Corriere della Sera - La Lettura
Amore e paura i poteri più forti
Giuseppe Zucco narra cinque storie lunghe, anche con animali parlanti
Aquarant’anni senza aver concluso niente e senza più orizzonti, un uomo immaturo dice: «È l’infinita organizzazione del suicidio a tenermi in vita». Non si rivolge a un umano, ma a un animale che ne ha colto «quei brutti pensieri» e che risponde: «Ma non puoi fare come tutti? disse il topolino. Trovati un nemico. Aspettalo sotto casa. Spaccagli la faccia. Vedrai che dopo starai meglio».
È solo un esempio dei toni che pervadono il nuovo libro di Giuseppe Zucco I poteri forti: cinque racconti lunghi che confermano un percorso personale e affascinante, dalle storie di Tutti i bambini (Egg, 2016) al bel romanzo Il cuore è un cane senza nome (minimum fax, 2017) in cui un ragazzo si trasformava in un cane per inseguire invano l’amore perduto. Il protagonista dell’incipit, nel pezzo centrale della raccolta Quarant’anni, incrocia poi una salamandra e un gatto nero, sempre parlanti, che lo spingono ad agire, incontrando una donna trovata chiamando un numero scritto nel bagno sudicio di un locale. A sorpresa, la donna è la sua inattesa sposa e insieme cercano il palazzo più alto della città da cui, forse, buttarsi.
Un’atmosfera soft-surrealista tocca ogni storia in diversa misura e Zucco sa accompagnarla con narratori onniscienti senza forzature, con una prosa precisa e dall’eco poetica anche nelle metafore che varia il ritmo del periodare per cambiare registro, come nei riusciti momenti di dialogo serrati e ben ritmati che spezzano le situazioni o in certe pagine scandite dalla ripetizione di inizio frase.
Basta un gesto ad aprire un altro mondo, una scintilla che trova giusto innesto e sgrana il reale mandandolo in fiamme, come ne La pietanza, in cui un altro uomo, costretto dal misterioso «lo sfregiato» a sorvegliare per un tempo indefinito un palazzo per debiti, trova una bella donna in cantina e le porta da mangiare giorno dopo giorno. Quel portarle il cibo e nutrirla, con effetti che non sveliamo, segna un’unione e un’evoluzione: «Solo così, tutt’e due, insieme, potevano volgere in vita la morte che lo sfregiato gli aveva imposto». Altrettanto accade al protagonista di «Un ramo spaccato in due che si tatua addosso quanto gli accade nella vita, coprendosi di inchiostro, mentre la donna che ama si spoglia progressivamente della maschera di trucco che la nascondeva.
Zucco setta l’avanzare narrativo intorno alla ripetizione di un’azione, intessendo climax ben orchestrati che spingono all’estremo