Corriere della Sera - La Lettura
Baciami, America, baciami perché io so come si fa
Walter Robinson è una figura a sé della scena artistica newyorkese perché ha affiancato alla propria carriera di pittore un’intensa e autorevole attività di critico. Un’esposizione a Modena e un volume celebrano la sua opera
AKiss Before Dying, «un bacio prima di morire». Così sembra invocare Walter Robinson con i suoi quadri in cui uomini e donne sono pronti a baciarsi. D’altronde, c’è davvero qualcosa di magnetico e struggente nei lavori di quest’artista americano (Wilmington, Delaware, 1950) che è molto più di un pittore che dipinge un mondo di nostalgia e passione. Il suo è un universo di immagini attinte dalla storia iconografica più popolare degli Stati Uniti: pubblicità degli anni Sessanta, copertine di fumetti rosa, manifesti di film. Nostalgia per quei racconti che evocano baci rubati, sguardi di madri puritane, sensuali ragazze con promesse di felicità, weekend tra amici, davanti al barbecue con hamburger ricolmi di bacon, salse traboccanti e patatine fritte. E solenni bevute facendo tintinnare le Budweiser, The King of Beers, come sancisce Robinson, intitolando un intenso dipinto che non a caso è finito nella collezione di Massimo Bottura, chef che ama l’arte quanto le creazioni in cucina.
Ma la particolarità della mostra alla Galleria Mazzoli di Modena (fino al 3 aprile) non sta solo nella potenza delle opere, quanto sul fatto di aprire un orizzonte nei confronti di un artista poliedrico, totale, non così conosciuto e indagato in Italia e capace di essere pittore Neo Pop e insieme uno dei più influenti critici d’arte statunitensi, fondatore di riviste d’avanguardia e scrittore. Un intellettuale che racconta l’anima di un’America in trasformazione e costruisce, insieme, una narrazione rigorosa e puntuale delle tendenze e dei protagonisti più interessanti dell’arte contemporanea newyorkese, e dunque mondiale. Così, continuando la tradizione della galleria, l’amore per i libri e la vocazione di casa editrice, Emilio Mazzoli rende omaggio a Walter Robinson con un monumentale volume in tiratura limitata di 630 pagine dal titolo A Kiss Before Dying: Walter Robinson. A Painter of Pictures and Arbiter of Critical Pleasures, a cura del critico, curatore e poeta Richard Milazzo, con traduzione in italiano di Ginevra Quadrio Curzio.
Ancora il bacio, dunque. D’altronde, l’abbraccio amoroso è una parte fondante della ricca iconografia di Robinson («la
Lettura» #444 ha pubblicato in copertina il suo Floating Bedroom il 31 maggio 2020) e quel gesto di passione lo ritroviamo in tutta la sua opera in cui, da antropologo delle emozioni e da seguace della cultura pop e dei comics, da fustigatore della società dei consumi, l’artista presenta un mosaico sfaccettato di dettagli che rivelano volti, sentimenti, bisogni (di psicofarmaci) e desideri (di sesso), in un viaggio negli anni Cinquanta e Sessanta.
Ecco una splendida infermiera che furtiva, fuggendo da occhi indiscreti, porta con sé una lettera d’amore proibito, lettera che infatti dà il titolo al quadro (Secret Letter, 2019). E ancora, un insieme di pacchetti di sigarette (Smokes, 2019) presentati come muro della memoria capace di evocare nuvole di fumo in bianco e nero, lo sguardo di Humphrey Bogart e lo struggente addio alla Bergman in Casablanca. E se Raymond Chandler ha detto di Bogart che «l’unica cosa che Humphrey deve fare per dominare la scena è entrarvi», la stessa cosa l’ha fatta con entusiasmo Walter Robinson. Così, negli anni Ottanta, non si è fermato nel consolidato ruolo di critico, ma è «entrato» nella scena dell’arte con tele e pennelli, confluendo di fatto nella corrente riconosciuta come la Picture Generation, il cui nome prende spunto da una mostra al Met nel 2009. Una mostra importante che ha creato una linea di demarcazione: al gruppo sono appartenuti nel tempo artisti diversi, tutti uniti dall’idea di citare e attingere da materiali visivi esistenti. In generale, gli artisti della Picture Generation hanno (o avevano) un interesse per le immagini, le foto pubblicitarie o quelle legate ai mass media. Ne sono parziale esempio Richard Prince, Cindy Sherman, Barbara Kruger, Robert Longo, David Salle e, successivamente, Walter Robinson
Ma la storia di Robinson è molto diversa da tutti gli altri. Il giovane Walter comincia a scrivere di arte negli anni Settanta, quando fonda, nel 1973, a 23 anni, la leggendaria rivista d’avanguardia «ArtRite». Era stampata su carta da giornale: pubblicava molti dei maggiori artisti degli anni Sessanta e Settanta ed era un cult. L’esperienza di «Art-Rite» si conclude nel 1978 e Robinson diventa redattore di «Art in America» dove lavora per circa trent’anni, fino al 2009, diventando un nome di riferimento per la comprensione e la critica dell’arte nel mondo.
Ciò che rende interessante la figura di Robinson è la duplice identità: critico e artista. Lo sottolinea il curatore, Milazzo: «Pochi altri artisti hanno usato la pittura come Robinson, per criticare lo spettacolo del mondo delle immagini, basato sulla fotografia, ma non senza riaffermare i valori della verità, dell’intenzione estetica in una cultura cinica, mettendo sul tavolo persino il romanticismo e l’emozione appassionata». E aggiunge: «Era artista solo di notte o nei fine settimana o la domenica. O anche quando era un critico che pensava solo a un modo efficace per mantenersi mentre cercava di raggiungere il successo come artista. Che idea. L’idealismo in persona».
Il libro, con una massa di immagini, si snoda in una sorta di contrappunti: da una parte il racconto in prima persona di Robinson, dall’altra i commenti di Milazzo. Ne esce un dialogo che rivela la qualità letteraria di Robinson e soprattutto lo spaccato del mondo culturale e artistico newyorkese. Di quella stagione Robinson ricorda: «Leggenda e realtà non coincidono, nonostante i nostri sentimenti ci suggeriscano il contrario. La scena artistica dell’East Village non era “roba” attuale, ma viveva piuttosto in centinaia di coscienze atomizzate, che si sovrapponevano, isolate, tormentate, deliranti, sempre nuovamente articolate nell’aria sottile di ogni giorno e che, attraverso un incantesimo di differenti cristalli, si estendeva a formare una moltitudine di momenti aggiuntivi nella inesauribile abbondanza della notte». Milazzo puntualizza: «Qui Robinson sembra volere affettare una poetica ginsberghiana. E chi può rimproverarglielo?».
Sono anni in cui tra utopia e disincanto nascono i suoi primi abbracci, i famosi baci. Baci metafora di un amore assoluto per l’arte e antidoto contro le asperità del vivere. Il bacio, viatico per il futuro, forse per esorcizzare la morte. A Kiss Before Dying è soprattutto questo.