Corriere della Sera - La Lettura

Amore e paura i poteri più forti

- Di ALESSANDRO BERETTA

Giuseppe Zucco narra cinque storie lunghe, anche con animali parlanti

Aquarant’anni senza aver concluso niente e senza più orizzonti, un uomo immaturo dice: «È l’infinita organizzaz­ione del suicidio a tenermi in vita». Non si rivolge a un umano, ma a un animale che ne ha colto «quei brutti pensieri» e che risponde: «Ma non puoi fare come tutti? disse il topolino. Trovati un nemico. Aspettalo sotto casa. Spaccagli la faccia. Vedrai che dopo starai meglio».

È solo un esempio dei toni che pervadono il nuovo libro di Giuseppe Zucco I poteri forti: cinque racconti lunghi che confermano un percorso personale e affascinan­te, dalle storie di Tutti i bambini (Egg, 2016) al bel romanzo Il cuore è un cane senza nome (minimum fax, 2017) in cui un ragazzo si trasformav­a in un cane per inseguire invano l’amore perduto. Il protagonis­ta dell’incipit, nel pezzo centrale della raccolta Quarant’anni, incrocia poi una salamandra e un gatto nero, sempre parlanti, che lo spingono ad agire, incontrand­o una donna trovata chiamando un numero scritto nel bagno sudicio di un locale. A sorpresa, la donna è la sua inattesa sposa e insieme cercano il palazzo più alto della città da cui, forse, buttarsi.

Un’atmosfera soft-surrealist­a tocca ogni storia in diversa misura e Zucco sa accompagna­rla con narratori onniscient­i senza forzature, con una prosa precisa e dall’eco poetica anche nelle metafore che varia il ritmo del periodare per cambiare registro, come nei riusciti momenti di dialogo serrati e ben ritmati che spezzano le situazioni o in certe pagine scandite dalla ripetizion­e di inizio frase.

Basta un gesto ad aprire un altro mondo, una scintilla che trova giusto innesto e sgrana il reale mandandolo in fiamme, come ne La pietanza, in cui un altro uomo, costretto dal misterioso «lo sfregiato» a sorvegliar­e per un tempo indefinito un palazzo per debiti, trova una bella donna in cantina e le porta da mangiare giorno dopo giorno. Quel portarle il cibo e nutrirla, con effetti che non sveliamo, segna un’unione e un’evoluzione: «Solo così, tutt’e due, insieme, potevano volgere in vita la morte che lo sfregiato gli aveva imposto». Altrettant­o accade al protagonis­ta di «Un ramo spaccato in due che si tatua addosso quanto gli accade nella vita, coprendosi di inchiostro, mentre la donna che ama si spoglia progressiv­amente della maschera di trucco che la nascondeva.

Zucco setta l’avanzare narrativo intorno alla ripetizion­e di un’azione, intessendo climax ben orchestrat­i che spingono all’estremo

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