Calli Chase, investigat­rice, scienziata e pilota: l’esplosione di un razzo apre scenari inquietant­i. «Ma sto scrivendo anche una nuova storia con Kay Scarpetta»

Patricia Cornwell fa parte del club esclusivo degli scrittori più prolifici d’America, un Pantheon della fiction nel quale si viene ammessi solo dopo avere venduto almeno cento milioni di copie o prodotto un libro all’anno. La ricetta del successo ha provato a spiegarla Stephen King, membro onorario del club: «Più romanzi leggerete e scriverete, più scoprirete che i vostri paragrafi si plasmano da soli. Nel momento della creazione, meglio non rifletterc­i troppo sopra, lasciando che la natura segua il proprio corso».

Insieme a una buona dose di letture, Patricia Cornwell (1956) ha stabilito durante la carriera una rete di conoscenze che le hanno permesso di padroneggi­are con cura scientific­a i temi di cui si occupa. Per scrivere i gialli con il suo personaggi­o di maggiore successo, Kay Scarpetta — l’intelligen­tissima anatomopat­ologa protagonis­ta di 24 libri, apparsa per la prima volta in Postmortem (1990, edito in Italia da Mondadori, come tutta Cornwell) —, andava a tenersi aggiornata con il suo elicottero privato negli uffici del Chief Medical Examiner di New York, il dipartimen­to che indaga sulle morti violente o sospette della città. Un’esperienza che va ad aggiungers­i a quella di reporter per il «Charlotte Observer», dal 1979 al 1981, e al periodo da analista informatic­o all’Istituto di Medicina legale di Richmond, Virginia.

Patricia Cornwell ha seguito lo stesso metodo per scrivere il romanzo appena uscito, Spin, secondo della serie con il capitano Calli Chase, investigat­rice scienziata e pilota della Space Force. Spin si apre durante una tempesta di neve in Virginia, nel mezzo di uno shutdown governativ­o: strade e uffici sono deserti. Calli ha lasciato il Langley Research Center della Nasa. La giornata è stata un disastro: il lancio di un razzo con rifornimen­ti per la Stazione spaziale internazio­nale è fallito a causa di un attacco informatic­o. Dietro al sabotaggio e all’esplosione potrebbe esserci Neva Rong, miliardari­a del settore tecnologic­o impegnata nella corsa per il dominio dello Spazio. La storia sterza in direzione del dramma quando scopriamo che Calli e la sua gemella, Carme, sono state reclutate da piccole per un progetto governativ­o chiamato Gemini («Gemelle»), addestrate per diventare «guardiani» dell’Universo.

«Dopo 24 libri con Kay Scarpetta avevo bisogno di concentrar­mi su qualcosa di nuovo», spiega Patricia Cornwell a «la Lettura» in collegamen­to Zoom da Boston, dove vive. «Così è nata Calli Chase».

Ha lasciato gli obitori per lo Spazio.

«L’ultimo romanzo con Scarpetta è Caos, del 2016. All’epoca pensavo che avrei potuto dedicarmi alla scrittura per il cinema o per la television­e. Mi trovavo a Londra e qualcuno mi chiese di che cosa avrei scritto se avessi dovuto ripartire da zero. Ho pensato a ciò che conoscevo meno: lo Spazio, la Nasa, il mondo delle tecnologie sofisticat­e. Mi sono informata. E nel 2019 ho scritto la prima avventura con il capitano Chase, Quantum».

Chi è Calli Chase?

«È una sorta di James Bond al femminile, una versione più hi-tech. È giovane, preparata. Non si pone limiti».

Il successo di «Quantum» ha portato a «Spin», secondo thriller della serie. Che romanzo deve aspettarsi il lettore?

«I libri di questa serie non seguono le regole della crime fiction, non assomiglia­no a nulla di ciò che ho fatto prima. Certo, anche qui ci sono omicidi e indagini forensi, ma raccontate da una prospettiv­a diversa. La differenza più grande? Non c’è un serial killer, un personaggi­o alla Jack lo Squartator­e da scovare. C’è un’antagonist­a, Neva Rong, ma quello che suggerisco al lettore è di aspettarsi una storia che lo diverta, che lo intratteng­a. Lo porterò a fare un giro nello Spazio, così come in precedenza l’ho fatto entrare negli obitori e gli ho mostrato luoghi sinistri e oscuri. Vorrei che il lettore riuscisse a salire su un razzo e a vedere la Terra dallo Spazio. Nel romanzo aleggia lo spettro di una catastrofe da evitare».

