Corriere della Sera - La Lettura
Miserabile cronaca di un povero stalker
In un mondo tecnologico che si sente prossimo alla fine, un uomo comincia a dare segni di cedimento mentale... In altri tempi sarebbe stato l’inizio della sinossi di un romanzo distopico. Oggi lo pensiamo subito come un romanzo realistico, e nel caso di Hagard, del drammaturgo svizzero di lingua tedesca Lukas Bärfuss, è proprio così.
Classe ’71 e autore di 9 libri, lo si potrebbe credere al debutto italiano ma è già arrivato sui nostri scaffali (e passato inosservato) nel 2011, con Cento giorni, un libriccino privo della forza necessaria ad affrontare un tema enorme come il genocidio in Ruanda. Va meglio con questa vicenda intima e psicotica, almeno nei primi tre quarti. L’inizio è lynchiano, con delle scarpe da ballerina a catalizzare l’attenzione morbosa del protagonista su una donna, sia pur solo intravista, e quella del lettore sulla vicenda a venire.
Siamo in una grande città di lingua tedesca, presumibilmente in Svizzera, ma la localizzazione non è così importante. Quello che conta è che siamo in un ganglio della «fortezza Europa», dove l’attività numero uno sono i servizi — e fornitore di servizi è Philip, il nostro uomo: un’esistenza ordinaria, una compagna e una dipendenza dalla caffeina, come tutti — e dove i rapporti tra le persone, nell’anomia generale e nella sopravvenuta sfiducia nel futuro (c’è la crisi, c’è naturalmente una pandemia, e c’è pure una rinnovata aggressività russa sul piano geopolitico), sono mediati dai soli dispositivi mobili. Che la situazione sia sufficiente perché qualcuno vada fuori di testa, non c’è bisogno di giustificarlo: di questi tempi sappiamo tutti bene quanto sia sottile la linea che separa equilibrio e squilibrio (per chi fosse curioso, il lemma hagard significa «smarrito» o «sconvolto» in francese).
Così non ci stupiamo troppo a vedere il buon Philip trasformarsi in uno stalker, trovando anche apparenti giustificazioni al proprio comportamento. È in effetti la capacità di Bärfuss di mimare la mente in via di liquefazione del protagonista, la prima virtù del romanzo, che regala momenti gustosi anzitutto nella furia di costui contro le più disparate figure della fauna urbana dei nostri giorni: ai suoi occhi le persone più ordinarie si trasformano in mostri, perché è lui a mutare, in un’escalation rabbiosa che ricorda quella dell’indimenticata performance di Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia. «Nel vagone sono entrati due tizi con i giubbotti gialli. Una coppia in combutta, ingorda e ghignante. E che fanno quei due coboldi, quei grassatori prezzolati? Perquisiscono i passeggeri, control