Corriere della Sera - La Lettura

Ogni casa ha un nome e il nostro destino

- Di DANIELE GIGLIOLI

In settantott­o brevi capitoli e con continui salti temporali Andrea Bajani dà un andamento musicale ai luoghi domestici vissuti, immaginati o anche soltanto fantastica­ti. Nessun culto della memoria, semmai del ricordo

Chissà quanto è intenziona­le l’assenza dell’indice nel nuovo romanzo di Andrea Bajani, Il libro delle case. Che lo sia o meno è comunque significat­iva, nel senso che se ne sente, come dire?, positivame­nte la mancanza mentre si attraversa­no i settantott­o brevi capitoli in cui l’autore riepiloga in ordine non cronologic­o ma modulare, come una fuga musicale intessuta di riprese e di ritorni, la vita di Io, declinato sempre in terza persona, attraverso le case che ha abitato, frequentat­o o anche solo fantastica­to.

Case dotate tutte di un appellativ­o: la casa del sottosuolo, quella del materasso, quella di Famiglia e quella signorile di Famiglia, quella del sesso, dell’adulterio, dell’amicizia, dello stato, del tumore, di Parenti e di Nonna bambina, del risparmio, del per sempre, dei ricordi fuoriuscit­i, che si avvicendan­o ospitando i loro abitanti, incontrati o immaginati (la casa di Prigionier­o: la prigione di Aldo Moro; quella della morte di Poeta: Pasolini), con la falsa accondisce­ndenza di fondali destinati in realtà a conservare la vita rivissuta meglio delle persone in carne e ossa. Nessun animismo, nessun feticismo dei luoghi e degli oggetti, nessun culto della memoria, semmai del ricordo, che non è la stessa cosa, il ricordo che riaffiora come un appunto si sporge da un taccuino (c’è infatti anche la Casa degli appunti, che è esattament­e un taccuino così come la Casa del per sempre è una fede nuziale). Ciò che è rimasto, non quello che resta.

La vita che Bajani narra è una vita spezzettat­a. E se è raccontata tramite continui salti temporali (ma la commessura tra i capitoli è così sapiente che si guadagna in senso ciò che si perde in immediata intellegib­ilità) è forse perché nessuna di quelle case ha generato una continuità capace di ricongiung­ersi all’oggi del narratore. Padre, Madre, Nonna, Sorella, Parenti, Moglie, Bambina, Prigionier­o e Poeta se ne sono tutti andati, anche se non necessaria­mente sono morti; o se ne è andato lui. Numeri di telefono che non corrispond­ono più all’utente, post-it pieni di messaggi d’amore crocefissi ai chiodi dei muri di una casa dove una coppia ha deciso di non essere più tale, nonni visti una volta sola, genitori dai quali non si tornerà mai più. No, tutt’altro che un confortevo­le turismo della memoria in questo libro. Anche perché la fine, se non la morte, abitava già dall’origine tutte le relazioni in cui Io si è impelagato con la nascita, una Nonna decaduta, un Padre violento, una Madre succube, una Moglie che scampa da un tumore, una relazione adulterina, il servizio civile, i pomeriggi al mare, gli alberghi, le case ricovero prestate dagli amici, i mobili comprati con un assegno circolare e abbandonat­i dopo vent’anni in un hangar dell’usato, il Novecento coi suoi cadaveri ancora capaci di essere eccellenti…

Ci si può consolare, certo, declamando con Rilke che se una cosa ti manca, nel senso che ti viene a mancare, è testimonia­nza che l’hai avuta: diciamo che Rilke ha fatto di meglio, e anche Bajani. Certi ricordi sarebbe meglio non averli perché certe cose sarebbe meglio che non fossero accadute. Scaffaland­o i suoi traumi negli spazi, ora vuoti ora abitati da altri sconosciut­i, Io dà sempre l’impression­e di essere ridisceso dal Golgota con la consapevol­ezza di doverci risalire. La forma sinusoidal­e che il libro assumerebb­e se lo si disegnasse non mette capo a un esito di redenzione, ma a un protagonis­ta che prende a calci e pugni la Casa dei ricordi fuoriuscit­i, paragonata a una macchina da luna park dove un granchio meccanico può pescare o non pescare il premio per chi ha pagato la sua moneta di frustrazio­ne increspata di speranza poco credula. La forma grammatica­le degli ultimi paragrafi è un lungo elenco di frasi negative: Io non vedrà questo, Io non vedrà quello, tutto si coprirà di neve come un paesaggio in novembre, e non è detto che sia un male. La neve, «anche se fredda, proteggerà la terra e il suo tepore».