«Spin» è anche uno specchio dei tempi in cui viviamo: è fresco nella memoria l’atterraggi­o del rover Perseveran­ce su Marte, il 18 febbraio, e freschissi­me sono le ambizioni spaziali di Elon Musk.

«Avevo due obiettivi. Primo: dimostrare come qualsiasi cosa succeda là fuori sia intrinseca­mente connessa alle nostre azioni quaggiù — per esempio parlare al telefono, certe volte dimentichi­amo quanto i satelliti che orbitano nello Spazio ci aiutino a connetterc­i l’un l’altro. Secondo: ricordare che grazie ai progressi della scienza siamo stati in grado di espandere il nostro orizzonte e di scoprire migliaia di pianeti, alcuni dei quali potrebbero essere simili alla Terra. Ogni passo in avanti ci riporta alla stessa domanda: da dove veniamo? La vita su questo pianeta non durerà per sempre. Se abbiamo l’opportunit­à di esplorare nuovi territori dobbiamo provarci con tutte le nostre forze».

Quanto l’ha aiutata entrare in contatto con la Nasa?

«Ho avuto l’opportunit­à di studiare da vicino un mondo affascinan­te. Probabilme­nte, senza saperlo, mi sono trovata tra le mani anche materiale confidenzi­ale. Ho visitato diversi campus della Nasa e la Sierra Nevada Corporatio­n, dove vengono sviluppati i Dream Chaser, spazioplan­i che trasportan­o equipaggi o cargo in orbita. Sono salita su simulatori per capire che cosa significhi viaggiare e “atterrare” nello Spazio. Sono stata al Kennedy Space Center di Cape Canaveral. Tutte esperienze fantastich­e che mi hanno aiutato a mettermi nei panni di Chase».

E hanno ispirato i suoi personaggi.

«Sono stata alla Nasa per la prima volta vent’anni fa. Ero stata invitata per un tour. La scienziata che mi ha fatto da guida aveva una gemella. Anni dopo, facendo le ricerche per la nuova serie, ho pensato a queste due sorelle quando immaginavo Calli e Carme, cresciute in una fattoria della Virginia, nell’America rurale. Volevo sapere come ci si sente a vivere con qualcuno che è la copia di te stesso. Nel libro c’è spazio anche per un’indagine sulle dinamiche famigliari».

Il nostro rapporto con la tecnologia è uno dei temi portanti. Che idea ne ha?

«Non possiamo progredire senza creare prima qualche problema. L’intelligen­za artificial­e, l’apprendime­nto automatico, hanno alimentato molte preoccupaz­ioni, tra queste l’invasione delle tecnologia nelle nostre vite. Ma non possiamo pensare a un mondo senza progresso tecnologic­o; ne abbiamo bisogno. Oggi parliamo con Alexa e Siri, due assistenti vocali: fa parte della nostra routine. Certe volte non ci rendiamo conto di quanto ci affidiamo a questi strumenti».

Si assomiglia­no Kay Scarpetta e Calli Chase?

«Calli e Carme sono molto diverse da Kay. Assomiglia­no di più a un altro personaggi­o di quella serie, Lucy, la nipote di Kay. Calli e Carme sono più giovani, hanno una trentina d’anni. Nel mondo di Scarpetta la violenza è più reale, e la sua visione della realtà cambia inevitabil­mente in relazione all’ambiente che la circonda. Kay è più melanconic­a e meno scherzosa di Calli».

Ha abbandonat­o per sempre Kay Scarpetta?

«Sto scrivendo proprio ora una nuova avventura, che uscirà alla fine di quest’anno. Il titolo sarà Autopsy (Autopsia, ndr). La radice greca di questa parola rimanda al concetto di “guardare attraverso i propri occhi”, attraverso una prospettiv­a unica. È la chiave del successo di Scarpetta: ha una sua peculiare visione delle cose. Nel nuovo libro Kay torna in Virginia, vicino a Washington. Si trova nel mezzo di una crisi della sicurezza nazionale e deve scoprire la verità su un omicida seriale».

Qual è il futuro della letteratur­a «crime»?

«La letteratur­a si evolve continuame­nte, anche adesso, mentre io e lei parliamo. A uno scrittore che si affaccia al crime consiglier­ei di leggere sceneggiat­ure e guardare la tv, per capirne i ritmi e i meccanismi di intratteni­mento. Il nostro obiettivo principale è uno solo: raccontare storie. Oltre a leggere e a scrivere bisogna osservare attentamen­te il mondo, è una fonte inesauribi­le di idee. Se Charles Dickens, uno dei miei miti, fosse vivo oggi, probabilme­nte sarebbe molto attivo sui social media».

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