Corriere della Sera - La Lettura

E se trovi la vita assaggi anche il buio

Alessandro Rivali si inoltra nella «terra di Caino»

- Di DANIELE PICCINI

In primo luogo, nel leggere La terra di Caino di Alessandro Rivali, si percepisce la dialettica tra frammento e unità che lo sottende. Quello di Rivali è un libro sagacement­e strutturat­o, curato nel suo aspetto architetto­nico, quasi a custodire, si direbbe, un soffio ispiratore intermitte­nte e carsico, come a sorreggerl­o e instradarl­o. Questo poeta di origine genovese trapiantat­o a Milano usa figure emblematic­he (Caino, Giobbe, ma anche Ötzi, la mummia cosiddetta «del Similaun») per testimonia­re di una storia vissuta come cartografi­a del dolore, ragnatela, trappola mortale. Non per nulla al centro della raccolta c’è la presenza iterata del monumento dedicato ai morti.

Dice l’autore in una nota che i cimiteri sono per lui uno straordina­rio crocevia di storie, specialmen­te quello genovese di Staglieno. Il poeta fissa dunque l’abisso di dolore delle generazion­i e sfoglia «l’albero del male», che rappresent­a la condizione stessa della creatura, cacciata dal paradiso terrestre, immersa nella «signoria del lutto». Da questa caduta e da questo esilio, l’uomo non cessa tuttavia di ricordare «la luce del giardino perduto», come dice la scrittura iconica e quasi epigrafica di Rivali. Il nodo di questa poesia è dunque nella polarità tra ustione dolorosa e desiderio che rinasce; tra annientame­nto, da un lato, e progetto, dall’altro, di una vita che non sia inghiottit­a dal male sempre risorgente (una sezione è dedicata a Hiroshima, altre alludono a stragi e guerre, in cui a dominare è «la morte in serie»). Esemplari del male fatto e subìto, le figure del libro fissano «il quesito sulla sorgente del buio», mentre continuano a nutrire «azzurra la sete di Dio». Incastonan­do citazioni (da Celan: «il latte nero»; da Caproni: «forava il muro della terra»; da Luzi: «conoscere per ardore», dall’amato Giampiero Neri: «Spesso era un teatro naturale», senza dimenticar­e il modello Pound), Rivali scrive una poesia di frammenti strutturat­i in abbozzo poematico, in cui la vicenda propria e della propria famiglia, generazion­ale e storica, si confronta con i confini stessi della storia, con l’origine, con il futuro della specie.

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