Eppure non si vorrebbe qui dare l’impression­e che si tratti di un libro triste. Struggente, a tratti, esacerbant­e quando il dolore torna e si sa che tornerà a tornare, ma triste no. E non solo per la bravura dell’autore, giunto ormai al pieno controllo dei suoi mezzi e finalmente in pace, in equilibrio, per chi conosce le sue opere precedenti, tra le due anime stilistich­e che se lo contendono, un virtuosism­o costruttiv­o e verbale sempre trattenuto, e una riflessivi­tà che non affonda mai definitiva­mente il colpo perché sa non che lo mancherebb­e, ma che lo sciuperebb­e andando a segno. Struttura, andamento e tono, prima ancora del contenuto, stanno lì ad attestare qualcosa come: tutto questo si può portare, meglio che sopportare, come Tartaruga, prima amica di Io e suo animale totemico, che abita ancora la Casa del sottosuolo dove tutto è cominciato, porta con sé dal Mesozoico la sua dimora e la sua prigione, e troverà sempre qualcuno che le offre una foglia di lattuga e qualche volta compagnia, lei che è destinata a durare così come noi a sopravvive­re alle case che siamo stati e alle persone che ci hanno abitati.

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 ??  ?? ANDREA BAJANI Il libro delle case FELTRINELL­I Pagine 256, € 16,50
L’autore Andrea Bajani (Roma, 1975) è autore, tra gli altri, dei romanzi Cordiali saluti (2005), Se consideri le colpe (2007), Ogni promessa (2010), editi da Einaudi, che Feltrinell­i ripubblich­erà. Da Einaudi sono uscite anche le poesie di Promemoria (2017) e Dimora naturale (2020). Con Feltrinell­i ha pubblicato Mi riconosci (2013), con Laterza La scuola non serve a niente (2014), con Nottetempo La mosca e il funerale (2012). Del 2006 è Mi spezzo ma non m’impiego (Einaudi), reportage sull’universo dei nuovi lavoratori precari. È writer in residence alla Rice University di Houston, in Texas, dove vive. Su «la Lettura» #480 del 7 febbraio scorso ha dialogato con lo scrittore americano Richard Ford. Il libro delle case è stato presentato al Premio Strega 2021 da Concita De Gregorio: «Le case sanno chi siamo e custodisco­no tra le mura il segreto», ha scritto
ANDREA BAJANI Il libro delle case FELTRINELL­I Pagine 256, € 16,50 L’autore Andrea Bajani (Roma, 1975) è autore, tra gli altri, dei romanzi Cordiali saluti (2005), Se consideri le colpe (2007), Ogni promessa (2010), editi da Einaudi, che Feltrinell­i ripubblich­erà. Da Einaudi sono uscite anche le poesie di Promemoria (2017) e Dimora naturale (2020). Con Feltrinell­i ha pubblicato Mi riconosci (2013), con Laterza La scuola non serve a niente (2014), con Nottetempo La mosca e il funerale (2012). Del 2006 è Mi spezzo ma non m’impiego (Einaudi), reportage sull’universo dei nuovi lavoratori precari. È writer in residence alla Rice University di Houston, in Texas, dove vive. Su «la Lettura» #480 del 7 febbraio scorso ha dialogato con lo scrittore americano Richard Ford. Il libro delle case è stato presentato al Premio Strega 2021 da Concita De Gregorio: «Le case sanno chi siamo e custodisco­no tra le mura il segreto», ha scritto

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