Corriere della Sera - La Lettura
Nell’Occidente l’islam c’è già
Dopo una laurea in Scienze cognitive al San Raffaele di Milano, un dottorato in neuroscienze a Monaco di Baviera e tanto studio dei pensatori islamici, a 33 anni Francesca Bocca-Aldaqre si propone di costruire un ponte nel pensiero tra Occidente e islam. Ognuno degli 8 capitoli del nuovo libro, Nietzsche in Paradiso, abbina personaggi e autori dei due mondi, scelti per la loro convergenza. Scopriamo tra gli altri Hayy ibn Yaqzan, analogo musulmano di Robinson Crusoe, l’imam Shamil narrato da Tolstoj, Alhazen precursore arabo di Merleau-Ponty e ancora la presenza del diavolo, Iblis, nel Maometto di Victor Hugo. «La Lettura» dialoga con l’autrice.
Ognuno dei suoi accostamenti tra autori occidentali e musulmani ha ragioni oggettive. Però c’è anche tanta fantasia.
«Mi lascio proprio venire le vertigini da ogni accostamento e inizio a lanciarci dentro il mio vissuto religioso, spirituale e filosofico».
Sono convergenze immaginarie.
«Martin Heidegger e ibn Arabi rifiutano entrambi la sistematicità, metafisica l’uno e teologica l’altro, ma la convergenza tra i due proposta dal libro la vedo io».
Sono anche convergenze di vita.
«In ogni capitolo ho cercato di non lasciarmi mai prendere totalmente dall’astrazione. C’è sempre una persona, una vita, un vissuto».
C’è soprattutto lei.
«Reclamo una soggettività potente nello stendere questo libro».
Nelle sue vite parallele non c’è posto per le donne.
«In realtà avevo pensato a figure femminili, ma volevo evitare che ci fosse il capitolo delle donne. Metterci per forza una donna avrebbe tolto universalità».
Non è molto convincente.
«Non rientrava nel parallelismo, ecco. Ce ne sarebbe stata qualcuna se si fosse andati sull’ascetico, sul teologico. Invece mi interessavano il pensiero, la fenomenologia, la letteratura, l’avventura, cose che non rientrano nella chiave con cui normalmente discutiamo di Occidente e islam...».
...che sarebbe?
«Le scienze della religione, oppure la polemica, la propaganda, e l’apologetica».
Che cosa non le va nelle scienze della religione?
«Niente, ma se si vuole mostrare una realtà nuova che si apre, se si vuol far vedere questa scoperta, questa vertigine che io provo quando mi interfaccio con la relazione tra Occidente e islam, bisogna evitare strumenti troppo usati».
Quindi niente studio delle religioni nella storia.
«La storicizzazione dell’islam è importante, ma quando si spinge fino al nucleo del messaggio religioso credo che ciò possa essere lesivo. Nel libro ho invece cercato di far vedere come nel susseguirsi di diverse epoche, luoghi e personaggi, si spalanchi sempre una stessa possibilità di pensiero».
Il libro è pieno di influenze degli uni sugli altri.
«Molto spesso da parte dei musulmani si tende a dire: guardate che l’islam ha dato molto all’Occidente. Oppure l’Occidente dice: guardate, musulmani, che per andare avanti dovete utilizzare il nostro pensiero. Io ho cercato di utilizzare tutte e due le direzioni, e poi...».
...poi?
«A volte i due mondi convergono senza alcun legame storico. È un continuo impastarsi, si arriva a un punto comune che è forse al di là di Occidente e islam dal punto di vista del pensiero».
L’Occidente da una parte e l’islam dall’altra: lo schema non la preoccupa?
«In un certo senso sì. Sono abbastanza delusa dal fatto che ancora oggi non esista un islam pienamente occidentale dal punto di vista del pensiero. Esiste un islam occidentale dal punto di vista della pratica, del tessuto sociale ma non dal punto di vista culturale. Anche in Italia».
In che senso la preoccupa?
«Mi preoccupa che dal punto di vista della cultura i musulmani siano ancora totalmente assenti. C’è una cultura occidentale e all’interno una sottocultura islamica. Questo vorrei che a un certo punto non esistesse più. Vorrei che i musulmani fossero capaci di parlare ai loro interlocutori, ai loro ospiti».
Se auspica un islam occidentale, auspica anche un Occidente musulmano?
«Auspico la possibilità per l’Occidente di fare cibo dell’islam per la sua produzione culturale. Secondo me esiste una potenzialità enorme per l’islam, la sua letteratura, la sua spiritualità, di contaminare in maniera colta l’Occidente».
Lei scrive: «L’Occidente teme che comprendere in sé il pensiero dell’Islam cancelli la propria identità».
«L’Occidente negli ultimi decenni non ha mai avuto paura di essere contaminato. Le religioni orientali non sono di certo arrivate nella loro versione più pura, più ortodossa. Ne è arrivata una versione filtrata, cambiata, però è arrivata e abbiamo avuto un prodotto fertile, nuovo. Auspico lo stesso per l’islam».
Lei è musulmana?
«Si vede, no?» (allude al velo).
Però non nasce musulmana.
«Mi sono convertita a 21 anni, durante i miei studi universitari a Monaco».
Ecco la convergenza tra Occidente e islam.
«Il mio percorso verso l’islam è passato tanto attraverso la cultura tedesca. Il Divano occidentale-orientale di Goethe è il libro che mi ha influenzato di più. Ho incontrato l’islam in Germania e ho sempre pensato al pensiero occidentale come al ponte che mi ha portato all’islam».
Lei s’entusiasma per Jünger e Heidegger, associa Nietzsche a Iqbal, ideologo del Pakistan terra dei puri. Non è stata molto prudente sulle affinità tra nazismo e islam.
«Ho dato priorità all’identità del libro. Che è quella di una somiglianza che si impone in una certa direzione e ne esclude altre».
A proposito del ribelle al-Afghani lei riporta una celebre frase attribuita al Profeta: «Quando sorgeranno gli sten
Francesca Bocca-Aldaqre associa pensatori europei a figure musulmane «I due mondi convergono e s’impastano. L’universo coranico qui è culturalmente assente»